Un immigrato sulla Luna. Storia di Rocco Petrone, l’italiano che lanciò il razzo, in un doc (bookciakmagazine.it)

di Toni De Marchi, del 18 Luglio 2019

Renato Cantore

Dalla Terra alla Luna

Rocco Petrone, l'italiano dell'Apollo 11

Presentato a Matera, nell’ambito della “Settimana della Luna” e poi in onda su History (canale 407 Sky), “Luna italiana” di Marco Spagnoli dedicato a Rocco Petrone, direttore delle operazioni di lancio dell’Apollo 11, rimasto a lungo nell’ombra. A restituirne il ruolo chiave a cinquant’anni dall’allunaggio il libro di Renato Cantore (“Dalla Terra alla Luna, Rocco Petrone, l’Italiano dell’Apollo 11″, edito da Rubbettino), a cui è ispirato questo documentario che rende omaggio a Petrone, figlio di emigrati lucani negli States, che ha scritto una straordinaria pagina di storia dell’umanità …

Quando il lancio di un missile era ancora un evento televisivo, a molti di noi più stagionati è capitato di seguire in tv un conto alla rovescia. Ma pochi, credo, sono andati oltre la voce che scandiva i numeri. Persino la notte del 16 luglio 1969, quando il razzo Saturn V lascia la Terra per portare i primi uomini sulla Luna, nessuno probabilmente si chiese chi fosse l’uomo del dieci, nove, otto…

 

A cinquant’anni di distanza potete scoprire il nome e il volto: Rocco Petrone. Figlio di immigrati lucani in America, direttore di lancio della missione Apollo 11, la cui storia è stata raccontata prima in un libro di Renato Cantore (Dalla Terra alla Luna, Rocco Petrone, l’Italiano dell’Apollo 11, edito in Italia da Rubbettino) e adesso dal documentario Luna italiana, diretto da Marco Spagnoli e prodotto da Istituto Luce-Cinecittà per A+E Networks Italia con il patrocinio di Agenzia Spaziale Italiana e in collaborazione con la Nasa.

 

Il lavoro di Spagnoli è interessante per due motivi principalmente: perché ricostruisce in pochi minuti la storia della sfida spaziale tra americani e sovietici (sfida largamente vinta da questi ultimi anche se l’allunaggio di Armstrong & Co la ha un po’ riequilibrata soprattutto dal punto di vista mediatico) e perché in qualche modo entra, senza enfatizzarlo ma con grande efficacia per chi vuol capire, nel surreale dibattito italo-italiano (come direbbero i francesi) sull’immigrazione e l’emigrazione.

 

Che è lo stesso fenomeno visto da due soggettive speculari. “Porto sempre come esempio Rocco Petrone, uno che nelle campagne della Lucania non avrebbe fatto probabilmente molto, qui diventa direttore non solo di lancio ma di tutto il progetto Apollo, una delle operazioni più straordinarie della storia dell’umanità” dice Piero Angela intervistato da Spagnoli.

Un piccolo inciso: quando nella lista degli intervistati ho letto il nome di Angela mi sono detto questo lo usano come il prezzemolo: ci va dappertutto. Ma devo ammettere che le sue osservazioni sono le più interessanti e le meno scontate di questo documentario. Chapeau.

L’altra soggettiva è la notazione di Cantore, autore del libro su Petrone: la famiglia di Rocco “partì da Sasso di Castalda nel 1921, tre mesi prima che l’America chiudesse le frontiere con la prima legge anti-immigrati”. Una storia che qualcuno dovrebbe raccontare ai salviniani immemori di oggi.

Petrone, benché sconosciuto ai più e quasi invisibile alla ribalta della Storia, non era uno scienziato, ma un ex militare, ingegnere meccanico, grande e determinato manager, noto per alcune sue asprezze ma anche per il puntiglio che metteva nel suo lavoro.

Cantore racconta nel documentario di come Petrone indirizzò perfettamente un tecnico verso un punto del gigantesco razzo Saturn 5 (un bestione alto 110 metri) poco prima di un lancio facendo scoprire un minuscolo bullone inserito male che avrebbe potuto provocare una tragedia.

È questa capacità di vedere l’insieme senza perdere il controllo delle minutiae che fa la differenza. Ed è questo suo essere diverso che probabilmente fa dire a Isom A. “Ike” Rigell, il vice di Petrone nel programma Apollo, che senza Rocco Petrone “non saremmo mai arrivati sulla Luna in tempo o forse non ci saremmo mai arrivati”.

Una visione interessante, senz’altro utile, anche se al doc di Spagnoli manca un po’ di pathos. Il racconto c’è, manca forse la passione e la capacità di coinvolgere lo spettatore. Un po’ troppo scolastico, avrebbe potuto essere una grande tragedia greca.

 

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