Ma Galileo ha sempre più nemici (La Stampa TTS)

del 16 Ottobre 2013

Da La Stampa TTS del 16 ottobre
 
L’Italia sta pericolosamente arretrando in tutte le statistiche mondiali. Gli indicatori testimoniano un Paese in decrescita non solo economica ma culturale. Una realtà che ha aperto la strada ad organizzazioni che sfruttano l’irrazionalismo e l’ignoranza per raggiungere il proprio tornaconto, bloccando il progresso scientifico e l’innovazione.
Si tratta di movimenti non del tutto spontanei, spesso portatori di interessi localistici, che trovano il collante sociale nella lotta contro qualsiasi iniziativa che rappresenti progresso e ricerca e che interpretano ogni cambiamento come un disegno che mira a distruggere il pianeta. Si lotta contro gli Ogm, contro ferrovie e infrastrutture, contro la produzione di energia, contro la sperimentazione animale, in altre parole contro qualsiasi realtà abbia a che vedere con il progresso della conoscenza. E le conseguenze sotto gli occhi di tutti: altissimi livelli di emigrazione intellettuale, caduta nella ricerca e nell’innovazione, perdita di imprese ad alto contenuto scientifico- tecnologico.
Ma questo atteggiamento antiscientifico non è del tutto nuovo. Con Luciano Pellicani abbiamo avvertito il bisogno di cercare le radici culturali e ricostruire il percorso di queste ideologie che si battono contro la scienza e stanno aprendo la strada ad un nuovo Medioevo con conseguenze pericolose. Così abbiamo constatato che la cultura anti-moderna ha svariate sfaccettature e che spesso viene associata al mito della natura buona, violentata dalla globalizzazione. Un contrasto tra scienza e libero mercato da una parte e natura idealizzata dall’altra che si acuisce nei dibattiti sulla «New economy». Nel nostro saggio «Contro la modernità. Le radici della cultura antiscientifica in Italia» (Rubettino) abbiamo scoperto che questo modo di sentire ha radici profonde, che affondano nel fascismo e che si sono propagate in molti movimenti degli Anni 60 e 70 e nella maggior parte dei partiti. Grazie a questa politica siamo il Paese dove è vietata la sperimentazione delle biotecnologie in campo aperto, dove è bloccato il nucleare civile e si limita la ricerca in settori come quello di farmaci e vaccini. 
La conseguenza è che l’Italia è oggi il primo esportatore al mondo di laureati in discipline scientifiche, sebbene sia universalmente considerata la culla del pensiero scientifico. 
Non solo perché ha dato i natali a Galileo, ma per la quantità di scienziati del passato, da Torricelli a Fibonacci, da Volta a Meucci, da Marconi a Natta, fino a Fermi e ai tanti altri che hanno contribuito a cambiare il mondo. Un’eredità che ora rischia di scomparire. 
Di Elio Cadelo

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