Vince la Calabria che fa cultura (Il Quotidiano del Sud)

di AA.VV., del 22 Giugno 2015

Da Il Quotidiano del Sud del 19 giugno

Con il trionfo di Anime nere al David di Donatello – il film al quale, come Cineteca della Calabria, quest’anno ospiti presso il Museo del Cinema di Torino, abbiamo attribuito, unitamente al Centro Studi di Ardore, il Premio Misiano – vince la Calabria che fa cultura e si riaccende il dibattito sul ruolo e sulla funzione degli intellettuali. Intanto, diciamo che esiste una Calabria letteraria grazie allo splendido romanzo di Gioacchino Criaco, edito da Rubbettino, che ha riportato la letteratura calabrese in auge, forte di una tradizione neo-realista che va da Corrado Alvaro a Saverio Strati, regalandoci un’opera vigorosa e ispirata che ha conquistato critica e lettori. Facciamo i doppi complimenti a Criaco perché, da romanziere che cede i diritti per un’opera cinematografica, non si è trincerato dietro il crisma dell’autorialità ma ha collaborato alla realizzazione della sceneggiatura, restituendoci una lingua che conferisce verità assoluta ai personaggi e alla storia. Personaggi interpretati magistralmente dagli attori, tutti bravissimi, tra i quali citiamo per mera “calabresitudine” Marco Leonardi e 1′ “arrobbafumu” Peppino Mazzotta, che abbiamo avuto spesso nei nostri Teatri, quando ancora si faceva cultura. Ma esiste, anche, una Calabria cinematografica, quella di cui ci interessiamo e della quale spesso scriviamo, che riscopre quell’Africo raccontata nel cinema per la prima volta da Elio Ruffo, l’indimenticato regista di Bovalino, che denuncia le condizioni di povertà del borgo preaspromontano nel documentario “SoS Africo”, mostrandolo anche a Luigi Einaudi nel 1951. Il Presidente, visibilmente colpito, battendo tre volte il bastone in terra, esclama: ” Ma è proprio tutto così?”. E Ruffo risponde: “Eccellenza, è peggio, molto peggio, ma non mi era possibile mostrare di più. Questi documentari, per recuperare almeno le spese, devono passare la censura e se risultano sgraditi vengono bloccati”. Durante un incontro svoltosi a Cosenza nel dicembre scorso sulla Cinecoperta dei territori, nell’ambito del Premio Mario Gallo, abbiamo avuto ospite proprio Gioacchino Criaco, il quale ha confermato di conoscere il documentario di Ruffo e di averne proposto la visione a Munzi. Ecco, allora, l’importanza del lavoro di ricerca silente di chi da anni lavora per recuperare la memoria storica del territorio. Oggi Casalinuovo di Africo è diventata la nuova Tebe, il luogo mitico della tragedia eschilea, del dramma ancestrale.
Se il trionfo di oggi è stato salutato unanimemente con applausi, ricordiamo invece come, al momento della presentazione all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, in alcuni calabresi, la visione di Anime nere abbia suscitato un moto di pudore e di vergogna, dividendo politici da intellettuali. Da una parte la Calabria politica e ufficiale, secondo cui il cinema deve mostrare un’immagine sempre positiva della regione, dall’altra il mondo delle “intellighenzie”, non organico, che plaude all’opera e al lavoro che c’è dietro. Non è un caso che la produzione non sia stata sostenuta dalla Calabria Film Commission, l’organo che istituzionalmente avrebbe dovuto, invece, supportarne la realizzazione con una serie di servizi, che la troupe è stata costretta a trovare, diversamente, in loco. Se chiediamo al cinema di veicolare per forza un modello di film vacanziero che vagheggia per la Calabria spiagge incontaminate e scogliere sul mare, soap e fiction di grana grossa, entriamo nel localismo piagnone e becero, ma rassicurante. C’è il rischio concreto, come nell’episodio raccontato da Ruffo, di essere sgraditi quando si cerca la verità, inopportuni se il trend cinematografico si indirizza a Sud verso le commedie agro-campagnole, scomodi se si scava nelle profondità più insondabili. Per fortuna ci sono persone come Criaco e Munzi, che, credendo fermamente nei loro progetti culturali, non si sono fatte scoraggiare dalle prime difficoltà incontrate. Criaco stesso, a caldo, ha parlato di “colpe di una classe dirigente miope e arroccata sui propri interessi” per sottolineare la discrasia che vige in Calabria tra amministrazione e operatori del settore, scrittori, registi, teatranti, puntando il dito contro quella politica che non riesce a cogliere quanto di positivo produce il territorio. Ecco che allora diventano assai apprezzabili, anche se forse un po’ tardive, le riflessioni del Presidente Oliverio sul fatto che “le capacità dell’economia creativa locale siano state ignorate dalle istituzioni e che sia necessario dare impulso al cinema”, perché tutti abbiamo bisogno di cambiare le regole del gioco, di non sentirci più solo e soltanto saltimbanchi o usignoli dell’imperatore. Abbiamo bisogno di credere che l’industria culturale in Calabria debba essere un obiettivo da raggiungere, non un miraggio. Prendiamo ad esempio il caso Anime nere: in un anno dalla pubblicazione, il romanzo aveva già venduto ventimila copie, per la soddisfazione dell’editore Rubbettino, anche lui calabrese, mentre il film di Munzi è stato venduto in 25 paesi a dimostrazione che il noir girato in Calabria è un genere che, in un momento di crisi del cinema italiano, vende all’estero, senza dover parlare per forza di auto-rappresentazione. Come genere, il riferimento potrebbe essere al gangster-movie, all’hard boiled, come luogo alla New York dei film di Scorsese e Coppola, di De Niro e Al Pacino, dei registi e degli attori d’origine italiana: la città americana non era in fondo, come la nostra terra, bellissima ma abitata da gente perduta? I sindaci o i governatori dello stato non si sono certo spaventati dell’immagine che il cinema ha veicolato. Prendiamo, ancora, il caso de Il Padrino: il romanzo di Mario Puzo ha venduto 21 milioni di copie originando una saga cinematografica di ben tre edizioni del film; il primo, girato nel 1972 da Francis Ford Coppola ha incassato, ad oggi, più di un miliardo di dollari. Questo per dire che l’industria culturale – oggi in grande trasformazione per l’irruzione delle nuove tecnologie – ha delle potenzialità enormi. Anche e soprattutto nella nostra regione. C’è la possibilità, ad oggi ancora inespressa, di creare un notevole indotto grazie anche alle Università calabresi da cui escono ottimi laureati che vogliono sperimentare le proprie competenze. C’è la possibilità, ad oggi ancora inespressa, di attingere alle professionalità locali, per creare un progetto di sviluppo condiviso, tra politica e intellettuali, tra amministrazione e utenza. C’è la possibilità, ad oggi ancora inespressa, di far crescere – finalmente – la Calabria, di darle dignità e rispetto, grazie alla cultura di cui si nutre ogni giorno, senza che la politica se ne accorga. Da operatori e storici del settore riteniamo che si debba avere il coraggio di chiedere ai registi di girare buoni film e agli scrittori di scrivere bei romanzi, come egregiamente hanno fatto Gioacchino Criaco e Francesco Munzi. Ma, al contempo, si deve chiedere alle istituzioni di permettere che questo accada, non fortuitamente, non grazie all’entusiasmo di poche, sparute persone, ma affidandosi alle competenze, alla professionalità, alla serietà di chi lavora per dare valore e prestigio alla nostra terra. Di loro, di tutti noi il cinema, non solo quello italiano, ha bisogno.

Di AA.VV.

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