Quei martiri sconosciuti di Farneta (Vatican Insider (La Stampa)

di Andrea Tornielli, del 12 Febbraio 2014

da Vatican Insider (La Stampa) del 12 febbraio 2014

Luigi Accattoli non è soltanto uno dei più autorevoli, se non il più autorevole dei vaticanisti. È anche, da molti anni, un giornalista che si è dedicato a cercare «fatti di Vangelo», piccole e grandi testimonianze di vita quotidianamente vissuta nella fede. Appartiene a questo filone anche il suo ultimo lavoro, dedicato a un martirio sconosciuto ai più, quello dei dodici certosini di Farneta, assassinati dai nazisti perché avevano dato rifugio a ricercati e perseguitati nella loro Certosa. Accattoli si è fatto monaco per qualche giorno e ne ha tratto «La strage di Farneta. Storia sconosciuta dei dodici certosini fucilati dai tedeschi nel 1944» (Rubbettino, pp. 138, euro 12), volume che viene presentato questa mattina a Roma.
È un libro nel quale si racconta un fatto praticamente sconosciuto della reazione italiana all’occupazione tedesca, «forse il più corposo dal punto di vista cristiano», annota l’autore: dodici monaci fucilati perché nascondono nel monastero un centinaio di ricercati dai nazifascisti, compresi perseguitati politici, partigiani ed ebrei. Si tratta di sei monaci sacerdoti e sei fratelli laici, fatti prigionieri dalle SS con un’irruzione in Certosa nella notte tra il 1° e il 2 settembre 1944, condotti prigionieri a Nocchi di Camaiore e poi a Massa, uccisi a piccoli gruppi e in diversi luoghi, due il 7 settembre e gli altri il 10 settembre. Vengono fucilati negli stessi giorni e luoghi altri 32 catturati in Certosa, in parte perché ritenuti colpevoli di resistenza all’occupante alla pari dei monaci, in parte selezionati per fare numero in azioni di rappresaglia, sommati a decine di altri rastrellati in quelle giornate di ritirata delle truppe tedesche dalla Lucchesia: la Quinta Armata americana entra in Lucca il 5 settembre e Farneta è a soli otto chilometri da Lucca, in direzione nord-ovest, poco oltre il fiume Serchio.
«Straordinari aspetti simbolici arricchiscono la vicenda – osserva Accattoli – I dodici vengono da sei nazioni, hanno varia età, portano con sé singolari esperienze. Tre sono di lingua tedesca ma ciò non vale a salvarli dall’ordine del “fuoco” dato in tedesco. Uno era stato vescovo in Venezuela, ne era stato cacciato da un dittatore e i nazisti lo prendono per una “spia americana”. Un altro è spagnolo e in patria otto anni prima si era avventurosamente salvato da un analogo assalto alla Certosa di Montalegre portato dai rivoluzionari rossi: come se fosse destino, suo e dei Certosini che fuggono il mondo, di provocare la furia d’ogni milizia violatrice della dignità dell’uomo. Qui in verità è il titolo del loro martirio: hanno sfamato e nascosto chi era minacciato, hanno avuto pietà quando la pietà era bandita».
Dal 2 settembre 1944, quando la Certosa viene “rastrellata” – come annota un documento dell’occupante tedesco – al 10 settembre quando i più tra loro vengono mitragliati, «in quell’ottavario del martirio – scrive Accattoli – i dodici attestano in gesti e parole il significato dell’opera che hanno svolto e per la quale danno la vita. Sono prigionieri con loro ventidue confratelli che sopravviveranno, alcuni contadini e dipendenti della Certosa, i tanti da loro beneficati e centinaia di altri “rastrellati” che narreranno gli sguardi, le battute di spirito, il loro modo di dividere il cibo e la paglia, di invocare Dio, di alzare gli occhi con uguale sentimento su ognuno che a loro si avvicinasse».
Una vicenda sconosciuta alla memoria collettiva, nonostante su di essa si siano tenuti tre processi (Firenze 1947, La Spezia 1948, La Spezia 2004) e vi abbiano lavorato gli storici locali e i monaci che presero il posto dei fucilati nella guida della comunità: il monastero tornò alla vita normale dopo la ritirata dei tedeschi, con il rientro dei deportati e con l’affluenza di monaci da altre Certose. «Più circostanze – conclude l’autore – hanno concorso all’oscuramento del fatto nella grande divulgazione: l’atteggiamento riservato dei Certosini, la scarsa attenzione della comunità cattolica a una realtà monastica percepita erroneamente come chiusa in sé stessa, il conflitto interpretativo dell’evento tra chi lo collocava nell’orizzonte della Resistenza e chi invece l’intendeva come opera di carità lontana dalla politica».

di Andrea Tornielli

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