Ma il meglio Sud vincerà sul peggio? (Corriere del Mezzogiorno di Domenica)

di Sud non si parla pi, del 22 Settembre 2015

Da Corriere del Mezzogiorno di Domenica

Di Sud non si parla più. Lo diceva Pino Aprile qualche anno fa nel suo fortunato Terroni. Ma gli anni passano e di Sud si continua a tacere. Non se parla in Parlamento, non nei comizi pettoruti di Matteo Renzi o dei molti segreti di partito. un Renzi che scappa da un appuntamento come la Fiera de Levane, per timore di dover parlare di temi che crede non lo riguardinoÈ una questione che ha tutte le caratteristiche di un deserto, da sfuggire e abbandonare perchè difficoltoso da affrontare.
Perciò Lino Patruno emme ne Il meglio Sud (Rubbettino, pagg. 305, euro 15) un ennesimo grido disperato, dopo quelli affidati a Fuoco del Sud (2011) e Ricomincio da Sud(2012) e, nel momento in cui decide di attraversare questo benedetto Sud, alla maniera in cui fece Mosè, quando si propose di portare gli dei alla ricerca della Terra Promessa. Quel deserto gli appare una tragedia demografica, perchè il numero degli anziani è pari a quello dei bambini con meno di un anno. È una tragedia sociale, perchè ci sono e sempre più ci saranno meno lavoratori in grado di versare contributi per sostenere la spesa pensionistica. Una tragedia politica, perchè se diminuisce la popolazione, diminuisce il numero della propria rappresentanza al Parlamento. Una conseguente tragedia economica, determinata dall’attuale disoccupazione giovanile nel Sud, un giovane su due non ha lavoro, con ridotta presenza dello Stato e con aziende che spariscono a vista d’occhio, oltre 300 al giorno, secondo i dati Istat. Una tragedia di fughe continue all’estero e di silenzio, dal momento che la parola Sud, non appare mai nei discorsi dei parlamentari.
A dire la verità di Sud si parla, anzi si sparla. L’economista Emanuele Felice, ad esempio, sostiene che i mali del sud dipendono dalla sua classe dirigente, una visione che risveglia uno come Galli Della Loggia che pure col Sud non è mai stato tenero e gli fa correggere il tiro: è l’intera classe dirigente italiana ad aver prodotto i mali del Mezzogiorno. mali che sono riassumibili secondo Patruno in uno spaventoso museo degli Orrori. Il libro ne censisce una ventina, che analizza e discute. Sono il Federalismo fiscale, che colpisce i più poveri. Il trasferimento di capitali alle Regioni senza perequare in partenza ciò che serve per il sistema viario, ferroviario, ospedaliero. L’assenza di un intervento che garantisca i servizi pubblici essenziali.
Lo Stato mantiene la spesa standard a Nord e a Sud, così dove c’erano pochi asili nido continuano a non aumentare, senza perequazione a monte. La diversità della spesa sanitari calcolata in ragione della presenza di anziani, che sono più a Nord e poi le gabbie salariali e così via. La disamina di Patruno continua analitica e feroce. parte con l’analisi delle infrastrutture, con la situazione ferroviaria. Cinque ore per passare da Roma a Bari, altrettante da Bari a Napoli, dodici da Bar a Reggio Calabria. I treni sono obsoleti, anche su quella tratta che pomposamente dicono servita dalla freccia bianca, dove ci si aspettava da tempo i lavori per la feccia rossa. Sui treni non c’è assistenza di alcun tipo.
Viene ricordata la filippica di Vittorio Feltri apparsa su Il Giornale, quando sul treno freccia rossa da Bergamo a Milano, per uno sciopero viene dismesso il servizio di cucina: il giornalista è costretto a mangiare solo un tramezzino. Per beffa del caso, sullo stesso quotidiano il giorno prima Nino Materi aveva riportato un reportage sullo sgangerato intercity Milano-Foggia, sprovvisto persino di servizio bar.
L’analisi delle infrastrutture passa quindi alla nota dolente del sistema stradale, sullo sconquasso della Salerno-Reggio Calabria, sulle crepe inquietanti nei viadotti della Napoli-Napoli, sulla mai finita Taranto Cosenza. E se si volesse raggiungere Catania partendo da Bari? In treno sarebbe proibitivo. E in aereo? Bisogna raggiungere Roma e attendere la coincidenza. Se ne va un giorno. E la piattaforma logistica sul mediterraneo, quando potrà mai patire se il porto di Taranto aspetta un dragaggio che lo liberi da detriti che si sono depositati sui fondali e tale che si passi dai 12 metri di profondità attuali ai sedici previsti?
Le accuse presentate da Patruno sono a questo punto accompagnate dall’analisi storica delle vicende legate alla diffusione della mafia in Italia.Si parte dall’Unità, quando il fenomeno comincia ad essere registrato in Sicilia. la mafia si dilata, attacca lentamente gli organismi dello Stato, al punto da contagiare uomini come Dell’Utri, uno dei fondatori di Forza Italia. In questo modo si arriva agli ultimi fenomeni di Roma-mafia capitale, mentre in provincia anche le processioni, come nel caso dell’Oppido Mamertina, fanno l’inchino ai capibastone. una disamina sul Sud non può, ammette Patruno, non fare i conti con i propri mali. E questo delle mafie, anche se oggi assistiamo a una globalizzazione del fenmeno, è uno dei mali endemici del mezzogiorno.
il peggio Sud. Un Sud che fa obbrobriosi autogol che quasi si elencano con analisi aritmetica. Il gigantesco ospedale di Gravina mai entrato in funzione; la metropolitana leggera Cosenza-Rende bloccata per faide politiche interne alla regione; abusivismo edilizio sui terreni demaniali di Vibo Valentia; le scarse royalties rivenienti del petrolio lucano; vari ecomostri sparsi tra Campania e Sicilia; fiumi di denari spesi per i rifiuti in Calabria; l’abbandono di Pompei e molto altro.
Ma esiste un Su d migliore? Un Su d non inficiato dalla delinquenza? un Sud produttivo? L’analisi d Patruno si chiude con un elenco di progetti positivi e con un elenco di nomi e di organizzazioni che fanno del Sud un Paese che opera, pensa, s difende. La punta più alta è costituita dal riconoscimento di Matera capitale europea della cultura per il 2019. Un elenco che fa da contraltare al libro delle lamentationens e che tuttavia non risolve la questione delle molte fughe di meridionali verso Paesi esteri alla ricerca di un lavoro mai avuto.

Di Raffaele Nigro

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