Filosofia e filologia come risorse per le democrazie del XXI secolo (odysseo.it)

di Mario Castellana, del 16 Aprile 2020

Tra gli effetti collaterali  ma non secondari  che sta provocando la vicenda del Covid-19 va segnalato quello relativo alla tenuta dei sistemi democratici nel mondo, come del resto è stato evidenziato nella recente intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore da parte di Vera Jourova,  Vicepresidente della Commissione Europea con delega ai valori Ue e trasparenza, che ha dichiarato “con il virus non va uccisa la democrazia”; occorre tenere presente in primis che la democrazia è un vero e proprio valore  emerso a livello europeo in tutta la sua cogenza dopo le macerie del secondo conflitto mondiale, fatto che spesso si dimentica e che  trova nell’antica Grecia la sua prima reale manifestazione, come viene ribadito con articolate argomentazioni nel recente volume dal significativo titolo Democrazia avvelenata(Soveria Mannelli, Rubbettino Ed. 2018) ad  opera di Dario Antiseri, Enzo Di Nuoscio e Flavio Felice.

Tale volume, che si potrebbe considerare un vero e proprio manifesto della scuola di Dario Antiseri da tempo impegnato in tale linea di pensiero caratterizzato dal non comune duplice versante epistemologico e politico, ci aiuta a capire le non lineari vicende storico-concettuali dell’idea di democrazia e soprattutto ci mette in guardia  dalle diverse insidie di varia natura che ne stanno minando il ruolo propulsivo e nello stesso tempo ritenuto insostituibile;  in tutte le pagine si ribadisce con forza che le democrazie sono state una faticosa conquista  e vanno salvaguardate ad ogni costo in quanto vengono a costituire il reale storico per eccellenza, frutto soprattutto del continuo sforzo razionale dell’uomo.  E come ogni reale e in questo caso un ben preciso reale storico con le diverse e  a volte contraddittorie dinamiche, ha le sue rugosità da indagare con vari strumenti di natura ermeneutica e non facilmente inquadrabili in schemi unilaterali, strumenti che, come sottolineano i tre studiosi, trovano nei lavori di Karl Popper, Hans Gadamer e Gaetano Salvemini  punti di riferimento non secondari.

Nel suo saggio dal  titolo ‘Europa avvelenata’, Dario Antiseri, noto soprattutto per la monumentale opera storiografica Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi   scritta insieme a Giovanni Reale e tradotta in varie lingue come quella russa prima e quella cinese in corso, ci ricorda sulla scia di Popper che la democrazia è una conquista dovuta a quella che chiama ‘battaglia delle idee scoperta dai Greci’; tale fenomeno storico-culturale  è considerato unico perché ha permesso  la libertà di pensiero e dovuto al fatto che nel V secolo gli Ateniesi, commerciando con i vari popoli del Mediterraneo definito da Paul Valéry ‘il mare del possibile’ per aver dato l’incipit alla filosofia, sono venuti a contatto con una varietà di idee religiose, scientifiche e politiche che sono state discusse liberamente inaugurando una vera e propria ‘tradizione critica’ unica nel suo genere. Questo spiega quello che è stato definito da vari storici del pensiero filosofico-scientifico il ‘miracolo greco’ dovuto per Michel Serres, Popper e lo stesso Antiseri al fatto che si svilupparono contemporaneamente scienza, arte, filosofia e democrazia; non a caso da Antiseri viene analizzato, attraverso Tucidide, il punto di vista di Pericle che considerava strategica ‘la discussione per agire saggiamente’ e per tale motivo si mette in evidenza lo stretto rapporto tra filosofia e democrazia sin dall’inizio che poi spiega l’incompiutezza sia dell’una che dell’altra e la necessità di una riforma continua delle  basi  del sistema democratico per gli inevitabili errori che si compiono nel renderlo operativo.

Antiseri poi negli ultimi lavori, come L’invenzione cristiana della laicità del 2017 e L’anima greca e cristiana dell’Europadel 2018, sottolinea che la democrazia è diventata, sia pure dopo travagliati processi storici, un patrimonio dell’intera Europa che deve alla cultura cristiana quel faticoso cammino che, pur costellato da lotte interne, ha portato alla laicizzazione dello Stato e alla sua deassolutizzazione, indispensabili per l’esercizio reale delle regole democratiche dove sulla scia di Popper è ritenuto fondamentale il controllo su chi esercita il potere. Ma in una ‘Europa avvelenata’ come quella attuale e assediata dallo strapotere dei mass-media e da loro uso in senso populistico che sta minando la credibilità dei sistemi democratici, diventa per Antiseri e per Enzo Di Nuoscio indispensabile ricorrere ad una robusta  formazione umanistica di base per fornire agli studenti e alla società più in generale quegli strumenti critici che permettono adeguate protezioni dai più sofisticati sistemi di controllo delle menti nascosti nelle nuove tecnologie dell’informazione.

Sulla scia di Martha Nussbaum e dei lavori di Gaetano Salvemini, Enzo Di Nuoscio a sua volta ribadisce i fili inscindibili che legano la filosofia e le scienze umane più in generale alla democrazia e anzi ne sottolinea la necessità in quanto ne favoriscono ‘la pratica’ per salvarla con tutto il suo corredo di valori e per formare in maniera concreta ‘l’homo democraticus’; quello che chiama ‘indebolimento delle scienze umane’ che poi ‘provoca inevitabilmente l’indebolimento  della democrazia’ dovuto a ‘vecchi e nuovi nemici’,  può essere superato nel fare ricorso a delle risorse come la filosofia e la filologia. L’argomentazione dei punti di vista e lo studio dei testi con le traduzioni dal greco e latino sono  ritenuti strumenti più in grado di elaborare menti aperte alla discussione critica per evitare quel veleno che  Di Nuoscio chiama provocatoriamente ‘nuovo spettro’ che porta alla ‘democrazia del pubblico’ e  trova le sue basi   nelle manipolazioni ideologiche operate sui social dove non si possono controllare le informazioni e si rendono i cittadini passivi, ingannati come dice Antiseri da abili ‘muezzin’ annidati nei più disparati ‘minareti’.

Di Nuoscio, sulla scia di Antiseri che ritiene necessaria ‘più filologia nel mondo di Google, prospettiva che un nemico occulto non vuole’, ci offre tutta una serie di  accorgimenti tratti dall’insegnamento della filosofia e della cultura umanistica più in generale per arrivare a quella che chiama ‘democrazia dei cittadini’ dove possono acquisire autonomia di giudizio e per permettere che il ‘demos’ non venga ridotto a ‘pubblico’ e che i cittadini  non diventino dei sudditi; nello stesso tempo per superare la ‘democrazia avvelenata’ da altre insidie tipiche di un certo ‘capitalismo storico’ come la finanziarizzazione dei processi economici e lo sviluppo di monopoli che sfuggono alle regole democratiche, si ritiene necessario acquisire  il senso storico che a volte manca  nei più giovani e in quegli che vengono chiamati ‘nativi digitali’, i quali in preda alla ‘tirannia del presente’ e dei ‘tempi affrettati’ e più addestrati dalle ‘nuove tecnol touch -and- go nel risolvere rapidamente esercizi meccanici’ danno tutto per scontato, compresa la democrazia che invece è stata conquistata con enormi sacrifici e frutto del continuo confrontarsi con le rugosità del reale sociale e umano attraverso il confronto critico con le diverse ipotesi in campo, prerogativa di fondo della filosofia e della filologia.

Per Di Nuoscio, sulla scia di Gaetano Salvemini, la conoscenza storica permette di avere della democrazia una visione meno idilliaca, piena sì di difetti da correggere, ma nello stesso tempo  di non ‘scambiare tali difetti come il suo fallimento’ e soprattutto di ‘credere che sia irreversibile’ con delle fragilità strutturali che vanno individuate tempestivamente; per questo occorre coltivarla continuamente, come la ragione stessa per non cadere in periodi bui che l’hanno spesso caratterizzata. E con Salvemini egli conclude sta a noi scegliere ‘tra il purgatorio della democrazia o l’inferno della dittatura’, confidando con Giovanni Sartori ‘che la democrazia è un’apertura di credito all’homo sapiens’  e se saprà affrontarla con una mente critica e storica insieme, grazie all’aiuto del sapere umanistico, ha molte più possibilità di ‘restare a lungo homo democraticus’.

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