Tra diritti e cultura. Un profilo autobiografico (Il Caffè settimanale)

di Felicio Corvese, del 14 Luglio 2018

Una vita per i diritti, la cultura e lo sviluppo locale. Racconti, ricordi e aneddoti (Rubbettino, 2018) è l’ultima pubblicazione di Pasquale Iorio, scritta tra l’amarcord e il bilancio di un impegno politico e civile portato avanti, dalla gioventù fino ad oggi, come sindacalista, attivista del Partito Comunista, giornalista e animatore di lotte per il lavoro e i diritti, nonché, nell’ultima fase, come promotore di una intensa  attività culturale in collaborazione con enti e associazioni del Casertano. Il racconto comincia da Capua, città natale dell’autore, e dagli anni giovanili, vissuti con l’esperienza del lavoro agricolo e dei rapporti non facili con una città, nella quale, accanto alla presenza di una sinistra vivace e combattiva, esistevano forti pregiudizi e intolleranze classiste nei confronti di chi proveniva dalla periferia rurale e apparteneva alla condizione operaia e contadina. I numerosi aneddoti che vengono narrati, più di molte analisi, ci restituiscono la temperie sociale di un periodo difficile, ma anche carico di speranze e di prospettive, e il senso di ciò che avveniva nei contesti socio-culturali in cui operavano i sindacalisti e i militanti dei partiti operai, nella vita di partito e nei rapporti politico-sindacali con le controparti padronali e le istituzioni del territorio provinciale. Così, ad esempio, i rapporti  contrastati con alcune amministrazioni, legate ad una visione grettamente tradizionale dei beni culturali e della loro fruizione pubblica, oppure le difficoltà di operare in realtà rischiose come quelle di alcune comunità dell’agro aversano dove era ben presente e vigile la locale criminalità organizzata, pericolosamente ostile alle azioni di tutela della legalità e della dignità dei lavoratori messe in atto dal sindacato e dai partiti operai. Come osserva Gino Nicolais nella presentazione del libro, una delle motivazioni di fondo dell’attività di Pasquale nasceva dalla convinzione che solo sulla base di una crescita culturale ampia e condivisa si potesse poi determinare un vero sviluppo, e che questa crescita dovesse avvenire attraverso una contaminazione di ambienti e settori sociali diversi, in una visione democratica, aperta e laica dei rapporti sociali e delle prospettive di valorizzazione del capitale umano presente sul territorio. Una visione non bene accetta da settori consistenti dell’establishment  casertano, diffidente, quando non apertamente ostile, verso la cultura di sinistra e le aperture troppo democratiche e innovative di parvenus e uomini nuovi non integrati nel sistema sociale cittadino tradizionale. Con la leggerezza e il piglio ottimistico nell’approccio che lo caratterizza, Iorio racconta, sotto forma di aneddoti, i conflitti, spesso aspri e tumultuosi, tra i militanti del partito e riferisce alcuni episodi gustosi di cui essi si rendevano talvolta protagonisti e che ci fanno comprendere anche la linea di condotta che li caratterizzava e il clima politico in cui operavano.  Insieme con le tranches de vie personali e familiari, il racconto si sviluppa attraverso fasi e momenti caratterizzanti la biografia politica dell’autore: dagli anni della “gioventù comunista” alle “lotte per i diritti”, in particolare quelle per la legalità contro la camorra e a favore degli immigrati di Villa Literno, alla stagione nogariana degli anni novanta, che aprì una fase di rinnovamento e di rilancio della cultura democratica nel casertano, fino alle più recenti iniziative  con  “Le Piazze del Sapere” e le battaglie culturali per Carditello, il Museo Campano e l’Archivio di Stato di Caserta, per citarne solo alcune. Nel libro si racconta, tra i vari aneddoti, l’episodio di un comizio tenuto da un dirigente del partito in una piazza deserta. Quando gli fu fatto notare che era il caso di chiudere il comizio, rispose che era necessario comunque completare il discorso così come era previsto. Una logica, propria dei militanti del Pci, improntata a una disciplina e a un codice di comportamento da tenersi in ogni caso e nonostante tutto. Un imprintig forte che ha influenzato anche la formazione del Nostro e ne ha segnato la linea di condotta e lo stile di vita. Non si spiegherebbe altrimenti l’impegno nel portare tenacemente avanti una multiforme attività di promozione culturale, nonostante le notevoli difficoltà di animare un territorio che Iorio non esita a definire “un deserto culturale”, e di cui descrive le tante incurie, fornendone un elenco dettagliato, ancora una volta per richiamare enti e cittadini alle loro responsabilità circa la mancata conservazione e valorizzazione di un patrimonio culturale straordinario. Come ha osservato Luisa Cavaliere nella postfazione al libro, quando si imbocca il viale del tramonto siamo presi dalla voglia di raccontare, di far rivivere e fissare nel ricordo fatti e persone della nostra vita, ma siamo mossi anche dal desiderio di rimettere ordine e di trovare un senso compiuto a quanto abbiamo realizzato. Ed è questo sicuramente anche il caso di questa autobiografia. Tuttavia si ha l’impressione che il libro risponda anche ad un’altra esigenza avvertita dall’autore, quella di farne un ulteriore strumento pedagogico di promozione culturale e civile. Non è un caso che esso contenga molti riferimenti bibliografici, numerose citazioni di enti e persone e si concluda con la descrizione delle attività in atto e l’accenno ad altri progetti che stanno prendendo forma proprio nel momento attuale. Un’attività di educazione e impegno civile permanente dunque, nella quale diviene centrale il fare, l’andare avanti, moltiplicando le iniziative e i contatti, in vista di una resurrezione civile e culturale che appare, nonostante tutti gli ottimismi, ancora lontana. Questa attività ricca e varia che riguarda la memoria, l’identità culturale, l’innovazione tecnologica, la cultura agroalimentare, le battaglie per i diritti e quelle contro l’usura e il gioco d’azzardo, la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico e via discorrendo, ha prodotto una disseminazione che ha già dato, insieme con l’attività di altri operatori, i suoi frutti, creando abitudini e pratiche culturali nuove e importanti per la città e la provincia di Caserta. I processi di crescita culturale sono lenti e richiedono tempo, si sa,  e  occorre che si moltiplichino e si rafforzino occasioni, legami e reti virtuose; per far questo è necessaria una lunga sedimentazione, un lavoro continuo e paziente, che è quanto viene descritto in particolare nella seconda parte della pubblicazione. Tuttavia è necessario anche che la cultura di un territorio trovi le sue ragioni originali, che punti su alcuni elementi specifici che le sono propri e che sono quelli che la caratterizzano e la rendono speciale e diversa, tale da costituire dei punti di forza su cui costruire progetti virtuosi. Non basta infatti che un museo, così com’è, riapra (anche se questa della riapertura, com’è ovvio, è un elemento imprescindibile), ma è necessario che quel museo, in modo innovativo, consenta la conoscenza del territorio di cui raccoglie i reperti, così come non è sufficiente sviluppare molte attività culturali – spesso di peso e valenza assai diverse – in modo indiscriminato, ma occorre puntare sulla ricerca dell’identità di un territorio che non è scontata e data una volta per tutte, ma che va scoperta e approfondita insieme al tentativo di garantire più qualità che quantità, più approfondimenti e serietà culturale, ad un tasso il più possibile basso di autoreferenzialità e di trionfalismo. L’idea di una comunità coesa, fondata sulla leale ed entusiasta cooperazione tra tutte le sue componenti rimane un’utopia. La realtà, come l’autore ben sa, è invece quella di chiusure ed esclusioni, di individualismi, di un malinteso spirito di competizione, non sufficientemente forte da produrre spinte innovative, ma tale tuttavia da determinare assenza e indifferenza. Imparare a rendere onore al merito è il primo passo che una comunità deve compiere (dal momento che chi non riconosce il merito altrui non può aspettarsi che venga poi riconosciuto il proprio) per avviare un’inversione di tendenza e consentire l’uscita da un’impasse che dura da troppo tempo. E’ quanto ha provato a fare Pasquale Iorio in molte occasioni ed è quanto è giusto che venga fatto nei suoi confronti. In conclusione va sottolineata l’importanza di riannodare i fili delle storie personali, specialmente, come in questo caso, quando si intrecciano strettamente con la storia di un territorio, perché queste rivisitazioni consentono di ricostruire, seppure da un punto di vista molto soggettivo e con l’inevitabile carattere selettivo che assumono i ricordi, momenti, luoghi, avvenimenti e profili di persone che fanno parte comunque della nostra storia comune e di cui, altrimenti, si perderebbe la memoria.

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