«La religione di Shakespeare non era di Shakespeare». Quindi era cattolico (Tempi (.it))

di Emanuele Boffi, del 2 Marzo 2018

Gilbert Keith Chesterton non aveva alcun dubbio che Shakespeare fosse cattolico. Il tema, come si dice in questi casi, è dibattuto e qui non ci si vuole addentrare più di tanto sulla fondatezza o meno dell’ipotesi, quanto sottolineare un’intuizione espressa da GKC in merito.

Lo spunto è offerto dalla lettura di un libretto di recente pubblicazione (Leggendo Shakespeare, Rubbettino, 12 euro) che raccoglie i pensieri sparsi e non sistematici di Chesterton sul grande Bardo. Come avvisa Valentina Vetri nella presentazione, «Chesterton aveva in programma, negli ultimi anni della sua vita, di scrivere un volume interamente dedicato a Shakespeare, così come aveva fatto con Chaucer o Stevenson. Purtroppo gliene mancò il tempo, e morì prima di realizzare questo progetto che gli stava particolarmente a cuore». Quel che abbiamo – e che il volume riorganizza per temi – sono appunti, frasi, illuminazioni ruotanti intorno alla figura e alle opere del poeta di Stratford-upon-Avon. Uno dei capitoli riguarda, appunto, la religione, ed è qui che GKC esprime senza mezzi termini la sua granitica convinzione: l’autore di Romeo e Giulietta era cattolico.

Come il lettore avrà capito, non ci troviamo di fronte a un saggio sulla religiosità di Shakespeare né a un’analisi storica. Si tratta piuttosto di una serie di intuizioni, del ricavato ancora allo stato embrionale di impressioni seguite alla lettura e rilettura delle opere scespiriane. E tuttavia non sono osservazioni superficiali, ma che vanno al cuore del problema, come è tipico in GKC, autore capace «con poche espressioni di rendere chiari e comprensibili passaggi sui quali i critici hanno speso migliaia di parole».

Facciamola breve e andiamo al sodo, riportando uno di questi frammenti. Scriveva Chesterton: «Proverò a dire in qualche modo in che cosa si trova la differenza fra la religione di Milton (scrittore e poeta inglese, puritano, autore di Paradiso perduto, ndr) e quella di Shakespeare. Milton è intriso di quella che io ritengo essere la primigenia e più alta idea di protestantesimo: l’idea secondo cui l’anima dell’individuo mette alla prova e sperimenti tutte le verità che già esistono, per poi chiamare verità di minor valore quella che non ha sperimentato o messo alla prova. Ma Shakespeare invece è intriso della primigenia e più alta idea del cattolicesimo, e cioè che la Verità esista che ci piaccia o no, che sta a noi adattarci a essa e non il contrario. Milton, con uno splendido senso di infallibilità e di intolleranza, decide di descrivere come le cose debbono essere spiegate: gli è apparso in una visione …

Che dalle vette di questo grande argomento io possa confermare la Provvidenza Eterna e la giustezza delle vie divine rivelare agli uomini. (Paradiso perduto, Libro primo, vv. 24-26)

Ma quando Shakespeare parla della verità divina, ne parla sempre come di qualcosa da cui lui stesso potrebbe essersi allontanato, qualcosa che lui stesso potrebbe aver dimenticato:

Oh se l’Altissimo non avesse posto la sua legge contro chi si uccide;

O ancora

Ma se è peccato aver sete di gloria io sono l’anima più peccatrice di quante vivono su questa terra. (Enrico V, atto IV, scena III, vv. 2263-2264)

Ma davvero io non so se si possa descrivere questo aspetto davvero indescrivibile se non con queste parole; che la religione di Milton era di Milton, mentre quella di Shakespeare non era di Shakespeare».

Geniale. La prova inconfutabile della cattolicità di Shakespeare è nel fatto che le sue opere sono intrise di una religiosità (cioè di un legame con Dio) che non ha fatto lui. Non ci pare possa esistere una definizione più sintetica e calzante di che cosa sia la fede cattolica: il riconoscimento del legame con qualcosa e Qualcuno più grande di noi.

In Shakespeare è così evidente, scrive GKC, che non servono altre analisi per dimostrarlo. È uno di quei paradossi così amati dall’autore dell’Uomo che fu giovedì: «Sfido chiunque legga e che abbia un suo pensiero indipendente a negare che in certi passi vi sia ciò che noi definiamo cristiano, e cioè quella umiltà di pensiero che non è altro che il segno evidente del cambiamento biochimico prodotto nell’uomo dall’avvento del cristianesimo».

Qui siamo alla seconda acuta osservazione. La cattolicità di Shakespeare è dimostrata dal fatto che in lui trasuda quel «cambiamento biochimico» che si può riscontrare solo in chi è stato raggiunto dall’avvenimento cristiano. Lo stesso cambiamento capitato al convertito GKC che, per dirla con Dante, di quel «trasumanar» fece esperienza in prima persona. «Ogni volta che Milton parla di religione – scrive GKC in un altro passo –, si capisce che quella è la religione di Milton: la religione che ha fatto lui. Ogni volta che Shakespeare parla di religione (il che accade solo qualche volta), sentiamo che è quella religione ad aver fatto Shakespeare».

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