Così Philippe Nemo mi ha spiegato l’#ateismo moderno (La Croce Quotidiano)

di Fabrizio Cannone, del 13 Maggio 2015

Da La Croce Quotidiano del 13 maggio

Secondo noi il collante più efficace di tutte le ideologie moderne – dal marxismo al freudismo, dal darwinismo alla teoria del gender – è proprio l’ateismo. Un ateismo magari spesso implicito o anche frammisto a sprazzi di vaga spiritualità e a sogni utopico-edenici di un mondo migliore, ricco e pacifico. Ma il rifiuto di Dio c’è, e soprattutto c’è il rifiuto della razionalità di Dio, della razionalità del piano divino e conseguentemente della ragionevolezza delle prove che attestano l’esistenza di Dio. San Giovanni Paolo II però, in una magnifica Allocuzione del 1985 parlava proprio delle “Prove dell’esistenza di Dio”. E queste prove divengono più stringenti proprio grazie all’inarrestabile progresso delle conoscenze. Diceva il Pontefice polacco 30 anni fa: “La necessità di risalire a una Causa suprema s’impone ancora di più quando si considera la perfetta organizzazione che la scienza non cessa di scoprire nella struttura della materia” (n. 4)
Ma già il Concilio Vaticano I (1869-70), ripreso nella questione alla lettera dal Vaticano II (1962-1965), dichiarava: “La santa Madre Chiesa, nostra Madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create” (Costituzione dogmatica Dei Filius). Tale insegnamento, come si comprende agilmente, non deriva da contingenze storiche o dalle opinioni personali di questo o quel papa. Si tratta di punti fermi e inamovibili della perenne dottrina cattolica, che in ultima analisi trovano il loro fondamento ultimo proprio nella Sacra Scrittura (cf. Rm 1,19-20). Philippe Nemo rappresenta un po’ quella tipica scuola francese anticonformista che ha dato, per tutto il Novecento, grandi intellettuali all’umanità e non raramente intensissimi convertiti alla Chiesa: si pensi ai coniugi Maritain, a Léon Bloy, a Georges Bernanos, a Robert Brasillach, ad Alexis Carrel, e ai nostri giorni a figure come Fabrice Hadjadj, Joseph Fadelle e Laurent Obertone.
In questa sua opera che raccoglie armoniosamente scritti e articoli pubblicati su riviste diverse (Philippe Nemo, La bella morte dell’ateismo moderno, Rubbettino, 2015, pp. 146, ¬ 12), l’autore mostra con linguaggio sufficientemente accessibile la bella morte ovvero l’eutanasia dell’ateismo moderno, la cui genesi non sta nei filosofi materialisti dell’antichità, ma nell’illuminismo, nell’evoluzionismo e nello scientismo. Queste correnti hanno creato, operando una rottura antropologica unica ed epocale con la storia umana precedente, una nuova storia ed una nuova umanità senza Dio e in un certo senso auto-latrica. Questa storia ormai bicentenaria, che coincide con l’Ottocento illuministico-romantico-positivistico e con il Novecento ideologico-sanguinario, può chiamarsi davvero, come scrisse Maurice Clave’, i “due secoli sotto il segno di Lucifero” (cit. a p. 7).
La tesi che percorre interamente il saggio è che, malgrado uno sforzo colossale di ateizzazione forzata delle masse, i cui attori corrispondono a tutte le ideologie recenti, non esclusa neppure l’ideologia liberal-democratica, “l’ateismo è morto di morte naturale” (p. 21). Attenzione, però. Non nel senso che stiano per scomparire gli atei dichiarati (in continua crescita nelle statistiche fatte ad hoc su questi temi), ma nel senso meno appariscente e più profondo e significativo che la religione umanitaria e anti-teista ha fallito e non ha mantenuto nessuna delle promesse che fecero i suoi padri nobili (da Marx a Freud, da Nietzsche a Sartre, da Engels a Marcuse). L’umanità, al di là di un sicuro progresso tecnologico-industriale-telematico, che può comunque comportare danni e controindicazioni, non appare oggi né più libera, né più felice, né più pacifica e vitale di un tempo, così come amavano dipingerla i cantori del Sol dell’avvenire e delle Magnifiche sorti e progressive.
Tra le pagine più intense del libro vi sono proprio quelle in cui Nemo analizza “l’esaurirsi del programma intellettuale” ateistico (pp. 15-22). Così, a livello di realizzazione delle aspettative, livello non sempre percepito dall’uomo medio e dai giovani, è possibile parlare dell’esaurirsi dello scientismo, poiché la scienza ha dei limiti, è capace di produrre mostri, di distruggere il pianeta e inoculare virus (oltre che medicine); e soprattutto, “l’epistemologia critica contemporanea ha ormai mostrato che la scienza non può produrre teorie assolute” (p. 16). E molte teorie un tempo dette scientifiche, come il darwinismo o il malthusianesimo, di scientifico hanno solo il nome. Nota poi l’autore l’esaurirsi del “negazionismo storico” (p.17) ovvero della negazione, tutta atea e razionalista, della storicità della figura di Cristo e delle narrazioni bibliche: si pensi al legame tra l’ateismo otto-novecentesco e la scuola storico-critica francese e tedesca della “demitizzazione”, con le figure un tempo prestigiose ora ampiamente ridimensionate di Renan, Loisy, Dibelius, Bultmann, etc. Proprio lo studio realmente scientifico delle fonti, dell’archeologia, della paleografia, dell’antropologia religiosa, della storia antica mostrano, oggi meglio di ieri, la veridicità dei fondamenti storíci del cristianesimo. Non parliamo poi dell’esaurimento delle scuole filosofiche che pretesero una auto fondazione dell’assoluto, come quelle che si ispira(va)no a Spinoza, Hegel, Nietzsche e Heidegger: resistono nelle accademie è vero, ma come autori di interesse teoretico per le questioni poste, e non certo come maestri di vita e di morale. Tra le altre fonti dell’ateismo moderno che si sono andate esaurendo negli ultimi decenni, Nemo mette perfino, forse un po’discutibilmente, l’esaurirsi del neopaganesimo(inteso soprattutto con il successo poi arrestatosi dei culti orientali in Europa) e dei millenarismi. Che le mode del buddismo e dell’induismo, tipiche degli anni ’60 e ’70 siano oggi un po’ in ombra è vero, ma ci sono così tanti paganesimi contemporanei che in questo caso non parlerei di esaurimento ma di mutazione. Da Budda e Confucio si è passati alla New Age, all’astrologia e alla magia, il che è peggio! Gli stessi millenarismi, identificati dall’autore troppo sbrigativamente con le ideologie forti del nazismo e del comunismo, non sembrano oggi crollati parallelamente alla fine di quelle ideologie,ma hanno assunto nuovi connotati. Dalla società etnicamente pura o senza classi di novecentesca memoria si è passati alla società perfetta (senza malati, senza disabili e senza anziani inguaribili) e alla società aperta, ovvero senza confini non solo territoriali e politici, ma perfino etici e morali, tra il lecito e l’illecito, tra il diritto e il delitto…
In ogni caso, i profeti dell’ateismo, come quegli intellettuali dell’illuminismo più radicale che avevano il progetto conclamato di liberare l’uomo dalla superstizione (ovvero dalla fede) e dalla teocrazia (ovvero dalla Chiesa) avevano mentito e la società occidentale del 2015 non può considerarsi assolutamente migliore e in ogni cosa preferibile a quella di altri tempi o di altri luoghi (giudicati come meno “progrediti”). Anzi, il futuro che si annuncia a base di diritti senza doveri e di uomini senza principi non pare proprio favorire quel mondo di pace perpetua che l’ateismo prometteva.
Certo, “i due secoli sotto il segno di Lucifero sono stati per il cristianesimo una delle più terribili prove del fuoco che abbia mai subito nella sua storia” (p. 22). Ma esso sia quanto alle sue promesse di felicità piena nell’altro mondo, sia quanto a giudizio critico su un mondo senza Dio (e per il fatto stesso contro l’uomo) ha detto il vero. Non è la scienza il problema, anzi essa come diceva Giovanni Paolo II porta a Dio. Ma la pseudo religione della scienza, quella “religione umanitaria”, profetizzata da Benson nel Padrone del mondo, che porterà paradossalmente sia all’auto-adorazione dell’uomo che alla fine delta storia. Impegnamoci allora tutti alla nobile causa della celere scomparsa dell’ateismo moderno: da questa morte per inconsistenza intellettuale ormai palese e per le stesse sue controindicazioni morali e sociali verrà un oceano di bene e gli stessi progressi scientifici e materiali ne saranno rafforzati, riequilibrati e reindirizzati.

di Fabrizio Cannone

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