Misteri e miti di una storia surreale (Calabria Ora)

di Maria Teresa D'Agostino, del 28 Marzo 2012

Da Calabria Ora – 28 marzo 2012
Lo scrittore Domenico Zappone trasporta il curioso lettore nel suggestivo mondo del grande Corrado Alvaro
«Bella e terribile la montagna d’Aspromonte, ha prati di smalto, sorgenti freschissime, inaccessibili forre, pietraie nude e scintillanti, tronchi unghiati dal fulmine, sentieri, fosse per la neve, boschi e lupi… ».
Una narrazione “fitta di misteri e miti”. Una vita di eccessi e stravaganze. E, dietro, il divorante “male di vivere”. Desiderio di felicità, da una parte, e inquietudine estrema, dall’altra, nell’esistenza di Domenico Zappone, mente acuta e brillante, intellettuale e giornalista dalla penna in perenne e fascinosa sospensione tra il reale e il fantastico. Figlio della Palmi dei grandi scrittori, come Leonida Répaci e Antonio Altomonte, non ebbe la fortuna letteraria che meritava. Ora il suo talento torna a farsi voce e racconto di mondi lontani, eppure ancora a noi tanto vicini. “Il pane della Sibilla, viaggio nei luoghi di Corrado Alvaro“, curato con maestria da Santino Salerno per Rubbettino editore, è una selezione dei suoi migliori scritti sull’universo alvariano: episodi, ricordi, figure della famiglia e personaggi appartenuti all’epoca dello scrittore sanluchese. Articoli apparsi su diverse e importanti testate nazionali, tra il 1951 e il 1976, da cui appare, evidente e tangibile, l’attrattiva esercitata da quel mondo intriso di arcaici silenzi e aspre bellezze naturali sullo spirito tormentato di Zappone. È un forte «sentimento di identificazione e di vicinanza» quello di Zappone ad Alvaro, spiega Salerno nel suo bellissimo saggio introduttivo, «una comune predisposizione d’animo verso una poetica del rimpianto di un mondo perduto, di una civiltà e di una cultura che vanno scomparendo». Gli ultimi pastori d’Aspromonte, i vecchi saggi di un novello areopago, i segreti di Antonia Giampaolo, madre di Alvaro, il brigante Musolino nel manicomio di Reggio Calabria, Cesare Pavese al confino di Brancaleone, la poesia di Marianna Procopio, madre di Mario La Cava. E le leggende sospese tra l’Aspromonte e il mare. Zappone ricevette elogi da Leonardo Sciascia, dall’editore Valentino Bompiani, e da molti altri intellettuali del tempo, ma, dice Salerno, «il limite era dentro di sé, nel suo modo di essere poco incline a certi riti, ai vezzi di una società che richiedeva continue sovraesposizioni». Il contrasto interiore lo dilaniò. «Non resse a lungo» conclude Salerno, e nel novembre del 1976 pose fine alla sua travagliata esistenza. Lasciandoci i suoi scritti di “poeta maledetto”, e una prosa che affascina e cattura con la sua modernità.

Di Maria Teresa D’Agostino

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