Mezzogiorno globale, dai Florio all’Ilva (huffingtonpost.it)

di Davide Cadeddu, del 7 Giugno 2020

Orazio Cancila

I Florio

Storia di una dinastia imprenditoriale

Le vicende dell’Ilva di Taranto portano alla memoria numerose ricostruzioni della storia d’Italia. Tanti sono stati gli autori impegnati ad analizzare gli avvenimenti del nostro paese e le ragioni delle difformità sociali ed economiche della nostra penisola. Il Nord industriale e il Sud agricolo hanno rappresentato, almeno dagli anni cinquanta in poi, i due volti contrapposti di un ‘dualismo’ nello sviluppo economico della Repubblica italiana, che, tuttavia, senz’altro affonda le proprie radici nella storia preunitaria. Differenze strutturali, certo, ma anche grandi eccezioni, e non solo in Puglia o a Taranto, bensì in tutto il Mezzogiorno. Diverse vicende imprenditoriali ed economiche sono lì a ricordarci che, ovviamente, non esiste alcun destino sociale o politico predeterminato. La storia è realizzata, nella complessità dei contesti, anche da volontà vigorose e da grandi esempi di determinazione.

A questo riguardo può rivelarsi davvero illuminante la storia di una dinastia imprenditoriale ricostruita da Orazio Cancila, professore emerito dell’Università degli Studi di Palermo, che, dopo cospicui studi sulla storia della Sicilia, ha rivolto la sua attenzione ai Florio (“I Florio”, Rubbettino 2019), famiglia di origine calabrese, arrivata a Palermo alla fine del ’700 e protagonista di un esemplare successo imprenditoriale nel corso dell’800, fino alla crisi dei primi del ventesimo secolo.

La famiglia dei Florio rappresenta un vero e proprio mito per la Sicilia e per il Mezzogiorno d’Italia, in relazione all’impero industriale che fu in grado di edificare. Oggi, ai più forse, il nome della famiglia può ricordare la gara automobilistica ‘Targa Florio’ oppure il ‘Marsala Florio’, ma, per intenderci, nella seconda metà dell’800, essa costituì nel campo della navigazione mercantile quello che, anni dopo, la famiglia Agnelli fu nell’industria automobilistica o la famiglia Berlusconi nel settore televisivo. L’epopea dei Florio è ricostruita, in questo lavoro, senza alcuna propensione agiografica o esaltazione regionalistica. Con rigore scientifico, mille note, riferimenti archivistici e una ricca appendice documentaria e iconografica, l’autore rifugge da interpretazioni romanzesche, anche perché il vero romanzo non è nient’altro che la storia stessa da lui narrata.

Quattro generazioni – dal fondatore Paolo, uomo intraprendente, al figlio Vincenzo, tempra d’acciaio, al nipote Ignazio, protagonista dell’epoca d’oro, al pronipote Ignazio (la fantasia nei nomi non era il loro forte), che visse la lunga agonia imprenditoriale e fece in tempo, novantenne, ad assistere all’inizio del Miracolo economico italiano – esemplificano le speranze e le possibilità di un’Italia meridionale tutt’altro che locale o nazionale, bensì europea e internazionale. Dal commercio delle spezie alla pesca del tonno, dallo stabilimento vinicolo di Marsala all’industria dello zolfo, dalla fabbrica chimica alla filanda a vapore, dalla fabbrica di tessuti alla grande fonderia, per finire con la compagnia di navigazione, la banca, la fabbrica di ceramiche, il cantiere navale e l’industria alberghiera. Tutte queste attività imprenditoriali promosse dai Florio, in una davvero diversificata capacità di intrapresa, sono considerate nell’intero arco cronologico e nell’ampio contesto locale, nazionale e globale, contribuendo a illustrare, nel passaggio tra Mezzogiorno borbonico e post-unitario, il lento e faticoso processo di industrializzazione dell’Italia meridionale.

Di questa storia economica del Mezzogiorno d’Italia fa parte anche l’Ilva di Taranto, pur nelle tante e complesse differenze del caso. In comune vi è almeno la rilevanza sociale che un’impresa – per quanto privata possa essere – inevitabilmente manifesta nel contesto territoriale da essa coinvolto. Nell’ultima conferenza stampa, Giuseppe Conte ha evocato il nome di Adriano Olivetti come simbolo del modello economico che potrebbe ispirare il suo piano per il rilancio dell’economia italiana. Se l’intenzione espressa è certo nobile (e può descrivere una visione di valori definita, che tanti rimproverano invece mancargli), la realtà con cui fare i conti sarà, molto probabilmente, più cinica e crudele. Rileggere, come per i Florio, una storia di ‘longue durée’ dell’Ilva potrebbe comunque aiutare i nostri rappresentanti politici – forse ingenui o sprovveduti in passato – a non ripetere gli stessi errori strategici e a prendere decisioni più sensate e socialmente appropriate.

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