La guerra di mala in un romanzo (La Gazzetta del Mezzogiorno)

di Manlio Triggiani, del 25 Giugno 2013

Da La Gazzetta del Mezzogiorno del 22 giugno 2013

Storie di bande dalle lotte coi pitbull ai delitti

Nello spazio di un anno, a cavallo del 1990 e del 1991, Bari segnò un poco invidiabile primato: 65 omicidi in tutta la provincia, dei quali ben 36 in città. Era la guerra fra bande, fra gruppi malavitosi, per raggiungere il predominio nella gestione degli affari illeciti, fra i quali le estorsioni ai commercianti, il contrabbando, il traffico di droga e lo sfruttamento della prostituzione. I gruppi si erano attrezzati anche nel riciclaggio di denaro sporco. Era il frutto di un decennio di ascesa tumultuosa delle famiglie del malaffare nel quale si erano assommati scontri, omicidi, alleanze, intese tradite e sgarri.

Tutto era iniziato nel 1983 quando la Nuova camorra organizzata (Nco) di Cutolo tentò di infiltrarsi nel tessuto imprenditoriale e commerciale della Puglia. Era il tentativo di espansione di una pericolosa frangia di malavitosi campani, che aveva deciso di aggredire un territorio tutto sommato ricco e con una criminalità né organizzata né eccessivamente pericolosa nel territorio. La malavita locale comprese subito che il rischio era troppo alto: restare per sempre tagliati fuori o, nella migliore delle ipotesi, diventare manovalanza della camorra napoletana. La difesa del territorio, di se stessi e dei propri interessi spinse un gruppo di malavitosi salentini a organizzare la Sacra corona unita (Scu). Avvenne nel carcere di Trani: nacque la Scu ed era Natale del 1981; ma la data reale della creazione di statuti, giuramenti e gerarchie è quella del primo maggio del 1983. Pochi giorni dopo, a partire dalle quattro del mattino nel carcere di Bari ci fu una grande perquista come si diceva in gergo malavitoso, una perquisizione da parte degli agenti di custodia che rinvennero in una cella un quadernetto con scritte formule di giuramenti e altri dettagli.

Questi fogli confermarono la soffiata di un detenuto che parlava della nascita di una organizzazione di stampo mafioso. Intanto, in seguito, la Nco non riuscì a colonizzare la Puglia, anche per pesanti contrasti scoppiati in Campania.

Oggi, in un periodo in cui nella letteratura si privilegia il giallo, lo splatter, la cronaca nera «raccontata», un cronista, Ruggero Cristallo (per anni anche a «La Gazzetta del Mezzogiorno»), ha scritto un romanzo che ricostruisce le vicende di quegli anni: La mia stessa legge (Rubbettino ed., pagg. 196, euro 14). «Rocco ‘u uastat» (Rocco il «guastato», il folle) è un anziano boss malato terminale di cancro. È in un letto di ospedale e non può muoversi, ma ricorda tutta la sua vita e quindi le vicende della criminalità barese e pugliese. I contatti con i leccesi, lo scontro fra bande baresi, la conquista dei territori, l’ampliamento degli interessi e i contatti con la malavita del Montenegro. Cristallo non segue volutamente un filo consequenziale delle vicende ma restituisce il clima di quegli anni, i fatti di nera che si sovrapponevano con tumultuosa rapidità e crescente raccapricciante violenza. Scontri, esecuzioni, pestaggi d’avvertimento, violenze contro chi non rispettava le regole ma anche verso piccoli commercianti improvvidi che, ormai nelle mani degli usurai, non erano in grado di far fronte alle richieste degli strozzini.

L’utilizzo della prima persona nella narrazione rende efficace il personaggio e i profili psicologici delle donne della malavita, talvolta a capo di vere e proprie bande. Molte vicende narrate sono prese dalla cronaca nera di vari anni. Alcune vicende possono sembrare esagerazioni: il combattimento del boss Rocco contro un pitbull a mani nude in una gabbia, fino all’uccisione dell’animale, oppure la tortura di un malavitoso facendogli saltare gli arti a colpi di sega elettrica. Invece sono fatti di cronaca realmente avvenuti e Cristallo non usa stratagemmi per impressionare il lettore. Non è letteratura splatter è quello che, fra le altre cose, è successo a Bari e in provincia in quegli anni. È la storia di un boss che, in un letto di ospedale, prossimo alla fine, traccia un bilancio negativo: avrebbe perso tutte le battaglie, bocciando la propria esistenza nonostante abbia sempre risolto, a proprio favore, i periodi negativi e gli scontri contro gli altri clan.

Di Manlio Triggiani

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