Politica e ‘ndrangheta, perché la Lombardia ha “ceduto”

del 8 Aprile 2013

Dal Corriere di Como del 6 aprile 2013

«La ‘ndrangheta d’oggi è questa. S’è trasformata e per alcuni tratti è irriconoscibile. Ne ha fatto di strada da quando i primi picciotti sono arrivati nelle nebbie del Nord. Allora è stata considerata come un’accozzaglia di delinquenti e oggi, invece, è diventata una realtà a più facce capace d’unire violenza, impresa economica, apparato simbolico e struttura di potere in grado di relazionarsi con il mondo istituzionale e con la società civile». Sono le parole conclusive del capitolo che Enzo Ciconte ha dedicato alla Lombardia nell’ultimo suo libro, Politici (e) malandrini (Rubbettino, pagine 426, euro 14). Giornalista e docente universitario, Ciconte è il primo a inquadrare dal punto di vista storico il rapporto tra la politica e le ‘ndrine calabresi. «Ho tentato di spiegare un fenomeno che non era mai stato indagato in modo organico e che parte dall’Unità d’Italia sviluppandosi fino ai giorni nostri a diverse latitudini». Anche al Nord, com’è ormai noto. «Certamente, anche al Nord. In Lombardia, soprattutto, la ‘ndrangheta si è insediata e rafforzata a partire dagli anni ’90 del secolo scorso». 

Qual è il rapporto tra politica e ‘ndrangheta? 

«Bisogna distinguere due fasi. Nella prima, più lontana nel tempo, la ndrangheta è stata subalterna alla politica. Nella seconda, che inizia negli anni ’80 del Novecento e si protrae fino a oggi, i rapporti si sono ribaltati. La ndrangheta è diventata più forte della politica fino a entrarci direttamente con i suoi uomini. Se guardiamo la Lombardia, il Piemonte o la Liguria, questo fenomeno è esploso in particolare negli ultimi 10 anni e ha significato un vero e proprio “salto”. Voglio dire che svela la decisione della ndrangheta di rafforzarsi a tal punto da governare l’ente pubblico. Di qui la scelta di avere rapporti politici». 

Sembra uno scenario inquietante. «Lo è, in assoluto. Dovrebbe preoccupare tutti quanti, perché la presenza economica si può combattere, l’infiltrazione politica è decisamente molto più insidiosa». 

Le cosche calabresi però tendono a eleggere i propri affiliati, i congiunti. Non dovrebbe essere complicato individuarle. 

«Il tallone d’Achille delle ‘ndrine sono i rapporti familiari che però adesso tendono ad allargarsi. Si utilizzano i paesani o parenti meno stretti».

Ma com’è stato possibile per i politici “mafiosi” agire liberamente? 

«Per un senso di impunità della classe politica che si è progressivamente affermato. Pensavano di essere padreterni. Alla domanda del pm che gli chiedeva perché avesse voluto candidarsi, un politico pavese ha risposto: “Per vincere”. Se il tuo scopo è vincere a tutti i costi, allora puoi prendere i voti da chiunque». 

Come funziona il voto di scambio? Come fanno le ‘ndrine a “girare” il consenso ai politici collusi? 

«Con un sistema clientelare classico. I capibastone hanno un pacchetto di voti e lo mettono a disposizione. Attenzione, però: non sono voti di affiliati. Spesso si cade in questo errore che è grave perché indirettamente consegna le comunità calabresi alla ndrangheta. Sono voti di conoscenti, persone che devono un favore, voti di amici o di parenti». 

Qualcosa che ha funzionato anche in Lombardia. 

«Assolutamente. Le cosche hanno gestito pacchetti di voti per insediarsi nelle istituzioni, per entrare nelle giunte e nei consigli comunali. Quando sei dalla parte del potere è la gente che viene da te a chiedere sostegno, raccomandazioni e altro». 

Ma perché la Lombardia è stata terreno così fertile per il rapporto tra politica e ‘ndrangheta? 

«Lo illustro diffusamente nei miei libri: per gestire in modo diretto la torta degli appalti pubblici». 

E la politica, che cosa ci ha guadagnato? 

«Il consenso. Come spiego nel capitolo sulla Lombardia, venute meno le ideologie, incrinate le appartenenze politiche, annebbiati i valori di riferimento e con partiti sempre più evaporati, la spinta a chiedere i voti a chiunque fosse disposto a fornirli, senza curarsi della provenienza, è diventata una scorciatoia e un’attrazione irresistibile».

Di Dario Campione

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