Il libro dell’ex ministro Quagliariello: “Sugli A16 aveva ragione il Napolista, noi a Dimaro li sfottemmo” (Ilnapolista.it)

di Fabrizio d’Esposito, del 14 Giugno 2023

Giovedì 15 giugno, dalle 18 alle 22, allo “Chalet del lago” in piazza Terracini, all’Eur di Roma, si terrà la festa per lo scudetto del Napoli Club Parlamento. Alle 18 c’è la presentazione del libro di Gaetano Quagliariello “Scusa papà ma tifo Napoli” (Rubbettino) con interventi di Bruno Frattasi, Anna Maria Parente, Sandro Ruotolo coordinati da Fabrizio d’Esposito. Massimo Perrino leggerà le sue poesie su Napoli e sul Napoli. Ospite d’onore: Gigi D’Alessio. Di seguito la recensione.

Quando il tifo è romanzo personale di formazione (continua), allora anche la storia più laterale, talvolta dimenticata, può diventare una pietra preziosa e luccicante. Si prenda il gol che Ruben Maldonado segnò a Lucca, contro la squadra autoctona. Era l’autunno del 2005. I primi tempi di Aurelio De Laurentiis e del Napoli Soccer. La serie C. Maldonado, difensore paraguaiano, azzeccò una punizione da 25 metri: “Il suo tiro non fu certo irresistibile ma la barriera lo deviò cambiando direzione alla palla. Risultato: il portiere, spiazzato, da un lato, il pallone in fondo al sacco dall’altro. Fu l’unico goal che il valente difensore segnò in quella stagione. Diciamo la verità: un mezzo furto ma come dice il proverbio: ‘A Ruben Maldonado non si guarda in bocca’”. A raccontare è Gaetano Quagliariello, storico presidente del Napoli Club Parlamento ed ex senatore. Già ministro delle Riforme; già “saggio” del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; già vicecapogruppo del Pdl a Palazzo Madama; già coordinatore nazionale, infine, del Nuovo Centrodestra; Quagliariello oggi è tornato a fare il professore di Storia alla Luiss ma nella quarta di copertina del suo ultimo libro si presenta così: “Gaetano Quagliariello, 1960, tifoso del Napoli”.

Il volume s’intitola infatti “Scusa papà ma tifo Napoli” (Rubbettino, 146 pagine, 15 euro) ed è un’autobiografia tifosa, che miscela amore, sofferenza, gioia, traslochi, trasferte, rimembranze familiari e personali. In cui, appunto, quel gol di Maldonado ha una sua centralità. Ecco perché. Nel 2005, Quagliariello era uno degli intellettuali liberali di Forza Italia ed era il principale consigliere di Marcello Pera, allora presidente del Senato. Lucchese di nascita, Pera aveva fondato nella sua città d’origine l’Imt, Institution market and technology, ed era un sabato quando il prefetto locale Francesco Paolo Tronca incontrò Quagliariello, anch’egli a Lucca. Il prefetto gli disse che era arrivato il momento che il presidente del Senato andasse allo stadio per assistere a una partita della squadra autoctona e rossonera. “Si celebrava la terza giornata di campionato e arrivava il Napoli, la più blasonata tra le squadre iscritte a quel torneo”. Pera accettò l’invito e ovviamente chiese a Quagliariello di accompagnarlo. Solo che c’era un problema. Avendo diviso, come tanti, la storia del Napoli in un prima e in un dopo Maradona, il forzista azzurro in tutti i sensi, negli anni della decadenza (la serie B e il fallimento), aveva preso “la drastica decisione di disertare lo stadio”. “Fu il modo d’esprimere la mia personale riconoscenza a Diego. (…). Nella mia testa quella decisione avrebbe dovuto essere una scelta di vita, per tutta la vita”.

Invece.
Invece Pera convinse il suo consigliere con argomenti da filosofo e il giorno dopo il “voto di castità” fu infranto. Quagliariello ritornò allo stadio, il Napoli vinse, lui esultò beccandosi pure il rimprovero del prefetto (“Il presidente si sarà sentito in imbarazzo”) e il lutto sportivo fu secolarizzato: “Tornai a seguire la squadra in trasferta e più spesso in casa”. Senza dimenticare che in quella stagione gli azzurri finalmente vennero promossi tra i cadetti.

La carriera di Gaetano tifoso (d’ora in poi lo chiamo per nome) è iniziata che era un bimbo di cinque anni. Il Napoli di Fiore e Pesaola e Juliano, Sivori e Altafini, che da neopromosso dalla B arrivò terzo. E la prima bruciante delusione fu nientemeno che a Pasqua, il 10 aprile 1966, quando il sogno scudetto degli azzurri svanì con una sconfitta a Vicenza, contro il Lanerossi. Persero due a zero e i biancorossi segnarono subito, al 6’, con l’ex Vinicio. Benché di nascita napoletana, le condizioni ambientali e familiari per quel piccolo tifoso del Ciuccio non furono le migliori, per quanto riguarda il calcio: il papà di Gaetano era di Salerno e tifava per la Juventus. Non solo: era uno scienziato e quando vinse la cattedra di Biochimica all’Università di Bari tutta la famiglia si trasferì nel capoluogo pugliese. Così il piccolo azzurro visse per lungo tempo in esilio la sua passione per il Napoli, andando allo stadio da “osservatore” per vedere “la” Bari. Sono decine e decine gli aneddoti che Gaetano racconta, tanti quadretti cesellati con cura, e con tratto sovente ironico, e che rendono testimonianza del suo tifo (compreso un altarino azzurro allestito nel suo ufficio al Senato).

Era il 1989, per esempio, e Gaetano studiava a Parigi (in seguito sarebbe diventato tra i maggiori esperti italiani del gollismo) e si trovò di fronte al dramma di vedere il ritorno dei quarti di finale della Coppa Uefa (poi vinta) contro la Juve. Una delle partite che hanno fatto la storia degli azzurri, col terzo e risolutivo gol di Renica alla fine dei supplementari. Ebbene, quel tifoso azzurro a Parigi seppe che in alcuni alberghi della capitale francese era possibile vedere programmi tv di altri Paesi e così prese una stanza al “Concorde Lafayette” a un costo “incredibilmente esoso”. E dopo la partita se ne andò a casa: “Prima che uscissi mi chiesero se sarei ritornato per la notte. Risposi di no. Non capirono il perché ma non credo se ne fecero un cruccio”.

Prima di concludere, una parentesi personale e che riguarda anche il Napolista. Ché nell’ultimo capitolo, Gaetano si sofferma sulla “divina sorpresa” dello scudetto di quest’anno e dimostra tutta la sua grande onestà intellettuale di tifoso – conosco Gaetano da vent’anni ed è sempre stato un vero liberale, a differenza di tanti – ritornando sulle contestazioni estive del popolo A16 l’estate scorsa a Dimaro. Eravamo insieme lì con il Napoli Club Parlamento e la nostra spedizione, con la mia sola eccezione, si allineò e partecipò ai cori contro il Pappone per l’addio di Ciro Mertens. Tralascio i successivi dileggi e insulti al ristorante, contro il mio dissenso, e frutto di un’alleanza tra élite e A16, e riporto quanto scrive Gaetano a distanza di mesi, facendo sintesi delle nostre trasferte a Dimaro e poi a Castel di Sangro:

Non ho nulla da aggiungere, se non che lo stesso Pappone, ora beatificato e rivalutato persino dagli ultrà, ha detto in seguito che la marcia trionfale del Napoli era figlia dello spogliatoio bonificato dalle “mele marce”. Attenzione: qui non si tratta di bollare negativamente tutto il sarrismo. Questa è una fake news che da anni colpisce il Napolista. Al contrario, tutti abbiamo sofferto e pianto per lo scudetto perso con ben 91 punti. Il nodo in questione è un altro. E cioè che alcuni protagonisti di quel fenomeno estetico (Insigne, Mertens, Koulibaly) formarono poi un clan di senatori che fece da tappo al Napoli di Ancelotti e del primo Spalletti e danneggiò persino Gattuso, che arrivò proprio per riportare il clan sarrita alla ribalta con il fatidico quattro-tre-tre. Tutto qui. Ed è per questo che l’anno scorso le partenze di questi tre furono una notizia meravigliosa (non per motivi ideologici, ma questo è un altro discorso). Del resto, il Napoli lo ha dimostrato sul campo.