Non solo mercato (Domenica (Il Sole 24 Ore))

di Gaetano Pecora, del 16 Maggio 2016

Da Domenica (Il Sole 24 Ore) del 15 maggio

In Croce. I liberali del Novecento, Corrado Ocone li ha messi in Croce. Nel senso che le misure di Popper, di Berlin, di Hayek e di altri ancora, queste misure qui Ocone le ha cucite tutte sul panno delle categorie crociane. Che però, per appartenere propriamente ed esclusivamente a Benedetto Croce, non sempre calettano con la curvatura e i lineamenti di altri pensatori. Donde, per ingranare perfettamente le cose, la necessità di lavorare di ago e di forbici: ora sfoltendo e ora tagliando. Per esempio, un taglio – un vero squarcio – Ocone lo opera proprio nel corpo del magistero di Croce, ed è quando per sincronizzarlo con il liberal-liberismo di Hayek ne asporta tutto l’agnosticismo economico, sicché l’idea che la libertà riesca indipendente dagli assetti proprietari (e che un tempo accendeva di entusiasmo la sensibilità di Ocone), appunto quell’idea ora cede di schianto e viene resecata come un ascesso guasto e malato dell’immaginazione crociana. Capita così di leggere quello che mai prima avremmo letto in uno scritto di Ocone; che cioè «nello slegareliberalismo e liberismo» Croce dimenticava che «la base “materiale” della vita è indisgiungibile da quella “spirituale”». Ecco, questa è un’affermazione che buca la carta, come per dire: fate attenzione perché qui c’è una svoltata acuta nel pensiero di Ocone!
Solo che questa svoltata ha il passo corto; e la parola certa e timbrata che gli abbiamo appena sentito dire, si arrotonda in un’ammissione ad angolo di bocca, che poi si fa quasi reticente, là dove Ocone riconosce che, sì, la libertà vive nel mercato e grazie al mercato; ma che non per questo bisogna farne grande carico a Croce perché poi… infondo… suvvia… il mercato che cosa è? È un’entità formale, senza sostanza, che perciò stesso si apre «a un pluralismo tendenzialmente infinito di contenuti». Così Ocone. Senza sostanza e privo di contenuti il mercato?
Non diremmo. Non lo diremmo perché il mercato è un ordine, e come tutti gli ordini si può girare in lungo e in largo, ma arriva un momento, che è il momento del limite, su cui cade come una sbarra nera dove è scritto: tu sì, tu no. Tu puoi giocare il gioco del mercato; tu, invece, che non ne accetti il meccanismo ne rimarrai fuori. Il fatto è che nessun ordine, e men che meno l’ordine del mercato, nessun ordine manca di difendersi dalle mene destabilizzanti dei suoi nemici. E finché un nemico c’è, fosse pure soltanto uno, il mercato da casa ospitale con tutti si muta nel tetto geloso di alcuni soltanto. Che poi siano molti o addirittura tantissimi questi che trovano riparo nel suo ambito non rileva affatto; rileva invece che c’è qualcuno – giusto qualcuno ma c’è (il monopolista, per esempio) – che non riesce a entrarci e deve restarne fuori, come proprio non dovrebbe avvenire se quello veramente fosse un ordine “infinito” e privo di ogni contenuto. Del resto, di infinito, di illimitato non esiste nulla. Illimitato, come diceva Benedetto Croce, è solo «l’amore cieco». Così diceva Croce. Vedete? Sia pure di sghembo, il libro di Ocone – intelligente, perché di libro intelligente si tratta – cattura così tanto che anche il più contratto, anche il più guardingo dei recensori, anche lui finisce… in Croce.

di Gaetano Pecora

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