Si è spento domenica a Cosenza Mario Alcaro, filosofo antidogmatico (Il Manifesto)

di Guido Liguori, del 12 Giugno 2012

Da Il Manifesto – 12 giugno 2012
Un apostolato meridionalista
La scomparsa di Mario Alcaro, avvenuta a Cosenza domenica scorsa al termine della malattia che lo tormentava da tempo, costituisce una perdita grave non solo per chi abbia avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo, ma per tutta la cultura e la sinistra italiane. Alcaro è stato un intellettuale che ha coniugato in modo inscindibile pensiero critico e impegno politico. Fuori dagli schemi, animato da spirito antidogmatico, informale, intrinsecamente democratico, ha vissuto con passione e partecipazione, in modo non separato, la militanza politica, la vita universitaria (dagli anni ’70 ha insegnato all’Università della Calabria), la ricerca teorica, l’attività culturale.
Negli ultimi anni ha contribuito alla direzione dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra, di Critica marxista, del Centro per la filosofia italiana. E si è battuto con forza contro le varie «riforme» universitarie che hanno tentato di ridurre la trasmissione della conoscenza a un sistema di «debiti» e «crediti», ricaduta di quella egemonia neoliberista a cui si è opposto da sempre con grande convinzione (nel 2003 aveva tra l’altro pubblicato Economia totale e mondo della vita. Il liberismo nell’era della biopolitica). Al centro del suo impegno il tentativo di diffondere una visione non stereotipata del Mezzogiorno. A partire da fine anni ’90 vi era stata l’esperienza importante della creazione e direzione di Ora locale (si veda l’antologia Politica e cultura in Calabria. Ora locale 1996-2005, del 2006), rivista alfiere del nuovo meridionalismo del quale Mario fu tra i protagonisti, accompagnato da una infaticabile opera di organizzazione e confronto pubblico, in quello che non a torto è stato definito «una sorta di apostolato meridionalista e democratico». Del 1999 è il suo volume Sull’identità meridionale, che si ricollega idealmente allibro scritto vent’anni prima con la sua compagna di una vita, Amelia Paparazzo, su Lotte contadine in Calabria (1976). Nel suo Sud vi era la difesa delle ragioni del «codice materno», intriso di capacità di comprendere prima che di giudicare, e il ripensamento in positivo dei legami comunitari, in grado di sostenere un «individuo sociale» non lasciato solo davanti alle spietate leggi dell’economia. Da qui faceva derivare anche la necessità di un modo rinnovato del «fare politica», lontano dai vizi storici delle sinistre, individuati nel narcisismo leaderistico e nell’impulso alla divisione e alla contrapposizione. Come studioso di filosofia – tradendo le aspettative di chi lo preferiva giovane calciatore di belle speranze nella natia Catanzaro – Alcaro si era formato alla scuola messinese del marxismo di Galvano della Volpe e aveva dedicato i primi Studi al pragmatismo di Peirce e Dewey (La logica sperimentale di John Dewey, 1972; e poi John Dewey. Scienza, prassi democrazia, 1997), oltre che alle epistemologie post-positivistiche (La crociata anti-empiristica,1981; Filosofie democratiche. Scienze e potere in Dewey, Russell, Popper, 1986; Bertrand Russell,1990). Del dellavolpismo aveva studiato le ricadute politiche sulla «nuova sinistra», alle cui esperienze aveva partecipato da giovane (Dellavolpismo e nuova sinistra, 1976). Al marxismo severo dei suoi maestri aveva affiancato i filosofi della democrazia. Il suo Dewey preferito era quello dell’autogoverno, della comunità locale, che affermava – parlando del rapporto tra dirigenti e diretti – che se il calzolaio ha fatto bene la scarpa lo può giudicare solo chi la deve indossare.

Dalla metà degli anni ’90 Alcaro aveva aperto un nuovo fronte teorico, in realtà presente già prima ma ora destinato a venire in primo piano, in uno col suo modo caratteristico di unire il pensiero con il vissuto, senza separazioni. Era la riflessione sul grande tema della Natura, vista come fondamentale nell’uomo e in tutto l’esistente.

libri come L’essere inquieto. Misteri e prodigi della natura (1994) e Filosofie della natura. Naturalismo mediterraneo e pensiero moderno (2006), oltre al volume collettivo, da lui curato, L’oblio del corpo e del mondo nella filosofia contemporanea (2009), testimoniano di un materialismo forte e della riscoperta della antica filosofia della sua. terra, della Calabria, del Mezzogiorno e di tutta la cultura del Mediterraneo.

Quasi a suggello di questa ricerca, di recente aveva curato una Storia del pensiero filosofico in Calabria da Pitagora ai giorni nostri, di prossima uscita presso Rubbettino. Il fascino di Mario – a vederlo da vicino – stava nell’impasto raro di pensiero filosofico, comprensione umana, curiosità intellettuale, capacità di insegnamento (era amatissimo dai suoi studenti, ma era maestro non solo per loro), cordialità di rapporti, passione politica. Una grande passione politica, che per lui voleva dire soprattutto umanesimo antieconomicistico e fedeltà alla propria storia, ma senza dogmatismi.

Una lezione da ricordare.

Di Guido Liguori

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