Come risparmiare un miliardo e avere regioni che funzionano (Il Fatto quotidiano)

di Chiara Paolin, del 18 Settembre 2012

Da Il Fatto quotidiano – 18 settembre 2012
Solo dai Consigli regionali recuperabili 400 milioni di euro
Il federalismo, ormai, non se lo ricorda più nessuno. Ma i costi delle Regioni italiane sono rimaste un bel macigno: 175 miliardi di euro spesi ogni anno per mandare avanti la baracca. Certo ci sono i costi sacrosanti della democrazia. C’è il peso stratosferico della sanità. Ma c’è anche un enorme dispendio d’energie spalmate tra consigli e consiglieri, commissioni e commissari, presidenti e presidenze che fanno impallidire i bilanci più altolocati. Solo per il funzionamento standard, i consigli regionali nel 2010 ci sono costati l miliardo e 95 milioni di euro; il Senato, per dare un’idea, ne costa la metà. E per fare cosa si spende così tanto? I giorni di lavoro in aula sono pochini, le leggi prodotte pochissime: nell’anno 2011 il Lazio ne ha fatte 9, la Lombardia 26, la Puglia 39, l’Umbria 20. In compenso gli stipendi risultano ottimi: i governatori veleggiano mediamente sui 10mila euro, i consiglieri sugli 8mila, mentre l’esercito dei dipendenti s’accontenta di un ormai pregiato posto fisso.E bando alle differenze geografiche, anche se le Regioni del Sud brillano per una contabilità decisamente lussuriosa. In Sicilia il governatore porta a casa 14mila euro netti per gestire 20.700 dipendenti. Pure Calabria, Campania e Sardegna sono il paradiso dell’eletto. Per non dire del delizioso Molise, dove ogni singolo consigliere becca 9mila euro al mese, cui vanno naturalmente aggiunti i rimborsi individuali e di gruppo (politico). Ma anche al Nord c’è chi prende benino: Luis Durnwalder, a Bolzano, incassa 13mila euro e guida 4.794 persone, il tutto per una popolazione di mezzo milione di abitanti. Pierfrancesco De Robertis è un giornalista che per un anno intero ha spulciato bilanci e conti di tutte le amministrazioni regionali tentando di capire come venga gestita questa massa di denaro (La casta invisibile delle Regioni, Rubbettino 2012).

Dopo tanto scartabellare, s’è convinto che risparmiare si può eccome, basterebbe volerlo. “Diciamo che la famosa riforma del capitolo V della Costituzione è rimasta a metà ottenendo i risultati peggiori – spiega De Robertis -: massima autonomia di spesa delle Regioni, nessun controllo dello Stato centrale. L’unica valvola di controllo è la sanità, su cui infatti gli ultimi governi hanno cominciato a tagliare pesantemente. Ma anche escludendo la spesa sanitaria, restano 60-70 miliardi da maneggiare. E qui ottimizzare è un obbligo. I consigli regionali hanno costi molto diversi fra loro, con sbalzi poco comprensibili. Se tutti si uniformassero al modello dell’Emilia o della Toscana, potremmo risparmiare almeno il 30 per cento. Parliamo di 3-400 milioni di euro l’anno”.

In effetti le due regioni rosse spendono rispettivamente 38mila euro (Emilia Romagna) e 32mila euro (Toscana) per un anno di lavoro: ogni cittadino versa perciò 8 euro e spicci per sostentare il suo consiglio regionale. La Sicilia ne brucia 175mila, il Lazio 100mila, la Campania 90mila e così via. Se da domani mattina tutti applicassero lo standard appenninico degli 8 euro pro-capite, il conto nazionale dei consigli scenderebbe di botto sotto i 500 milioni di euro l’anno. Una bella differenza, cui potrebbe aggiungersi un fantastico raddoppio se tutte le spese per consulenze e dirigenze extra venissero vagliate attentamente: “Anche qui il discorso è molto semplice – continua De Robertis -. Se cercherete di capire quanto costa oggi un assessorato regionale, impazzirete.

Non esistono rendiconti chiari, tutte le spese vengono distribuite su capitoli e competenze incrociate, le determine citano leggi, comma, numeri e numeretti per evitare un controllo trasparente. Basta dire che solo il consiglio del Lazio spende 8 milioni all’anno in consulenze: com’è possibile? I dipendenti regionali sono 100mila, io dico che potremmo fare a meno di 40mila unità senza incidere sulla qualità del servizio reso al cittadino, figuriamoci se non possiamo rinunciare ai consulenti”. Mettiamoci anche i bubboni delle società controllate, con buchi di bilancio da ripianare continuamente e poltrone assegnate agli amici degli amici, e otterremo le medaglie che il World Economic Forum ci ha recentemente attribuito studiando il sistema della competitività globale: tra i Paesi del mondo sviluppato, l’Italia ha prestazioni pessime quando calcola l’etica dei politici (127simo posto), la capacità di arginare i favoritismi (119simo posto) e l’efficienza manageriale (112simo posto).

Perché, alla fine, si tratterebbe proprio di questo, gestire la cosa pubblica con criteri di efficienza ed economicità. “Sarebbe bello vederla così – chiude De Robertis -. Ma che dire quando il Piemonte legifera sulla “conservazione dei massi erratici” e la Liguria approva una norma sulla “prevenzione delle apnee notturne”? L’unica vera buona notizia è che tutte le amministrazioni regionali hanno approvato i tagli ai vitalizi: tra vent’anni, quando avremo finito di pagare migliaia e migliaia di ex consiglieri, saremo a posto”.

Di Chiara Paolin

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