«Il laboratorio Smix» (corrieredellacalabria.it)

di Ugo Floro, del 4 Marzo 2021

Walter Rauti

SMIX

Di ‘ndrangheta, d’amore e di vendetta

Pur giovane e fresco nella prosa, denota buon ritmo, originale impianto narrativo e carattere senza fronzoli lo “Smix” di Walter Rauti, il primo racconto di una trilogia che già si annuncia interessante perché, tra le altre cifre, è un severo e implacabile j’accuse verso le subculture che ammantano di miseria e crudeltà alcuni tra i territori più belli della Calabria.
Scenderebbe pure bene la lettura di questo scritto, un po’ come uno di quei rossi che son soliti irrorare le tutt’altro che frugali merende calabresi, di cui peraltro l’opera reca ampi cenni, se non fosse “tradituro”.
Al pari di certi nettari d’uva, invero, Smix, annata 2021,ti regala il compiacimento allegretto per una fusion totale (smixed emotions verrebbe da scrivere parafrasando indegnamente gli Stones ) come quella che porterà un professorino californiano, “nu cazzune ‘mericanu” di belle speranze, si direbbe, ad impalmare una sposa ben più Western di lui, avendo la stessa le radici ben piantate in quella magnagrecia dove l’occidente
, quello vero, non quello gringo, nacque e probabilmente perì per poi risorgere, (paradosso insopportabile, quasi uno sfottò) in quella miriade di campus universitari d’oltre oceano dai nomi “ciuati” dove greco e latino godono di cure filiali, mentre qui si discute sulle ore da tagliare al loro insegnamento.
Ma questo è un altro discorso.
Trangugiando Smix sale quindi anche l’ebbrezza contagiosa per le gesta, mai narrate melensamente, di una coppia il cui debordante amore prosciuga le distanze oceaniche tra vecchio e nuovo mondo, fruttifica prole, ma anche pensiero nuovo.
Non avrebbe senso alcuno, d’altronde, uno Smix di sentire diversi, se non producesse originalità di visione del mondo.
E qui il mondo è una Calabria, la quale pur imbevuta del sangue faidoso delle guerre di mafia che colorano di lugubre i boschi dell’un tempo glorioso entroterra jonico, viene vista con gli occhi di brace di Teresa e Jonh, da quella prospettiva di riscatto civico che solo l’amore viscerale per questa terra può donare.
Ma come fa ogni ‘russu tradituru’ , anche Smix, che è un distillato di anime, ad un certo punto ti precipita nello stordimento della sofferenza cruda, ti spoglia gradatamente del sorriso che l’intreccio ‘calabromericano’ aveva generato e ti porta a familiarizzare con sentimenti deteriori che mai avresti voluto incontrare, neanche per vie e per piazze letterarie, figurati dal vivo.
Non è il primo americano a prendersi una cotta per le nostre tante Calabrie, il prof. John, e non sarà neanche l’ultimo.
Ma l’amore scippatogli con la tipica forza bruta dei boschi della middle jonica ne trasformerà incredibilmente le fattezze morali.
Ne farà un laboratorio umano, tutt’altro che prevedibile, e per questo godibile dal lettore.
Ciò giustifica sin d’ora l’attesa per il compimento della trilogia di “Rautazzi”,così, con dolcezza spregiativa, mi piace chiamare un autore che farà sicuramente parlare di sé, della sua opera letteraria, che mi auguro vorrà tenere sempre distinta e distante dalle miserie politiche di cui ha dovuto suo malgrado occuparsi.

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