Meridionali compresi (Corriere della Calabria)

di Eugenio Furia, del 14 Settembre 2012

Dal Corriere della Calabria – 14 settembre 2012
Spesso sono detrattori della loro stessa terra i “sudisti” con cui Lino Patruno ha parlato nel suo nuovo saggio edito da Rubbettino

«Cristo si è mosso da Eboli dove si era fermato». «Senza il Sud neanche il Nord sarebbe Nord». Sono due delle premesse da cui muove il nuovo libro di Lino Patruno. “Ricomincio da Sud. È qui il futuro d’Italia” (Rubbettino, collana SSI9), aggiornamento del filone – Terroni inaugurato da Pino Aprile – pure citato tra eminenti persone e cose meridionali nella gustosa pagina che ne enumera a decine tutti di seguito – e abbondantemente irrorato dalla pubblicistica a cavallo del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia.
Non è un caso se il secondo capitolo si apre proprio con l’analisi dell’ «indomani», ovvero il lascito dell’ «infuocato dibattito» su 1861 e dintorni. il saggio del giornalista barese, docente di Comunicazione con un passato da direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, segue di appena un anno “Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti meridionali” (stessa collana). La sua è un’indagine sul campo, vecchia maniera, fatta con registratore alla mano e taccuino su cui annotare dati e numeri, luoghi, nomi e cognomi. E nella prosa volutamente barocca che ne fa un esempio originale di politezza e accuratezza stilistica, se la prende con chi non è stato «in grado di darmi un dato neanche su se stessi, il primo Sud a non sapersi apprezzare e a non saper comunicare». Non è l’inchiesta fatta da una scrivania romana con analisi, “identikit” e risultati ottenuti incrociando database di studi e osservatori, numeri cui pure l’autore ricorre talvolta per fornire una traccia bibliografica. E allora ecco che nelle 250 pagine di libro troviamo anche le storie. Soprattutto le storie. La scintilla che ha fatto scoccare in Patruno quella che altrove chiama la «sacra missione per la causa del Sud di domani» è spiegata nei ringraziamenti: «Devo ringraziare tutti quelli che parlano male del Sud, generalmente senza sapere ciò che dicono, meridionali compresi. Talché, da meridionale tu stesso, ti viene voglia di andare a vedere se davvero questo Sud lo dobbiamo buttare tutto». Nel suo reportage lungo il «Sud che chiede giustizia» – da preferirsi, lascia intendere l’autore-a quello «che suscita attenzione», Patruno incastona anche qualche perla da mandare a memoria. La Cassa per il Mezzogiorno, ad esempio, definita «un “patto scellerato” fra il sistema industriale del Nord e il sistema politico del Sud cui non fu estraneo nessun partito e nessun politico, tanto meno del Sud», può a ragione chiamarsi «Cassa per il Nord, perché gran parte dei suoi finanziamenti tornarono al Nord (…). Un “cavallo di Troia”».
Nell’iterazione dei “Lo sapevate che?” infilati uno dopo l’altro per 30 pagine quasi a ricalcare il celeberrimo hashtag di Twitter “#Sapevatelo”, così come nelle citazioni (su tutte il titolo, che ricalca una pellicola cult del meridionale Massimo Troisi) l’approccio è “pop”, quasi che Patruno volesse ammiccare al lettorato giovane, cui non interessano i quotidiani e le riviste – figurarsi le discettazioni polverose: «C’è qualcuno seduto all’ ombra oggi perché qualcun altro ha piantato un albero molto tempo fa» (Warren Buffett), recita uno degli eserghi, menzionando il miliardario americano che guidò qualche tempo fa la crociata dei ricconi illuminati favorevoli alla tassazione del proprio patrimonio smisurato. Nel pantheon finiscono i Bronzi di Riace e Cetto La Qualunque, Mimmo Calopresti e Luigi Lombardi Satriani. Le dimenticanze sono fisiologiche, se è vero che più d’uno potrebbe notarne. Ma essendo il lavoro di Patruno, come detto, più giornalistico che saggistico, è piuttosto da notare il fiuto da cronista nella pagina dedicata a Ilva e Alcoa come paradigmi del sogno sviluppista fattosi incubo.
Rossano e le biomasse sono esempi positivi e qui non ci si interroga sulle ricadute ambientali né sul vero nodo della questione, presentato in chiave positiva – «Non ci sarebbe energia in Italia senza il Sud, e non per il calore dei meridionali» – laddove più d’uno vede un’anomalia proprio nella fornitura extraregionale di un surplus che non lascia traccia (se non d’inquinamento) proprio dove viene prodotto. Allo stesso modo, il boom di call center nel Catanzarese è un’eccellenza al pari del Centro per il calcolo ad alte prestazioni dell’Unical. Il caffè Mauro e le Officine Omeca, spesso inseriti nelle cronache per vertenze e difficoltà finanziarie, sono gruppi industriali paragonati a Versace (moda), Librandi (vini), Callipo (al “king” del tonno e ai suoi giovani seguaci di “lo resto in Calabria” vengono dedicate anche 6 pagine nel blocco politico), Arnarelli (liquirizia) e De Tommaso (scarpe). Ecco, se proprio una pecca si deve trovare è l’impostazione un po’ pugliese-centrica nell’approfondimento. Per il resto, se davvero «Mezzogiorno è l’ora dalla quale ripartirà tutto» non ci rimane che tenere l’orologio funzionante, piuttosto che aspettare.

Di Eugenio Furia

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