La potenza del dialogo (Fatamorganaweb.it)

di Arianna Mazzola, del 22 Ottobre 2023

Dialoghetti di uomini e di dei di Giovanni Maddalena.

La curiosità che suscitano i Dialoghetti di uomini e di dei di Giovanni Maddalena, recentemente pubblicati per i tipi di Rubbettino, si irradia fin dal titolo. E, dopotutto, può essere utile considerare proprio quest’aspetto spesso trascurato quando si legge un libro. Come fossimo invitati a un convivio a casa di qualcuno, tentiamo di ripercorrere i gesti che generalmente si compiono: prima di tutto, non si può che attraversare la porta d’ingresso, la prima zona soglia di un testo letterario. Il motivo è semplice: non togliere il piacere della lettura dei dialoghetti e soffermarsi sul genere letterario e lo stile, più che sui temi. Infatti, le tematiche dei dialoghetti emergeranno senza fatica dalla lettura: la libertà, il destino, la fede, la politica, la società, il male e il bene sono solo alcuni argomenti che trovano spazio tra le pagine del libro. I personaggi, poi, appartengono al mito greco, come nel Dialogo di Diomede e di Atena che apre l’opera, o alla Bibbia, come nel caso del Dialogo di Michele Arcangelo e di Adamo, che chiude il libro. Il testo Il vecchio ricco, invece, è l’unico che non riporta nel titolo la parola dialogo, e occupa, geometricamente, il centro del libro. Che la scelta sia volontaria o meno, non è possibile stabilirlo, eppure questo elemento regala all’opera un ordine interno.

A voler proseguire la metafora dell’abitazione, abbiamo detto che il Dialogo di Diomede e Atena è il primo, e sembra quindi che il mito greco sia fondativo, è come se rappresentasse le fondamenta della struttura dei dialoghetti. Altro modello plausibile sono i Dialoghi di dei ed eroi di Luciano di Samosata: in quel caso le gesta eroiche erano fondative della civiltà, nella modernità, per dirla con Hegel, è possibile, al più una forma di «epica degradata». I dialoghetti pubblicati per Rubbettino riguardano l’uomo, l’essere umano e le sue passioni, i suoi sentimenti, le idee giovani, antiche e quelle senza tempo. Invece, il Dialogo di Michele Arcangelo e di Adamo, dunque la tradizione cristiana, conclude il libro, ed è come se fosse il tetto dell’edificio al quale guardare. Ecco, dopo aver visto la casa alla quale siamo stati invitati, siamo di nuovo davanti alla porta d’ingresso, ed è proprio quella che proveremo a rendere ideale bussola per orientarci rispetto a ciò che troveremo all’interno. Dicevamo del titolo: Dialoghetti di uomini e di dei. Dividiamolo in tre parti, che poi coincidono con i tre punti del discorso che si propone in questa sede: proviamo a capire cosa intendiamo quando leggiamo «dialoghetti», a quali «uomini» si riferisce il testo, e quali «dei» resistono alla prova della modernità.

Nell’Introduzione, Giovanni Maddalena cita le Operette morali di Giacomo Leopardi e i Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, affermando esplicitamente che sono stati modelli essenziali nella sua formazione, ma che non cerca di «imitare antecedenti tanto assoluti e altisonanti». Cosa sono i Dialoghi come genere letterario? Sono i testi più vicini alle opere di teatro, infatti letteralmente mettono in scena, in forma scritta, una conversazione tra due, o più personaggi. I Dialoghi sono anche, però, quel genere letterario che permette di costruire l’argomentazione in un botta e risposta, dunque rendendo maggiormente fruibile, più affrontabile la trattazione di tematiche complesse. Prima dei già citati Leopardi e Pavese, l’esempio forse più noto di questo genere è dato dai “dialoghi” di Platone che, come è noto, espone il suo pensiero filosofico attraverso una forma dialogica. Compiendo un balzo in avanti, a proposito del genere letterario dei dialoghi, è interessante anche notare che Leopardi nelle Operette morali riprende i temi affrontati nello Zibaldone sotto forma di “appunti morali”. Le Operette, che di quelle pagine di diario recuperano la caratura, sono composte da novelle e dialoghi.

I dialoghetti di Maddalena sembrano riprendere due aspetti: da un lato, il livello degli argomenti che li rende parti di un’opera filosofica in forma letteraria. Dall’altro lato, l’assenza di ibridazione di novelle e dialoghi, tale da trasformare i dialoghi in “dialoghetti”. Il diminutivo, in questo caso, dice di una possibilità conoscitiva: si possono affrontare, sviscerare, interrogare temi eterni e complessi in forma cristallina, quindi avendo come inaspettato, ma gradito esito la piacevolezza della lettura. Un ulteriore spunto per leggere il testo di Maddalena proviene dai Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese in cui la ripresa del mito classico sembra riferirsi anche all’uomo di oggi che non adora più le divinità greche, ma che vive e sente le stesse inquietudini, angosce e passioni. Il dialogo che Pavese scrive si muove su due binari: da un lato con la tradizione, quindi, con un dialogo che intrattiene in un tempo passato, ma sempre presente, come peraltro è il mito. Dall’altro, con i personaggi, mortali e divini, che tengono in piedi la riscrittura dei miti stessi, e che esistono propriamente a partire dalla dimensione ontologica, e che quindi sono attraverso il linguaggio. Ecco che, allora, la scelta del genere letterario non è neutra, ma dice di una urgenza conoscitiva che è intessuta con la forma, con lo stile. I Dialoghi con Leucò riscrivono il mito con un lessico chiaro, mai opaco, ma non per questo meno in grado di raggiungere vette di valore letterario.

La rilettura di Pavese da parte di Maddalena si fonda su un’operazione complessa: il modello piemontese è ripreso tanto nella scelta dei miti greci e dei temi, quanto nella limpidezza dello stile e nell’importanza della dimensione del linguaggio. Eppure, Maddalena non si limita a riprendere il mito greco e la riscrittura dello stesso da parte di Pavese, ma dà la parola a personaggi che appartengono al Nuovo Testamento, tra questi, Pilato, ma anche agli scopritori di un Nuovo Mondo quando ancora non si chiamava America e ci si muoveva nell’orizzonte dell’esotico e del meraviglioso, come nel Dialogo di Cortez e una dea azteca. Non mancano poi le conversazioni dell’autore con la storia, nei casi in cui i protagonisti dei dialoghi sono uomini del secolo scorso, come il rivoluzionario Trostzkij, o Vasilij Grossman, scrittore di un romanzo della libertà come Vita e destino (1980). L’autore russo, nel dialoghetto scritto e pensato da Maddalena, si trova costretto alla fuga dopo il dissenso col regime sovietico e si ritrova, nel suo personale pellegrinaggio verso la salvezza e la libertà, sul monte Ararat. Lì incontra un falegname.

Chiede Vasilij: Che ne sarà del tuo lavoro: non rimarrà?
Risponde (Giuseppe) il falegname: Questo poi non lo decido io. (Si volta e si dirige verso il fianco della baita dove apre una porta nascosta nella montagna. Compare l’Arca) Questo lavoro, per esempio, è rimasto: era un buon pezzo di falegnameria del vecchio Noè. Come vedi, lo sto aggiustando. La tua descrizione del mondo mi fa pensare che servirà presto. Occorrerà di nuovo dare un nome alle cose.

Il cortocircuito temporale è completo, il risultato letterario è felicemente riuscito: Grossman dialoga con San Giuseppe. Il dialogo è il genere che accoglie con più decisione la finzione letteraria: perché i personaggi incarnano delle idee e le fanno parlare, come se, ed è in questa sospensione dell’incredulità che si racchiude il vero potere della migliore letteratura, la conversazione fosse davvero avvenuta. A differenza del racconto o del romanzo, la forma dialogo esiste solo a partire dalla conversazione, infatti si costruisce proprio a partire dalle battute dei protagonisti. Lo stile della scrittura dei Dialoghetti, chiaro e agile, a tratti ricorda il rigoroso controllo e la logica della penna di Sciascia, e simile risulta anche la limpidezza del pensiero. Inoltre, i dialoghetti fanno conversare divinità appartenenti alla tradizione greca e azteca, riprendono Santi e figure della religione cristiana, ma soprattutto mettono in luce l’essere umano. Il vero personaggio principale di tutti i testi è l’essere umano, con le sue domande esistenziali di ogni tempo, con i suoi sentimenti e le inevitabili contraddizioni, con la ragione e il pensiero.

Sempre nell’Introduzione, Maddalena afferma che «non è chiaro a quale settore, letterario o filosofico, questi dialoghi appartengano». Ebbene, questo non è un limite del testo, ma al contrario una sua ricchezza. Infatti, se è vero che i dialoghetti hanno visto la luce a partire dall’«espressione di problemi morali ed epistemologici» di difficile risoluzione in ambito speculativo, questi stessi problemi, incarnati da «persone e personaggi», mostrano il loro inevitabile e problematico carattere di apertura. Se (come afferma Arpaia),

L’uomo è l’unico animale che non può fare a meno dei racconti, in tutte le loro forme, che ne produce e ne consuma a dismisura da quando è un cucciolo fino al momento della morte, che lo fa perfino quando dorme o sogna a occhi aperti […] ricreando la realtà, il cervello la inventa, anzi: la racconta […il cervello è] evolutivamente predisposto alla «forma racconto» perché questo [… consente] anche di immaginare e prevedere, nei limiti del possibile, il futuro.

Che il futuro sia la soluzione a un problema filosofico, o la realtà circostante, i Dialoghetti, in ogni caso chiariscono un fatto: nell’epoca della post-verità, per ragionare sul mondo e sull’essere umano non si può fare a meno delle storie, di raccontare. Detto altrimenti: le idee si fanno personaggi i cui gesti e le cui parole, in filigrana, tentano di restituire, in maniera sintetica, la complessità del reale. Il dialogo, mentre accade, permette di conoscere.

G. Maddalena, Dialoghetti di uomini e di dei, Rubbettino, Soveria Mannelli 2023.