L’Italia come l’Argentina? Similitudini e contraddizioni di due democrazie malate (Il Sannio)

del 23 Marzo 2012

Da Il Sannio – 23 marzo 2012
“L’ Italia come l’Argentina? Similitudini e contraddizioni di due democrazie malate” è il saggio scritto dal sannita Bruno Carapella (esperto di politiche pubbliche e di sviluppo territoriale, presidente della Foudation Euorsur per la cooperazione fra l’Europa e l’America Latina, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e anche di un romanzo noir) e Daniela Kutyn (esperta di politiche pubbliche, docente di Politica Internazionale presso l’Università del Salvador di Buenos Aires). Il volume (edito da Rubettino, di pagine 182, in vendita a 16 euro) si divide in due parti. La prima dedicata al Bel Paese, scritta da Carapella; la seconda dedicata all’Argentina, scritta dalla Kutyn. Il lavoro approfondisce le dinamiche strutturali delle crisi che avviluppano, presentando notevoli analogie nonostante tante differenze, i due Paesi. […]
Quella italiana è una società conservatrice, dal Sud al Nord del Paese si registra ormai almeno da 4 decenni “una resistenza straordinaria all’innovazione sociale… l’Italia sembra muoversi con il passo di una lumaca in un mondo che corre alla velocità di un antilope. In questa lentezza va trovata la ragione vera per la quale, ogni tre mesi, scopriamo che in qualche classifica OCSE siamo scivolati dietro qualche Paese che neppure sappiamo dove è posizionato sulla carta geografica”. Si afferma sempre più la convinzione diffusa di una società in ineluttabile declino. Insieme al convincimento che una difesa pedissequa dello status quo, dei distretti industriali italiani, della piccola impresa sia il modo migliore per contrastare il declino, senza capire che proprio questo conservatorismo è la causa principe del declino italiano. China di decrescita che – nota Carapella – si manifesta: nelle difficoltà di accesso alla casa ed al mercato del lavoro per i giovani; nel predominio di corporazioni professionali che difendono rendite parassitarie; nella gerontocrazia della classe dirigente, non solo quella politica, ma fatte salve poche eccezioni anche quella. dell’ economia privata. L’autore passa in rassegna altri elementi chiave del caso Italia: la rappresentanza politica e parlamentare, i suoi limiti e la sua evoluzione nel tempo; la contrapposizione dialettica eccessiva tra magistratura e ceto politico; la crisi del modello educativo italiano, oberato da un eccesso di aspettativa e fiaccato da carenza di investimenti, e al tempo stesso ingessato, autoreferenziale, dominato da logiche di casta soprattutto per quanto concerne il sistema universitario. Nella seconda parte dell’opera la Kutyn parla della storia argentina, oscillante tra democrazia ed autoritarismo, con pagine dolorose e buie come “il colpo di Stato del 1976, che instaurò al potere la dittatura militare più autoritaria e violenta di cui si abbia memoria”, fino ad arrivare ai giorni nostri, alla vittoria di Cristina Kirchener, l’attuale presidente argentino. L’autrice considera il perso pervasivo del sistema dei mass media e la sua strumentalizzazione a fini politici nel Paese sudamericano, dove più che altrove i “media sono al centro della lotta politica”. La Kutyn parla del declino e della crisi del modello educativo argentino dove ai più poveri è riservata “l’educazione peggiore”, danno terribile alle prospettive di crescita del Paese sudamericano. Un altro aspetto deteriore consiste nel fatto che “la relazione fra il sistema educativo e quello produttivo non sia stata sviluppata all’interno della politica educativa”. Grande attenzione alla crisi dell’ economia argentina, al default dei primi anni 2000 e alla parziale ripresa degli ultimi anni in termini di esportazioni agricole e alimentari. Un modello di sviluppo fondato su una monocoltura economica, che appare intrinsecamente fragile. Un Paese debole dato che “l’economia argentina non è riuscita ad aumentare la propria partecipazione alle esportazioni nel settore dei servizi e non sembra che l’innovazione oggi sia l’asse motrice di una politica di sviluppo”. Ultimo approfondimento, del denso saggio, nella parte curata dalla Kutyn, la considerazione delle gravi tensioni sociali e della crescita della criminalità determinata dai problemi strutturali irrisolti dell’economia argentina. La conclusione dei due autori è che “nonostante i processi di formazione dello Stato e la storia politico-istituzionale di Italia e di Argentina” presenti profonde differenze, entrambi i Paesi sono caratterizzati da una “politique politicienne” che è autoreferenziale, inconcludente, incapace di risolvere i problemi. In entrambi i Paesi “manca una visione condivisa e bipartizan”, non c’è consapevolezza diffusa dell’urgenza di grandi riforme economico-sociali ineludibili per affrontare con piglio vincente le dinamiche della globalizzazione.

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