Il massacro dei valdesi in Calabria del 1561 (L'Adige)

del 7 Settembre 2015

Da L’Adige 7 Settembre

La storia dei Valdesi in Italia è ormai uno snodo fondamentale per affrontare la storia della Chiesa e della storia d’Italia. La storia delle religioni e in qualche modo la storia di ciò che poteva essere e non è stato.
Una storia, quella valdese tornata di attualità in questo periodo per il tentativo di Papa Francesco di affrontarla chiedendo il perdono ai valdesi per ciò che è avvenuto. Perdono, sia detto en passant, che i valdesi non intendono dare. Una storia che pochi conoscono, quella dei pacifici seguaci del «povero di Lione», Pietro Valdo.
Ora, se in qualche modo è nota la vicenda dei valdesi piemontesi, costretti a rintanarsi per sfuggire ai massacri papalini, meno nota agli storici è la vicenda dei valdesi che vivevano in Calabria e che nel 1561 furono trucidati. Almeno duemila di loro nella notte del 5 giugno, furono torturati e uccisi.
Fu la «San Bartolomeo italiana». La cittadina di Guardia Piemontese piccola cittadina fortificata valdese, in provincia di Cosenza, in quella tragica notte venne presa con l’inganno dai soldati del feudatario Salvatore Spinelli il quale convinse i guardioli ad aprire le porte del paese per far entrare 50 soldati, fatti passare per prigionieri e scortati da altrettanti militari, con la scusa che costoro dovevano essere rinchiusi nelle carceri. Di notte quei cento soldati uscirono dalla prigione e aprirono la porta principale di La Guardia, facendo entrare le truppe. Quella porta fu chiamata da allora Porta del Sangue perché il sangue scorreva come un fiume attraverso quell’apertura.
Ma cosa ci faceva un nucleo così consistente di Valdesi in una regione così lontana dalle valli piemontesi come la Calabria? Questa brutta pagina viene oggi riportata alla luce da un libro di un giovane studioso italiano, Vincenzo Tedesco, 25 anni, edito da Rubbettino: Storia dei Valdesi in Calabria.
A fare da corredo al volume gli scritti introduttivi di Marina Montesano, storica e docente dell’Università di Messina e del predicatore Valdese Eduardo Zumpano. A onor del vero il libro risente di qualche acerbità del giovane studioso, ma colma una grave lacuna e sa cogliere anche i nessi con la storia del Concilio di Trento.

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