Giorgetti, i chip e la sovranità europea da conquistare. Scrive Bassan (formiche.net)

di Fabio Bassan, del 25 Luglio 2021

Dopo aver giocato una partita di rimessa sul mercato dei dati, fra cloud e manifatturiero, l’Ue può tornare in campo nella corsa globale ai microchip. Per farlo, come ha notato il ministro Giorgetti, serve rivedere le regole. Ecco da dove partire. Il commento di Fabio Bassan, professore di Diritto internazionale dell’Economia all’Università di Roma Tre

Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha sollevato – primo in Italia – un tema su cui si discute in Francia da tempo con meno pudore: la sovranità tecnologica europea che, in una realtà sempre più digitale, finisce per sovrapporsi pericolosamente a quella geopolitica, senza coincidere però del tutto con questa.

Superata ormai dai fatti (tra poco, dalla storia) la superstizione delle sovranità nazionali, su entrambi i fronti – geopolitico e di mercato – il tema è europeo, e così va affrontato.
In un libro del 2019 (“Potere dell’algoritmo e resistenza dei mercati in Italia. La sovranità perduta sui servizi“, Rubbettino) ho invocato un’azione europea nel settore. Da allora molte cose sono cambiate, ma tutte hanno reso più chiaro lo scenario.

In primo luogo, la pandemia ha evidenziato le difficoltà del reshoring della produzione e la necessità di ripensare una globalizzazione regionalizzata, chiara ormai anche alla Germania, che vede la concorrenza tra ordinamenti europei come un rischio da evitare, non più un’opportunità da cogliere.

In secondo luogo, il Patto di stabilità, autorevolmente già definito “stupido” se visto unilateralmente, si ripropone integrato dalla crescita, qualificata però oggi come “solidale”. La vecchia politica industriale viene riproposta con strategie e obiettivi nuovi, non solo le vesti: l’ho definita “politica europea di crescita solidale necessaria”.

Non è uno slogan, ha contenuti concreti e una spinta al mercato neanche troppo gentile. Un esempio concreto: il rischio che le banche devono oggi calcolare per affidare le imprese è quello della filiera: nessuna catena è più forte del suo anello più debole, per cui le imprese non hanno interesse a mazzimizzare i profitti a danno di fornitori e clienti.

Solidarietà necessaria, che la pandemia ha costretto tutti gli Stati e l’Unione Europea ad applicare senza condizioni e quasi senza limiti.

Sui mercati dei dati, in un primo tempo l’Unione europea si è rassegnata a giocare un ruolo apparentemente di rimessa: perso il manifatturiero (prevalentemente cinese) e il Cloud (statunitense) si è ritagliata il ruolo delle regole. Con una speranza, nascosta in un duplice obiettivo.

Il primo: le regole oggi sono “incorporate” nella tecnologia. Lo hanno sperimentato Francia e Germania, che hanno dovuto abrogare norme appena pubblicate in Gazzetta, che sulla notifica di esposizione al covid-19 prevedevano un data base centralizzato, che era incompatibile con la decentralizzazione imposta pochi giorni dopo da Google e Apple su tutti i terminali. Se le regole sono “incorporate”, definire le regole vuole dire orientare lo sviluppo della tecnologia.

Il secondo obiettivo: via Brussels effect le regole europee diventano standard internazionali. A questo punto, però, dicono in Francia, abbiamo creato le premesse per cogliere opportunità. Poi dobbiamo agire.

Lo hanno provato una prima volta con GaiaX, “federazione europea di Cloud nazionali”, che doveva promuovere tecnologie e imprese europee (molte di queste francesi, evidentemente). Il progetto non è naufragato, ma è oggi “derubricato” al mero coordinamento di standard e protocolli. È vero che in questi sono le tecnologie, ma poi le opportunità chi le coglie?

I microchip sono il secondo tempo della partita. Due anni fa è passata sul mercato una delle imprese del settore più significative, ARM (britannica, di origine) che Softbank ha venduto per circa 20 miliardi di dollari. Era occasione da cogliere, ma l’Unione non era pronta.

L’interrogativo che pone il ministro Giorgetti è appunto: siamo pronti, oggi? Il tema non è nazionale, è europeo. Aiuti di Stato in deroga quindi sono necessari, ma anche azioni dei governi per accordi tra le imprese nazionali, i “campioni” certo ma non solo, che le tecnologie oggi sono diffuse.

Un esempio nel passato lo abbiamo e può essere seguito: Airbus è appunto un progetto con cui l’Unione ha impedito la costituzione di un monopolio su un segmento del mercato aereo, in deroga ai vincoli dei Trattati, con esenzione concessa ai sensi dell’art. 101.3 Tfue.

Il combinato disposto di norme modernizzate sugli aiuti (e, fino alla loro adozione, la sospensione dei vincoli attuali) ed un sistema di esenzioni chiaro agli accordi ex art. 101.3 Tfue, consentirebbe all’Unione di cogliere le opportunità che con fatica ha creato ma di cui ora, rischiano di avvantaggiarsi altri. Evitare la beffa è una responsabilità della politica.

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