Lagioia va sul palco e invita al dialogo. Ma non ferma la protesta “Roccella zittita dagli “attivisti” al Salone del libro “Non conoscete la democrazia””
Torino. Le casematte della cultura sono polveriere politiche. E quando qualcuno accende la miccia, la situazione esplode. È quello che è accaduto ieri al Salone del Libro di Torino, tempio del confronto che per un pomeriggio si è trasformato in scontro. La miccia si è accesa alle 13 allo spazio «Arena Piemonte» del Lingotto, quando la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella stava per cominciare la presentazione del suo libro Una famiglia radicale (pubblicato dall’editore più liberale d’Italia: Rubbettino). A dialogare con lei Annamaria Bernardini de Pace. Ma le cose sono andate subito storte. Un gruppo organizzato di alcune decine di ragazze e ragazzi appartenenti ai movimenti «Extinction Rebellion» e «Non una di meno» ha bloccato la presentazione con cori, cartelli («Aborto libero» e «RU486 in ogni ospedale»), fischi, urla. La ministra ha invitato uno di loro a salire sul palco e farsi portavoce della protesta. E una ragazza ha letto un proclama (confuso e veterocomunista) contro aborto e inquinamento. La ministra ha chiesto di rispondere, ma a quel punto sono ripartiti i cori e i battimano. L’obiettivo non era discutere con un ministro sgradito della destra di Governo, ma impedirle di parlare. Intanto Fuori Roccella dal Salone!» si alternava a «Roccella frusta fregna» (quel dico e non dico, quell’allusività goliardica, ma con garbo…). Lo stallo è durato ore. La ministra ‐ difesa a semicerchio da Digos e carabinieri ‐ non ha aperto bocca («È doloroso vedere delle donne che impediscono di parlare a due donne sulle donne», ha confidato a un giornalista). Lei è rimasta seduta sul palco e i contestatori si sono presi la parola e la scena. Il direttore del Salone Nicola Lagioia ha provato a sbloccare la situazione, chiedendo di trasformare la protesta in dialogo: ha detto ai ragazzi che la contestazione era pacifica e legittima, ma che bisognava ascoltare anche il ministro. Ma anche lui è stato beccato dagli attivisti. A quel punto sono saltati i nervi a tutti. La deputata di FdI Augusta Montaruli, che accompagnava Eugenia Roccella, rivolta a Lagioia ha gridato (inutilmente, non era il caso) «Vergogna», perché invece di difendere il diritto alla parola della ministra stava lisciando il pelo ai chi voleva zittirla. E Lagioia non si è tenuto: ha risposto gridando «maleducata», ha lasciato il palco stizzito e non si è fatto più vedere. L’uscita di scena peggiore per il Capitano Coraggioso che molla la nave nella tempesta. Lui poi ha fatto un comunicato in cui dice di essere stato aggredito dalla Montanaruli, e lei ha risposto che «faremo i rulli di tamburi quando Lagioia se ne andrà dal Salone». Non se ne esce. Spariti i vertici del Salone (hanno detto che era un problema politico, non organizzativo: «i microfoni funzionano, le sedie ci sono, questo è quello che ci compete»…), stoppato un altro tentativo di cominciare la presentazione (a questo punto i cori sono diventati «Fuori i fascisti dal Salone!»), la ministra alla fine ha lasciato il campo. Ha solo detto al microfono: «Per ragioni di democrazia che voi ignorate, me ne vado». Scortata. Ultimo coro: «Ciao Rocella, ciao». E ormai erano le 15,50 passate. Il Salone della tolleranza aveva ceduto il campo alla guerra ideologica degli intolleranti. I fascisti ‐ è la lezione ‐ ci sono a destra come a sinistra. Ieri Torino ha scritto una pagina pessima. Illiberale sul piano del pensiero, antidemocratica su quella del metodo. La battaglia per le «pari opportunità» di parola la combatteremo un’altra volta. E oggi, qui al Lingotto, arriva Alain de Benoist. Che qualcuno sulle pagine della solita Stampa ha già definito «Il faro dei neonazisti europei».