Luigi Einaudi, un economista nella vita pubblica (Libro Aperto)

di Roberto Einaudi, del 5 Ottobre 2012

Da Libro Aperto – 09/2012
Nel libro, Luigi Einaudi, un economista nella vita pubblica, appena uscito dall’editore Rubbettino, Giovanni Farese indica quella che lui giudica la qualità più importante e innovativa di Einaudi: “Economista, giornalista, statista, dopo oltre sessanta anni dalla morte, ciò che resta è soprattutto l’intellettuale, il pedagogo, il rettore. Einaudi apre, da solo, uno spazio che non esiste prima di lui: la discussione pubblica sull’economia del Paese. Il controllo su chi governa da parte dell’opinione pubblica diventa decisivo”. Per mettere a fuoco questa affermazione, e allo stesso tempo indicare l’attualità del pensiero di Einaudi lo cita: “A che cosa servono gli economisti, se oggi stanno zitti, quando una grave questione si impone al Paese?
Il libro è, nelle parole dell’ autore, “una biografia divulgativa”, e come tale, è di facile lettura, senza cadere nel rischio da lui stesso paventato, di essere troppo facile per lo specialista e troppo difficile per chi non lo è. Organizzato in quattro parti, ciascuna composta di sette capitoli, il volume s’impone subito all’attenzione del lettore per la sua chiarezza. La prima parte, che esamina gli anni della formazione (1874-1903), ripercorre le idee, gli incontri, i luoghi che hanno formato l’uomo Luigi Einaudi. Dall’influenza fondamentale dell’ambito famigliare nella formazione giovanile, si passa alle esperienze all’Università di Torino nel Laboratorio di Cognetti de Martiis, dove c’erano, come ricordava Einaudi: “due soli obblighi: usare cortesia di forma nel dibattito ed esporre argomentazioni serie, tratte da uno studio accurato del problema discusso“. Si tratta di due acquisizioni permanenti, dovuti agli anni di frequentazione del Laboratorio, come giustamente nota l’autore. Laureatosi a soli ventun anni, il giovane Einaudi si butta a capofitto nell’insegnamento e nel giornalismo. Da questo periodo, scrive Farese, il giovane Einaudi “esce ancora più convinto dell’idea di dover contribuire alla formazione di una opinione pubblica consapevole perché informata, illuminata cioè circa i fatti, le scelte possibili e le conseguenze solo probabili”.

Nel secondo periodo esaminato (1903-1925), “gli anni impegnati e veloci dell’affermazione pubblica”, Farese descrive l’impegno di Einaudi quale giornalista del Corriere della Sera. Mette l’accento sullo sviluppo e sull’affermazione dell’Einaudi giornalista e diffusore d’idee nuove, citandolo: “L’idea nuova non si difende e non si fa trionfare nei parlamenti. Essa nasce nei libri e nelle riviste, si propaga nei giornali, da origine ad associazioni, a gruppi di propaganda, conquista l’opinione pubblica, cioè l’opinione media, quella di coloro i quali non sono già adepti di un credo“.

Il terzo periodo esaminato (1925-1945), definito “gli anni opprimenti e pensosi del ritiro”, corrisponde agli anni bui del fascismo, quando Einaudi è costretto a cessare la sua collaborazione con il Corriere della Sera, e culmina con l’esilio svizzero. Farese cita Einaudi nel affrontare il tema della funzione della scrittura politico – scientifica in qualsiasi periodo storico: “Compito della scienza non è inculcare una fede: ma di insegnare il metodo di osservare i fatti (economici e altri) e di ragionare correttamente intorno ad essi“. Il periodo svizzero è per Einaudi un intervallo fecondo, durante il quale affina e sviluppa la sua concezione di un’Europa unita e del futuro dell’Italia del dopoguerra.

Farese definisce il quarto periodo esaminato (1945-1961), come “gli anni brillanti e ossidati dell’addio”, titolo che cerca di tenere assieme due momenti troppo dissimili tra loro, quello degli anni durante i quali Einaudi ricopre le massime cariche dello stato e guida la politica economica, con quello del semi-ritiro dopo la fine del mandato presidenziale. Farese osserva che il grande impegno politico di Einaudi sulla scena italiana e internazionale e i suoi tanti incarichi non gli permettono di scrivere quanto nei periodi precedenti. “Le immagini, più che gli scritti, raccontano quegli anni. Il saluto accennato con il cappello, i sorrisi misurati, le strette di mano che sottendono impegni reciproci, anche con la gente comune. La sua figura è austera, eppure famigliare”, scrive Farese. Ciò nonostante Einaudi inventa e scrive le Considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia e Lo scrittoio del Presidente. Per lui parlano inoltre le numerose riedizioni dei suoi scritti che si diffondono maggiormente anche grazie alla sua notorietà di uomo di Stato.

In ciascuna delle quattro parti del volume, Farese ci fa incontrare una persona con cui Luigi Einaudi ha avuto un’intensa frequentazione intellettuale durante il periodo esaminato, e un autore con cui ha dialogato nel corso delle sue indagini scientifiche.

Nella prima categoria troviamo Giovanni Vailati, Luigi Albertini, Benedetto Croce e Ernesto Rossi, incontri significativi per spiegare il periodo preso in esame; e nella seconda, Henry George, John Stuart Mill, Wilhem Röpke e Ferdinando Galliani. Questi ultimi ‘incontri’ sono una felice intuizione di Farese, e rappresentano bene l’amore per i libri di Luigi Einaudi, il quale considerava la biblioteca: come lo specchio del raccoglitore. Contiene il materiale dei suoi studi, gli amici spirituali nella cui compagnia egli visse, fa conoscere di quali autori e di quali problemi egli si sia interessato. Essa ha un’anima. Secondo Einaudi, per molte delle teorie moderne si deve: quasi sempre cercare il germe in libri scritti tempo addietro. Il libro di Farese, è l’ultimo di una serie impressionante di pubblicazioni che in quest’ultimi anni sono uscite sullo statista piemontese. Oltre a quelli evidenziati nell’ampia bibliografia in fondo al volume di Farese, segnalo al lettore quest’altri libri degni di nota: a cura di Alfredo Gigliobianco: Luigi Einaudi: libertà economica e coesione sociale; Alberto Giordano: Il pensiero politico di Luigi Einaudi; a cura di Ugo Roello e Elena Sardo: Luigi Einaudi, 1874-1961, cinquant’anni dopo; Paolo Silvestri: Il liberalismo di Luigi Einaudi o del buongoverno; Francesco Tomatis: Verso la città divina, l’incantesimo della libertà in Luigi Einaudi. Non si può spiegare questo rinato interesse per Luigi Einaudi con il solo fatto che nel 2011 ricorreva il cinquantenario della sua morte. Gli anniversari sono sempre un’occasione per aiutare a promuovere un’iniziativa. Quando nel 2005 iniziai a programmare la mostra “L’eredità di Luigi Einaudi”, pensavo di legarla al cinquantenario della ratifica del Trattato di Roma sull’Europa che ricorreva

nel 2007, in quanto uno degli aspetti più originali di Einaudi era la sua cultura politica europea e il suo apporto alla genesi dell’Europa unita. Quando si dovette spostare l’inaugurazione al 2008, si puntò al sessantenario dell’elezione di Luigi Einaudi alla Presidenza della Repubblica e al Quirinale come sede della mostra. Un anniversario aiuta ad accendere l’interesse sulla vita e sull’opera di un illustre personaggio, ma la ragione del rinnovato interesse in Luigi Einaudi sta probabilmente nell’ attualità impressionante del suo pensiero, dopo anni in cui era stato messo in secondo piano perché considerato antiquato.

Alfredo Gigliobianco nel suo articolo Una voce lontana, pubblicato nel volume Luigi Einaudi, 1874-1961, cinquant’anni dopo, ricorda che quando lui era giovane studente di economia, Einaudi rappresentava “una voce lontana e sbiadita”, ma che, con il passare degli anni, il pensiero di Einaudi è diventato sempre più attuale: “l’eccessivo ricorso al debito, che è stato fra le cause principali della recente crisi mondiale”, scrive, aveva fatto ritornare alla ribalta i valori alla base del pensiero di Einaudi, quali “l’apprezzamento del risparmio” e “la voglia di migliorare se stesso e il proprio stato attraverso il lavoro, l’impegno individuale e collettivo”. Nella sua conclusione, Giovanni Farese, osserva che Luigi Einaudi: “Da economista, ha insistito sul lavoro come mezzo per lo sviluppo della persona e della società; sul risparmio come ricchezza del Paese; sulla tutela della concorrenza e del merito: contro i monopoli, i privilegi, le rendite… Da statista, ha guidato dalla tolda della nave (Banca d’Italia, governo, presidenza della Repubblica) la virata del Paese verso la libertà, l’economia aperta, l’Europa unita… Da intellettuale, ha aperto, e da solo, uno spazio che non esisteva prima di lui: la discussione pubblica sull’ economia del Paese”. Quest’ultima affermazione rappresenta il tema che l’autore ha maggiormente sviluppato nel suo libro snello, di facile lettura, e si configura come un contributo originale alla conoscenza di Einaudi. Il volume pecca forse solo nell’assenza di un’analisi dell’impatto che il pensiero di Luigi Einaudi ha avuto o potrà avere sulla società di oggi.

Di Roberto Einaudi

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