Da Castelmezzano a New York

del 16 Gennaio 2013

Storia di un emigrato di successo

Il Quotidiano della Basilicata – 16 gennaio 2013

Il sogno e la realtà. Quando i castelli non sono di sabbia ma “di marmo bianco, con quattro torri merlate e trenta stanze”, come quello che l’emigrante lucano Charles Paterno realizzò nel 1909 sul punto più panoramico di Manhattan. La meravigliosa storia di “un emigrante per bisogno, medico per formazione, costruttore per necessità, sognatore per temperamento, visionario per vocazione” viene raccontata con efficace dovizia di particolari ed una scrittura limpida e coinvolgente dal giornalista e scrittore Renato Cantore.

“Il Castello sull’Hudson, Charles Paterno ed il sogno americano” è stato appena stampato dall’ editore Rubbettino . Da un piccolo paese lucano alla conquista della “Mèrica”. Un emigrante di successo. A sette anni iniziava da Castelmezzano il viaggio della speranza verso la terra promessa. Fatto di rinunce e di sacrifici. Ma anche di grandi successi. Renato Cantore ha ricostruito con estremo rigore storico la lunga strada del sognatore lucano. E il racconto di una bella favola. L’orgoglio che sconfigge i pregiudizi. L’intelligenza che prevale sempre. Ogni riga riserva una sorpresa. E la lettura si fa sempre più coinvolgente. Le pagine dei desideri che si avverano. Le pagine delle privazioni. Le pagine del riscatto. Niente è facile. Ogni cosa è frutto di una sofferta conquista. Ma i traguardi sono prestigiosi. I riconoscimenti pure. La lungimiranza del protagonista risulta vincente anche in situazioni estremamente complesse. Il messaggio immediato che emerge chiaramente da questo libro della memoria? Una forte spinta ad andare avanti. A non arrendersi mai. Una lezione di vita che in questi tempi assai difficili sarebbe più che mai opportuno studiare e capire, per non farsi prendere dallo scoramento che porta fatalmente alla rinuncia. Ed è quello che non deve accadere. Mai. 

Renato Cantore con la passione dell’ archeologo ha raccolto «documenti, testimonianze, ricordi, di qua e di là dell’Oceano, da Castelmezzano a New York City, sulle tracce di una straordinaria avventura umana che appariva dice l’autore sempre più affascinante man mano che questi elementi venivano messi insieme» . Una storia iniziata nella seconda metà dell’Ottocento. «Tanto per cominciare scrive Cantore il Nostro ha dovuto cambiar nome e rinunciare all’accento. In pochi anni Canio Paternò, da Castelmezzano, Italia, sarebbe diventato Charles Paterno, da New York City, Usa. Il primo prezzo da pagare per entrare nel Nuovo Mondo partendo da una “piccola patria, fatta di storia, tradizioni, grandi risorse paesaggistiche, ma anche isolamento, arretratezza e miseria”. Le nuove strade oltre Oceano”più che di oro erano lastricate di sudore”. E Paterno non si tirò mai indietro. «E di lacrime ne versò davvero tante quel sabato pomeriggio, la vigilia di Pasqua, nel parco della City Hall, dove aveva pensato di riposarsi dopo ore passate a vendere giornali, su e giù per la città senza prendere il tram per risparmiare i soldi del biglietto. Aveva preso sonno sdraiato su una panchina, sopraffatto dalla stanchezza e al risveglio si accorse che gli avevano portato via il pacco di giornali e anche le scarpe, dove aveva incautamente pensato di nascondere il piccolo gruzzolo guadagnato». Dalla disperazione al guizzo d’ingegno. Vide che lì vicino c’era una bottega di fioraio ed un cartello con la richiesta di un garzone. Si presentò, fu preso e abilmente riuscì ad aumentarsi la provvigione su ogni mazzo di fiori venduto. Così recuperò i soldi necessari per comprarsi le scarpe. Un libro ricco di fatti che disegnano il grande ed appassionante quadro di quello che trenta anni dopo l’ arrivo in America era diventato uno dei più grandi costruttori di New York City. Spiega Cantore: «E tra i primi a tirar su i grattacieli destinati a disegnare la più famosa skyline del mondo». Un innovatore. «In tutti i campi lo si sentiva ripetere spesso il modo di produrre cambia continuamente; ogni giorno abbiamo notizia di progressi, nuove macchine, nuovi materiali. Noi invece continuiamo a costruire i muri mattone su mattone praticamente alla stessa maniera degli antichi egizi, come migliaia di anni fa» . E aggiunge: «Crea le città giardino, punta sulle nuove tecnologie, si affida ai migliori architetti. Il suo primo sogno americano ha l’aspetto di un castello di marmo bianco nel punto più alto di Manhattan, dove vive per anni con moglie e figlio, circondato da una piccola e fedelissima corte». Si innamorò follemente e sposò una bella nobildonna divorziata, Minnie Minton Middaug, discendente di una delle famiglie olandesi che avevano fatto la rivoluzione. Ricorda lo scrittore: «Il 23 novembre del 1907, uno dei giorni più bui della crisi, con gli sportelli delle banche aperti anche di sabato per far fronte all’assedio dei risparmiatori terrorizzati, fu invece una giornata luminosa a casa Paterno. All’alba la “principessa” dette alla luce un bel maschietto bruno. Che nome dargli? Naturalmente Charles, secondo l’uso americano di chiamare il primogenito con il nome del padre. Ma il piccolo Paterno sarebbe presto diventato più italianamente Carlo. Come festeggiare adeguatamente il lieto evento? Aveva aspettato la nascita del piccolo per compiere un gesto studiato da settimane. Lasciò mamma e bambino e scappò a Washington Heights dove, sulla collina tra North Avenue e Riverside Drive, nel cantiere era tutto pronto: operai, mezzi meccanici, attrezzature. Aspettavano solo lui per dare il primo simbolico colpo di piccone e cominciare a scalfire la roccia. La costruzione del castello dei sogni era cominciata». Puntava sempre in alto. Ma non aveva mai dimenticato il suo paese. Aveva aiutato tanta povera gente di Castelmezzano. Li aveva fatti arrivare negli Stati Uniti anticipando il prezzo del biglietto e garantendo posti di lavoro nelle sue floride imprese di costruzione. Il suo desiderio era quello di vivere in posti dai quali si potesse guardare il mondo dall’alto. «Sono nato in un paesino di montagna, con i tetti delle case che sembravano toccare il cielo. E mi è rimasta dentro, come un dono di natura, una certa voglia di infinto» . Paterno era molto stimato dal sindaco italoamericano di New York, Fiorello La Guardia, che l’aveva definito »un genio costruttivo», in occasione della cerimonia di inaugurazione del Castle Village il 6 giugno 1939. Il sindaco visitò tutta l’area del cantiere e rimase impressionato favorevolmente. Ricorda Cantore: «Ai giornalisti che gli chiedevano le prime impressioni, spiegò di essere convinto che Charles Paterno avesse fatto due grandi regali alla città di New York. Proprio trent’anni prima, ricordò il sindaco, era stato un pioniere nella costruzione di palazzi sempre più alti, grazie all’utilizzo di moderni, veloci e affidabili ascensori elettrici. Aveva contribuito a cambiare una prima volta il modo di vivere di migliaia di famiglie. E ora regalava ai newyorkesi questa nuova visione della vita in città: un magnifico complesso edilizio dall’aria molto europea, frutto dell’idea straordinaria di “offrire la luce, il panorama e i comfort di una residenza da milionari a gente che non ha redditi milionari». Paterno era molto stimato anche da Giuseppe Prezzolini. »Ho sempre sentito in lui ha scritto il grande intellettuale italiano una potenza superiore, non per i soldi che aveva fatto, ma perché mi pareva emanasse da lui quella animazione un po’ faunesca che si suol collegare con le funzioni eminenti della vita». Insomma davvero «una vita da protagonista nell’America dove a tutti è concessa una possibilità e a nessuno è proibito sognare; e dove qualche volta i sogni si realizzano davvero» , come scrive Renato Cantore che con questo magnifico libro, fa conoscere alle giovani generazioni lucane ma anche agli italo-americani la bella storia dell’emigrante «nato povero, morto da ricco sul grenn del più esclusivo Country Club di Westchester » .

Tradurre “Il castello sull’Hudson” in inglese e diffonderlo anche negli StatiUniti. E più che opportuno. Questo è un libro di storia. Racconta l’emigrazione italiana di successo. Ricostruisce i cambiamenti fondamentali del modo di vivere ed abitare nella grande “Mèrica”.

DI DOMENICO LOGOZZO

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