“Questione di rispetto”, la dignità di un uomo contro le mafie (neifatti.it)

di Anna Giuffrida, del 16 Ottobre 2018

Giuseppe Baldessarro

Questione di rispetto

L'impresa di Gaetano Saffioti contro la 'ndrangheta

Roma, 16 Ottobre 2018 – «La dignità non si compra, si conquista e si difende». Sono le parole di un imprenditore calabrese che sta denunciando in un’aula di tribunale i suoi aguzzini, uomini della ‘ndrangheta reggina che lo minacciavano ed estorcevano. E questo è anche uno dei passaggi del libro “Questione di rispetto”, Rubbettino Editore, in cui l’autore, il giornalista Giuseppe Baldessarro, racconta la storia di Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi e testimone di giustizia dal 2002.

E’ la storia umana e giudiziaria di un uomo che, di fronte alla prepotenza della ‘ndrangheta che lo aveva privato della sua vita e del suo lavoro, denuncia i suoi aguzzini che lo stritolavano con pizzo e minacce. «Volevo capire il percorso che lo aveva portato alla denuncia, e attraverso le carte delle inchieste e i racconti che lui fa emerge un percorso di consapevolezza – spiega l’autore, Giuseppe Baldessarro, giornalista di Repubblica – scatta qualcosa quando si comincia a rendere conto che qualcosa può succedere: può succedere che lo ammazzano, può succedere che lo arrestano, può succedere che gli fanno saltare l’azienda. Può succedere qualsiasi cosa».

Il dramma umano di Gaetano Saffioti prende la forma di un emozionante romanzo che si alterna alla cronaca dei giorni che precedono la denuncia, fatta di paure e poi di isolamento. «Dopo la denuncia ero su una strada statale molto trafficata, ma quel giorno non c’era nessuno. Forse sarà stata un’impressione personale – racconta, durante la presentazione del libro, Gaetano Saffioti – però da lì sono spariti amici, fratelli, cognate, nipoti, operai. Mi ero preparato psicologicamente, conscio che la scelta che tutti consideravano sbagliata era giusta». Una scelta, quella di denunciare, difficile ma che arriva rafforzata dalla consapevolezza della schiavitù a cui veniva costretto. «Non ero libero di poter assumere una persona, di partecipare a una gara. Prima pensavo di essere libero, di avere tanti amici, finti amici. Ma quella era una finta libertà. Questo mi ha portato a conoscere due amiche necessarie ad ogni persona: la propria dignità e la propria libertà», spiega l’imprenditore e testimone di giustizia.

Nasce da qui la prima “questione di rispetto” che cambierà la vita, liberandola, di Saffioti. «Inizia a preoccuparsi di dimostrare che è una vittima e non il complice, e così comincia a raccogliere una serie di documenti che servono a dimostrare che lui è una persona perbene – dice l’autore, che nel libro alterna i fatti privati con la vicenda processuale di Gaetano Saffioti – così mette le telecamere nell’ufficio e registra i capi clan e gli uomini che vanno a prendersi questi soldi. Si mette un registratore addosso e inizia a registrare gli incontri con i latitanti, consapevole che se fosse stato scoperto oggi non sarebbe qui a raccontarlo».

In un ritmo incalzante, ricco di dettagli su quell’inizio di una seconda vita per Gaetano Saffioti, si racconta come l’imprenditore riesca a mettere insieme documenti su appalti, lettere e costruire una quantità enorme di prove che porterà all’arresto e alla condanna di quasi tutti gli imputati, 48 esponenti della ‘ndrangheta di Palmi, per associazione di tipo mafioso ed estorsione nell’operazione Tallone d’Achille.

La storia di un uomo che diventa anche l’occasione per raccontare e conoscere decenni di storia della Calabria viziati da appalti e corruzione. «La sua storia, glielo dissi (a Gaetano Saffioti, ndr), è straordinaria e va raccontata. Perché parliamo di 20 anni fa, quando una cosa del genere non era così comune. E perché i fatti dal ’97 al 2000 sono avvenimenti che le nuove generazioni non conoscono – aggiunge l’autore – dopo la denuncia, per circa dieci anni, Gaetano ha provato sulla sua pelle l’isolamento: il giorno stesso in cui scatta l’operazione neanche le macchine passavano più davanti casa sua, il telefono che prima squillava trenta volte al giorno, quel giorno non squilla. Sono gli anni più complicati, ma anche i più istruttivi perché nella sua consapevolezza estrema continua ad andare avanti e lo fa contando su una cosa che gli riesce meglio in assoluto: il suo lavoro. Continua a lavorare all’innovazione, alla ricerca, sui materiali. Così facendo rientra nel mercato e oggi raccontiamo la sua storia».

La seconda vita che vede protagonista Gaetano Saffioti, raccontata nel libro, diventa un buon esempio di legalità e fonte di ispirazione per tanti imprenditori e commercianti. Lo fu già negli anni della denuncia e del processo, quando lui «diventa un esempio, la spina nella coscienza di ogni imprenditore di quel luogo» come chiosa Giuseppe Baldessarro. E lo è ancora adesso con la continua testimonianza di impegno e determinazione di un uomo che, pur vivendo dal 2002 sotto scorta, porta avanti la sua azienda lavorando in Calabria, dove ha voluto fortemente restare, e all’estero. «Io misi un punto fermo con Roberto Pennisi della DDA, la mia denuncia non doveva comportare l’allontanamento in località protetta perché sarebbe stato un messaggio devastante. Lo Stato si deve riprendere il territorio, che aveva perso, e il modo migliore è farmi restare – continua Saffioti – perché la ‘ndrangheta non solo si può ma si deve combattere. E bisogna capire che non è il “problema di Saffioti”, dell’imprenditore, ma di ogni singolo cittadino. Il pizzo la pagate voi, tutti: il cittadino è responsabile, ogni fenomeno esiste perché noi glielo permettiamo. Io ho valutato la paura di fallire, della solitudine, ma è stata più forte la paura di lasciare tutto nelle loro mani».

Un viaggio emozionante tra paura, consapevolezza e coraggio, mappato in un libro di cui ancora si scrivono capitoli di vita e di cronaca. Di scelte e di legalità, come quella che nel 2014 spinse Saffioti a prestare le proprie macchine, gratuitamente, per demolire la villa dei Pesce che nessuno voleva abbattere. A fine lettura resta il messaggio di Gaetano Saffioti: «Io non sono una persona eccezionale, se l’ho fatto io lo può fare chiunque».

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