«Luigi Einaudi Padre dei padri e architetto dell’Europa» (Il Giornale di Brescia)

di Claudio Baroni, del 15 Giugno 2015

Da Il Giornale di Brescia del 14 giugno

II prof. Angelo Santagostino ha voluto fare una prova: ha preparato una tavola sinottica, trattato per trattato, articolo per articolo, con accanto idee e previsioni fatte da Luigi Einaudi. Il risultato è stupefacente: l’architettura dell’Unione europea poggia per una parte incredibile – ad esempio 111 dei 358 articoli del Trattato – sulle idee dell’economista di Dogliani. Lui è il vero “progettista” dell’Ue, lui l’ispiratore. «Se vogliamo – spiega il professore – è il padre dei padri. Da un punto di vista tecnico e ideale, ha contribuito come nessun altro alla costruzione dell’Europa unita». Angelo Santagostino è un economista, ha una cattedra Jean Monnet, per quasi trent’anni è stato docente all’Università di Brescia e da due anni ha trasferito la cattedra alla Yildirim Beyazit University di Ankara, in Turchia, alla facoltà di Scienze politiche. «Nove volte controcorrente», nel tentativo di riconciliare europeismo e liberalismo, come spiega nell’introduzione del libro che uscirà in settimana – «L’Unione europea, una visione liberale», Rubettino editore – Nel volume unisce studi e articoli dal 2007 ad oggi. Molti pubblicati anche sul Giornale di Brescia: l’autore è da molti anni nostro apprezzato commentatore di «cose» europee.
Ma come conciliare europeismo e liberismo?
«Due sono gli obiettivi che mi pongo. Il primo è di dimostrare come il pensiero dottrinale che ha portato all’Unione europea sia di matrice liberale. Il secondo è di fare emergere come le politiche di successo della Ue siano quelle di stampo liberale, mentre le difficoltà siano nate con le politiche di stampo interventista». Tutto ruota attorno ad Einaudi? «Se vogliamo, l’antesignano del pensiero liberale europeo è Erasmo e la strada prosegue con altri grandi maestri, passando da Kant a Hayek. Io non voglio riscrivere la storia o togliere meriti ai padri fondatori riconosciuti, ma cercare di evidenziare che i costruttori hanno seguito un progetto, e quel progetto per molti aspetti risale a Einaudi, che sull’Europa ha meditato e scritto per 62 anni. Già nel 1897, ad esempio, pensava ad una politica estera comunitaria. Ed ha poi analizzato tutte le questioni economiche ed istituzionali sul tappeto».
Ma quali sono le politiche liberali di successo?
«Il mercato unico, ad esempio, che infatti è stato sostenuto anche dalla Tatcher e che non può, come fanno molti, essere attribuito ad Altiero Spinelli, che aveva un’impronta più vicina ad una visione comunista. E la politica commerciale europea. Questi due pilastri valgono oggi novemila miliardi di euro l’anno. Molti chiedono cosa possa fare l’Europa per la crescita. Ecco, che cosa può fare: liberare queste due leve potenti. Anche l’euro ha una caratterizzazione liberale, nel senso che toglie ai singoli stati il monopolio nel battere moneta, togliendo loro anche la tentazione di abusarne, e lo affida ad una banca centrale indipendente».
Ma l’austerità, oggi così criticata, come si inquadra in questa logica?
«Pareggio di bilancio, rigore fiscale, tenere i conti in regola sono alla base di ogni impostazione liberale. Possiamo prendercela con l’austerità, ma la causa va ricercata in chi non ha saputo governare la spesa. Se una famiglia o un’impresa spendono più di quanto hanno, poi è inevitabile tirare la cinghia». Un’impostazione di forte rigore, dunque…
«Quello che Einaudi proponeva era il liberalismo delle regole, ma regole leggere, con lo stato che fa da arbitro affinché la competizione sia reale e alla pari, che pone tutti sullo stesso piano».
Ma intanto monta la polemica anti-europea. Qual è la prospettiva?
«Credo che la soluzione stia nel procedere sulla strada del federalismo. Una soluzione, peraltro, possibile solo in società liberali. Come arrivarci? Bisogna evitare l’idea del Superstato, ma pensare a due livelli di confederale, due modi diversi, uno integrazione, uno federale e l’altro più stringente e l’altro più leggero, di aggregare gli stati, poi ciascun Paese sceglie il livello che più gli aggrada».

Di Claudio Baroni

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