Sonia Serazzi: il Sud piangente che sa sorridere (politicamentecorretto.com)

di Domenico Bilotti, del 1 Agosto 2018

Sonia Serazzi ha pubblicato per i tipi di Rubbettino un libro che profuma di terra bagnata da un temporale estivo, di un’afa martellante che è rischiarata e rinfrescata da qualche torrente e dal profumo dei fiori che non ne vuole sapere di abbandonare i quadrivi e le strade interpoderali. “Il cielo comincia dal basso” è un tributo alla semplicità, è una narrazione senza concatenazione vorticosa di eventi, è respiro fatto di artigianato della parola e di mitezza della scrittura: quella mitezza che, facendosi cristallina, prende poi vita e sostanza più delle macchinazioni fantasiose o delle scorribande senza senso nelle divagazioni letterarie fini a se stesse. 

Lo scenario del libro conta quanto la sua trama, anzi la sopravanza: compassata e tenuissima la seconda, di impatto caloroso fino al dinamismo il primo. È la storia di chi ritorna a casa, senza sapere all’inizio del viaggio che è davvero a casa che si sta facendo ritorno. 

La vicenda è quella di una laureata che rientra in regione. Lo testimoniano i lunghissimi convogli ferroviari, la frugalità e contemporaneamente l’irrinunciabilità dei pasti in comune, il gioco mai sentenzioso di citazioni prese dalle Scritture, che non fanno “confessionismo” porta a porta, ma che semmai rimandano alla natura di fonti narrative dei diritti religiosi e dei loro racconti tradizionali. Quella sensibilità che gli esegeti dei sistemi culturali ritrovano nelle pagine di Edoardo Dieni o nelle opere a quattro mani di Amos Oz e Fania Oz-Salzberger: l’ethos di un popolo trasmesso col linguaggio, col territorio, con la terra e la sua disciplina. 

Sonia Serazzi non gioca a fare un piagnisteo del Sud tutto basato di recriminazioni identitarie, di vaghe denunce legalistiche o di malintesi stati di decadenza permanente. Non è l’Africa in Italia e contemporaneamente è anche Africa d’Italia: è meta, non barriera; può essere approdo, non confine. 

La Serazzi ci ricorda un’antropologia della famiglia meridionale che credevamo dispersa, schiacciata nel suo conformismo, impiccata solo al lato più retrivo dei suoi modelli convenzionali. E invece no: la protagonista, Rosa Sirace, vive un’unità familiare, semplice, ristretta, ma dove ci sono forme di relazione affettiva proprio per questo autentiche, scarnificate, gravide della loro stessa sobrietà. 

La scrittura dell’autrice napoletana, pulita e chiara e trapunta di immagini che comunicano con empatia e colori caldi e rurali, ci porta a spasso in una Calabria dimenticata. Quella che ritenevamo di avere sepolto con Strati e Alvaro, quella scottata per sempre e rimossa e violentata, e che invece è lì. Non sgomita, non fa grandi eventi, non si adagia nel suo minimalismo. Vive, soffre, prende le misure di ogni giorno trattando ogni giorno con la stessa delicata sopportazione. È una scrittura intagliata e pregiata, che va dal tocco vivido all’introspezione insistita, senza mai tramortire la pagina dell’inutile. “Il cielo comincia dal basso” è un gran libro: non lo strombazza la sua taglia, lo certifica la sua voce.

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