La Cittadella regionale e le altre “imprese” di Loiero (Il Quotidiano del Sud)

di Annarosa Macr, del 16 Giugno 2016

Da Il Quotidiano del Sud del 16 giugno

Gentile Signora, vivo in provincia di Catanzaro e per motivi di lavoro sono spesso in auto. Di frequente passo davanti alla Cittadella Regionale. Ricordo il giorno di un caldo settembre del 2005, quando, in una struttura allestita per la circostanza, Agazio Loiero illustrò ai non moltissimi presenti il progetto della “nuova casa” della Regione Calabria e delle opere infrastrutturali che attorno ad essa sarebbero sorte. Ad oltre un decennio di distanza, nonostante i ritardi, posso affermare senza dubbio di essere testimone (e fruitore) dell’azione illuminata di un amministratore, che ha regalato alla collettività un oggettivo fattore di miglioramento della propria quotidianità. Soverato (e quindi costa ionica) e Lamezia {e quindi autostrada, stazione ferroviaria, aeroporto) “si sono avvicinate” di un quarto d’ora. La lungimiranza, per altro, è stata ed è un ingrediente spesso presente nelle azioni di Loiero. Nel 2000, con il “Patto di ferro”, propose una lucida analisi del fenomeno leghista e di quanto esso avrebbe pervaso negli anni a venire la vita politica italiana. Qualche tempo dopo, invitando Wim Wenders, creò le condizioni perché il nostro Paese e l’Europa tutta, prendessero consapevolezza di quello che stava accadendo sulle coste ioniche e spunto per la soluzione di uno di problemi più tremendi che assillano il mondo oggi. “La vera utopia non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato in alcun paesi della Calabria, Riace in testa”. Wim Wenders, Berlino, 2009) In entrambi i clamorosi casi, i più non si accorsero o non capirono… Noi Calabresi, accecati da un insensato e superficiale mito giovanilistico, siamo stati così bravi da “confinare” in nostro ex governatore nel mondo dei libri (per me – dicendola con Leibniz – il migliore dei mondi possibili). Dal quale, però, con il suo recente “Lorsignori di ieri e di oggi”, Loiero si è tolto lo sfizio di ricordarci di essere ancora l’unico di noi in grado di dare del tu alla politica italiana. Francesco Papero – (Invadi (Cz)
Non ho tolto e non ho aggiunto una virgola alla sua lettera, caro signor Paparo, perché di un raro documento si tratta: non capita tutti i giorni che un cittadino calabrese (se c’è una cosa – una?! – che manca a noi Calabresi, ahimè, è il senso della storia), né parente, immagino, né sodale di un ex Presidente di Regione, ex ministro, ex deputato, ex senatore, insomma di un “ex” come Agazio Loiero (o dei suoi progetti futuri mi sfugge qualcosa?), gli conceda pubblicamente l’onore delle armi. In realtà Loiero fu sconfitto da Scopelliti nel 2010 e siccome andò come andò, fu la storia, tanto per restare in tema, e anche la magistratura, che ogni tanto ci mette lo zampino, un po’ prima di lei, a concederglielo, quell’onore, carissimo lettore. E pure la rivista Fortune che, quando annoverò il sindaco di Riace Mimmo Lucano tra i politici più illuminati del mondo (e i Calabresi ne ebbero un motivato scatto d’orgoglio) forse non sapeva che era stato Agazio Loiero, da, Presidente della Regione, a fornire il collante (legislativo) al tanto decantato “modello Riace”. E anche quello culturale: peccato che quando Wim Wenders arrivò in Calabria col suo “Volo”, per raccontare la Calabria di Riace, fu accolto dai Calabresi più o meno come un marziano visionario: agli artisti si sa, qualche volta l’orologio della storia (ancora!) corre troppo in fretta…
E siccome di piccole (o grandi) storie di piccoli (o grandi) uomini è fatta la Storia (ancora e ancora!) Agazio Loiero ha preso l’arma più affilata che possiede, la penna, e si è messo a raccontare le vite degli altri, di “Lorsignori di ieri e di oggi” (Rubbettino), da Giuliano Amato a Walter Veltroni, in rigoroso ordine alfabetico, passando per Renzi e Berlusconi, D’Alema e Crozza, Grillo e Di Pietro, eccetera eccetera: i potenti, insomma (politici, comici e giornalisti) di questo nostro squinternato, e liquidissimo, tempo. Il genere è quello dei “medaglioni” (da Svetonio, per scomodare i supermodelli, a Gianfranco Perna, per tornare quaggiù); lo stile è quello graffiante e ironico di uno dei miti di Loiero, Fortebraccio; il linguaggio è quello colto, lieve e rotondo di Agazio Loiero, che per quasi tutti i Calabresi è (stato) un politico di lunghissimo (e accidentatissimo) corso, per noi giornalisti, invece, soprattutto un bravissimo collega, scoperto da Piero Ardenti, che ne scoprì il talento e lo fece debuttare giovanissimo sul Giornale di Calabria, e poi, passando per il Messaggero e la Stampa, firma particolarissima dell’ Espresso: da Ministro della Repubblica e con lo pseudonimo di “Minister”(era il titolo della sua rubrica), svelava i retroscena di quella stanza dei bottoni di cui lui stesso era coinquilino.
In fondo, questa era ed è la forza di Loiero: essere dentro il Potere e, scrivendone, tirarsene fuori. E, attraverso la scrittura, che quando è “buona” sopravvive ai fasti e ai nefasti di “lorsignori”, non correre l’ ineluttabile rischio di tutti i politici: quello di diventare un “ex”.

di Annarosa Macrì

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