Thomas Paine. La vita e il pensiero politico (L'Indice)

di Giovanni Borgognone, del 6 Luglio 2012

Da L’Indice – 6 luglio 2012
La dignità costituzionale
Sono molteplici i motivi di interesse della corposa biografia intellettuale che Maurizio Griffo ha dedicato allo scrittore politico angloamericano Thomas Paine (1737-1809), uno dei “Padri fondatori” degli Stati Uniti d’America, generalmente ricordato soprattutto quale autore del più celebre pamphlet indipendentista dell’epoca, Common Sense (1776).

Si possono individuare almeno quattro ragioni che rendono il lavoro di Griffo rilevante per la storiografia sul pensiero politico statunitense. La prima è rappresentata dalla discussione sulla “non originalità” di Paine come pensatore politico, un giudizio sulle sue opere che spesso gli storici hanno condiviso con i critici a lui contemporanei.

Non limitandosi, invece, all’immagine di Paine come brillante divulgatore, Griffo conduce un’analisi sui suoi rapporti con la cultura politica inglese e americana precedente, a partire dalla filosofia lockeana, per passare alle assai meno note Political Disquisitions di James Burgh, tre grossi volumi pubblicati tra il 1774 e il 1775, e aventi l’obiettivo di promuovere una riforma politica in Inghilterra. Una seconda ragione dell’importanza dello studio di Griffo, evidentemente in stretta connessione con quella ora vista, è la lucidità con cui è delineata la teoria painiana della costituzione, che ha origine da una prospettiva di antitesi rispetto al sistema politico inglese. Dal già citato testo di James Burgh, Paine riprende l’idea della derivazione naturale del governo dal popolo: non essendo praticabile l’assemblea plenaria di quest’ultimo in una nazione di grandi dimensioni, osserva l’autore, diventa necessario fare ricorso a una rappresentanza liberamente eletta. Su questa argomentazione, Paine innesta il valore della costituzione scritta come strumento attraverso cui fissare la piena garanzia dei diritti. Rispetto alla tradizione del costituzionalismo inteso, in generale, come metodo di limitazione del potere, il pamphlettista angloamericano pone dunque dei precisi paletti: egli contrappone a una tradizione costituzionalista qual è quella del “governo misto” britannico, a cui non riconosce alcuna dignità “costituzionale”, l’idea, invece, di un testo fondamentale che freni il potere primariamente sulla base della sua provenienza “dal basso”. La balancecostituzionale inglese, a suo avviso, manca di sicuri limiti al potere: l’Inghilterra “non ha costituzione”, è retta da un “governo senza principi”, e la monarchia ereditaria è “innaturale”. La prospettiva painiana, come risulta evidente già da questi pochi tratti, ha una forte matrice giusnaturalistica, e tra i diritti fondamentali l’autore pone la “rappresentanza”, qualificandola, appunto, come un “diritto naturale” .

Su queste basi è possibile altresì delineare e siamo al terzo motivo di rilievo di questa biografia intellettuale, il “repubblicanesimo” di Paine, il quale, come si è visto, condanna senza appello il regime monarchico.

Ma non solo: egli aspira a un governo, sottolinea Griffo “che sia al riparo da qualsivoglia degenerazione autoritaria”. Con tali premesse, per quanto riguarda la stessa Costituzione federale statunitense, il suo impegno è volto a più riprese a renderne possibile una revisione, in particolare per modificare il carattere monocratico del potere del presidente (la preferenza di Paine andrebbe per un “esecutivo multiplo”); significativa, da questo punto di vista, anche 1’accusa rivolta a Washington di volere instaurare in America un regime dispotico.

Di sapore repubblicano è infine la considerazione estremamente negativa delle condizioni sociali del Vecchio continente rispetto a quelle al di là dell’Atlantico (un tema che, non a caso, richiama osservazioni svolte in tal senso anche da due altri grandi esponenti del repubblicanesimo americano dell’epoca, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson); la povertà nelle città e nelle strade di Europa mostra un inaccettabile “spettacolo di miseria umana”, reso particolarmente grave dal contrasto stridente con una sproporzionata ricchezza le cui origini sono non di rado tutt’altro che limpide.

Proprio il rapporto di Paine con l’Europa ci porta a un ultimo punto: la proiezione del modello rivoluzionario e costituzionale americano sulla Francia e in generale sul Vecchio continente.

Paine è anche protagonista in prima persona dei lavori dell’ Assemblea costituente francese. Egli è in una fase iniziale ottimista circa la possibilità di “trapiantare, senza grandi scosse, il modello politico americano in Europa”. Resta però interdetto di fronte al giacobinismo e al Terrore. Riprende, tuttavia, le proprie speranze con l’avvento del Direttorio. E continua, nel frattempo, a coltivare un odio implacabile nei confronti del sistema politico inglese, immaginando e progettando persino una spedizione che metta in moto anche là un autentico processo costituente, nella prospettiva dell’instaurazione di un vero e proprio governo costituzionale rappresentativo in terra britannica.

Di Giovanni Borgognone

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