LA RECENSIONE. Un Sud diverso e migliore, Nicola Irto, Rubbettino (zoomsud.it)

di Filippo Veltri, del 13 Dicembre 2021

Nicola Irto è un politico a tutto tondo. E’ del Pd, tradizione Margherita, cioè democristiana sostanzialmente. Ha fatto il consiglierere regionale, poi il Presidente del Consiglio Regionale ed ora è tornato di nuovo in Consiglio da capogruppo del suo partìto, che è rimasto sempre il PD.
Di lui si dice che potrebbe essere il nuovo segretario regionale del partito di Letta,  se e quando si farà il congresso regionale dopo anni e anni di commissariamento.

In  soldoni e’ questa la biografia di Irto, che ora ci consegna inaspettatamente un libro, un bel libro, che Rubbettino ha mandato in stampa e in distribuzione con un titolo evocative e positivo, che è gia’ tutto un programma di questi tempi.

Cosa dice, dunque, Irto?
Proviamo a riassumere le quasi 150 pagine del saggio di colui che alcuni mesi fa era stato proposto per fare il candidato presidente della Regione del centrosinistra, da opporre a Roberto Occhiuto, fin quando poi lui stesso ha preferito mollare la presa, viste le tante contorsioni e incertezze del suo stesso partito.
L’assistenzialismo – scrive il giovane politico –  ha prodotto solo distorsioni. Lo hanno dimostrato le politiche degli anni ’70, quando si voleva importare il modello settentrionale al Sud senza tenere conto delle specificità del territorio: un fallimento e un notevole spreco di risorse pubbliche. In quella fase abbiamo perso un’importante occasione di sviluppo per il Mezzogiorno. L’Italia necessita di una visione strategica, non di molti progetti, ma di pochi e realizzabili in tempi “normali”.

Ad un certo punto Irto scrive cosi’: ‘’…Sono consapevole che il Sud o, meglio, i Sud abbiano delle potenzialità enormi. Lo si dice e ripete da decenni, lo so, ma è su questo che bisogna puntare, con idee concrete, che guardino alle specificità del territorio, ma anche al futuro e all’innovazione: beni culturali, risorse ambientali e paesaggistiche, Ict, infrastrutture da realizzare (aeroporti, porti, alta velocità, strade)’’.

Ma che cos’è il Sud di Irto? E’ un luogo, il Mezzogiorno, che racchiude in sé cultura, storia, ambiente, paesaggio, mare, montagna, prodotti enogastronomici di alta qualità: un patrimonio immenso nella sua unicità. Partire dai tanti giovani intraprendenti e onesti, che sono la stragrande maggioranza, ricordando a Roma e a Bruxelles che quella un tempo battezzata Questione meridionale è invece una Questione comunitaria.

‘’Insomma – aggiunge ancora Irto – voglio rileggere i fatti e la storia con l’obiettivo di superare la sfiducia, perseguendo la strada del possibile, del necessario, del concreto, guardando sì alle specificità, ma anche alle innovazioni, le quali potrebbero consentire di creare delle attività legate all’economia dei servizi, del benessere e della cultura. Bisogna guardare alle necessità vecchie e attuali con spirito innovativo e futuristico. Si è spesso caduti, così, nel “paradosso del lampione”, attraverso il quale lo psicologo Paul Watzlawick sottolinea il fatto che spesso si cerca di risolvere i problemi nel modo più facile’’.

La complessità del tema della condivisione è il baricentro della visione comunitaria, ma va ricordato che, in un’epoca di sovranismi, è difficile far accettare a tutti l’idea di uno sforzo di solidarietà comune. È evidente che stiamo attraversando una fase della storia complessa e difficile. La fase immediatamente successiva alla prima ondata di emergenza sanitaria ha innescato tutta una serie di problematiche concomitanti, latenti da tempo, che questa situazione ha fatto risaltare in tutta la loro evidenza.

In molti Paesi la gente scende in piazza per chiedere maggiori diritti e più libertà. Gli Stati Uniti d’America – cartina di tornasole dell’Occidente – ne sono l’esempio più eclatante. L’Europa, come sempre, pare trovarsi in una dimensione quasi sospesa, in attesa di decidere il proprio futuro.

Sarebbe questo il momento di risposte nuove a problemi nuovi e vecchi.
La conclusione di Irto è per sua esplicita ammissione aperta. ‘’Ritengo che sia un esercizio molto complesso – scrive – offrire delle conclusioni a un argomento come quello al centro di questa pubblicazione. Numerose sono state le tematiche affrontate ma altrettanto numerose sono le questioni che restano aperte. Una conclusione è ben lontana dall’essere intravista, poiché complessi sono i problemi e difficili le soluzioni. Lo sappiamo bene.

Uno dei temi più importanti è senza dubbio quello del futuro dell’Unione europea. Unione che a tratti è sembrata arrancare di fronte alle necessità di trovare soluzioni concrete, e soprattutto immediate, ai tanti problemi che la attanagliano, soprattutto in questo particolare momento storico, aggravato dalla crisi scatenata dalla pandemia del Covid-19. Fondi strutturali, Next Generation Eu (Recovery Fund), Mes, sono strumenti che però necessitano di un accompagnamento politico forte e deciso. L’emergenza sanitaria con i conseguenti lockdown si è trasformata in emergenza economica, in particolare per i Paesi che hanno un debito pubblico elevato e quindi gli scostamenti di bilancio per far fronte agli aiuti per famiglie e imprese in difficoltà, faranno sentire i loro effetti soprattutto in tali realtà. Vi è la necessità di investimenti concreti e immediati. Dobbiamo rilanciare l’economia: Europea, Italiana e del Mezzogiorno.

La storia del mondo sin da quando esiste l’umanità è caratterizzata da fatti ed eventi che ne determinano il percorso, lo condizionano, lo modificano, lo deviano. Nella mente di ognuno di noi ci sono date che per vissuto personale o perché studiate sui libri di scuola hanno scolpito degli eventi che rimarranno per sempre indelebili nei nostri ricordi, date che segnano la fine di una fase e l’inizio di un nuovo corso della storia del mondo, ma anche delle nostre vite. Ma non bastano le risorse economiche ed è questo il punto cruciale. Occorre un progetto di lungo periodo, che individui la vocazione del Mezzogiorno, anzi, dei Mezzogiorno d’Italia, e che porti all’utilizzo delle enormi risorse nazionali ed europee sulla base di un criterio chiaro. Bisogna investire sulle giovani generazioni e sulla loro istruzione, sulla ricerca scientifica e sulla cultura nel senso più ampio del termine: insomma bisogna investire nel capitale umano e sociale’’.