I regali dell’Italia al mondo – 150 anni di genio italiano (Il Sole24ore.com)

di Gilberto Corbellini, del 13 Dicembre 2011

Da Il Sole24ore.com – 11 dicembre 2011
Da Genova a New York. Dall’allestimento compatto nell’ampio salone del Palazzo della Borsa, al percorso distribuito nei locali del palazzetto dell’Istituto Italiano di Cultura, al 686 di Park Avenue, tra la 68ma e la 69ma. La mostra «150 anni di genio italiano» racconterà ai newyorkesi, dal 15 dicembre al 27 gennaio prossimo, il non marginale contributo degli scienziati e inventori italiani al miglioramento delle conoscenze e delle condizioni di vita umane, da quanto il Paese è diventato anche una realtà politica.
Sarà anche che «le scienze sono un semplice libro di cucina» per produrre oggetti utili, come scriveva Croce. Sta di fatto che la filosofia, perlomeno quella che predica il distacco dai fatti empirici, nemmeno a quello è mai servita e serve. Infatti, le idee filosofiche fiorite sul suolo italico nei secoli più recenti, hanno prodotto una cultura politica sterile e all’estero non se le fila nessuno. Mentre i prodotti della ricerca scientifica e dell’innovazione creati dagli italiani hanno lasciato tracce profonde.  Realizzando questa iniziativa (il catalogo della mostra è edito, in italiano o in inglese, da Rubbettino), la Fondazione Rosselli tenta di ovviare all’assenza dalle grandi mostre ed eventi che celebrano l’anniversario dell’Unità, di una riflessione sui progressi scientifici e tecnologici ai quali hanno concorso negli ultimi 150 anni scienziati e inventori italiani. Non si tratta di un elenco di scoperte scientifiche. Ci sono anche quelle. È un’illustrazione di come la ricerca italiana ha cambiato il modo di vivere. Un racconto, concepito in cinque capitoli, che utilizza oggetti, interviste recuperate negli archivi dell’Istituto Luce e della Rai ed exhibit interattivi. Nella sezione «Vivere il nuovo» troviamo, fra gli altri, Alessandro Cruto, inventore al pari di Thomas Edison della lampadina elettrica, Giovanni Caselli, che ha immaginato il moderno fax, Giulio Natta, premio Nobel per l’invenzione del polipropilene isotattico, e Leonardo Chiariglione, inventore dell’mp3. La storia di Cruto forse farà capire agli americani quanto sia importante il contesto economico, oltre alla qualità del prodotto, per il successo di un’invenzione. La lampadina di Cruto era migliore di quella di Edison, ma quest’ultimo fu avvantaggiato da un sistema di protezione brevettuale che favoriva e premiava l’ingegno. Tra i protagonisti di «Viaggiare è conoscere» ci sono Ardito Desio e Umberto Nobile, Enrico Mattei in quanto creatore dell’Eni, Dante Giacosa, progettista della Fiat 500 Topolino, e Corradino D’Ascanio, che disegnò la Vespa Piaggio. Mentre i ben noti italiani, tra cui i “Ragazzi di via Panisperna”, che sono stati protagonisti a livello internazionale della ricerca e dell’innovazione nei campi della fisica, della matematica, delle telecomunicazioni e dell’ingegneria riempiono la ricca sezione «Superare le frontiere». Per quanto riguarda le ricadute dell’innovazione tecnologica sulla qualità del lavoro, nella sezione «Lavorare con efficacia», sono presenti Galileo Ferraris, inventore del motore a induzione e Pier Giorgio Perotto, inventore nel 1965 della Programma 101 dell’Olivetti, detta anche Perottina e di fatto il primo personal computer. La storia della Perottina, esposta, anche al National Museum of Computing di Bletchley Park, mostrerà ai visitatori newyorkesi che mentre gli industriali e i politici italiani non compresero il carattere rivoluzionario dell’invenzione, la società statunitense Hewlett Packard, si spinse a violare il brevetto, e nel 1967 accettò di pagare 900mila dollari di diritti alla Olivetti. Infine, nella sezione «Curare è vivere», spiccano i numerosi italiani che sono stati protagonisti della ricerca biomedica e delle sue ricadute sanitarie, nei campi delle neuroscienze (Golgi, Moruzzi, Levi Montalcini, Rizzolatti), della genetica di base e applicata (Strampelli, Bianco e Silvestroni, Luria e Dulbecco, Cao), della farmacologia (Erspamer, Sensi, Arcamone e De Marco) e della sanità pubblica (Grassi, Coluzzi e gli altri protagonisti della lotta contro la malaria).
Tra gli exhibit c’è un video che illustra graficamente le dimensioni dell’emigrazione italiana negli ultimi 150 anni. Oltre 30 milioni di italiani sono emigrati e, di questi, solo 10 sono rimpatriati. Ma se fino ai primi decenni del Novecento gli emigranti avevano uno scarso livello di istruzione, prima a causa del fascismo e poi per l’incapacità della classe politica e imprenditoriale, l’emigrazione ha cominciato a riguardare cittadini su cui il paese aveva investito attraverso un lavoro educativo. In modo particolare, persone dotate di talenti scientifico-tecnici. Le quali hanno fatto fruttare all’estero la loro preparazione e le abilità cognitive. Basti pensare che, a parte Golgi, Natta e Fermi, tutti i Nobel scientifici italiani sono stati dati per ricerche fatte fuori dall’Italia. Questo salasso di intelligenza e creatività è stato forse la principale causa del declino economico recente. Ed è inutile lamentarsi che l’Italia non cresce, se non ci si rende conto che una delle ragioni è la perdita di troppi individui dotati di capacità cognitive di altissimo livello. Che, in un contesto economico globale dove il capitale cognitivo costituisce il fattore più importante per la crescita fanno la differenza. E, stando così le cose, la fanno, a vantaggio dei Paesi dove emigrano. Questa frazione manca perché i cervelli italiani vanno all’estero non per aggiornarsi, come accade per quelli degli altri Paesi sviluppati occidentali e asiatici, e poi rimpatriare. Ma per rimanerci. Perché in Italia la loro creatività e capacità sarebbero castrate dall’assenza di valorizzazione del merito.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati studi che dimostrano come i livelli di libertà e crescita economica di un Paese siano la conseguenza (non la premessa!) di un incremento dei livelli di prestazioni cognitive nei campi delle scienze e delle tecnologie più avanzate. Incremento che è correlato anche a un miglioramento dell’efficienza delle istituzioni e, quindi, del senso civico. L’attuale crisi economica andrebbe sfruttata per cambiare registro rispetto a visioni politiche ed economiche del Paese di troppo corto respiro e certamente disfunzionali. E per riconoscere l’importanza strategica di investire nell’istruzione scientifica e tecnica, e nella ricerca, se ai nostri giovani si vuole lasciare qualche speranza.  La mostra sui 150 anni di genio italiano, dimostra che in Italia esiste una vena di creatività e intelligenza scientifico-tecnologica decisamente ricca. Che va sfruttata e rigenerata prima che si sterilizzi irrimediabilmente. Intanto, i newyorkesi che la visiteranno probabilmente cominceranno a capire che non produciamo solo cibo e moda. Ma anche conoscenze scientifiche e invenzioni. E che se nonostante le capacità che ci contraddistinguono siamo sull’orlo di un baratro finanziario è perché troppe delle nostre teste migliori non lavorano in Italia. Ma insegnano, fanno ricerca e dirigono dipartimenti, laboratori e imprese del loro paese.

Di Gilberto Corbellini

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