«Fu, vero golpe? No, dice Mario Segni» (Corriere della Calabria)

di Mimmo Nunnari, del 15 Giugno 2021

Mario Segni

Il colpo di Stato del 1964

La madre di tutte le fake news

Quasi sessant’anni dopo, l’interrogativo, se nel 1964 fu vero golpe, resta senza una risposta convincente (più no, che si) sebbene inchieste, sentenze e testimonianze abbiano tentato di raggiungere quella verità che è sempre esercizio difficile nel Paese dei misteri. Il clamore ci fu, dopo le rivelazioni sull’esistenza del “Piano Solo”, e quello resta. Lo scoop del settimanale “L’Espresso” allora diretto da Eugenio Scalfari, mantiene intatto il fascino dell’inchiesta giornalistica, sul presunto “golpe De Lorenzo” (comandante dei carabinieri dell’epoca). In quel colpo giornalistico, Lino Jannuzzi, firma di punta del giornale, accusava il presidente della Repubblica, il democristiano Antonio Segni, e il comandante dell’Arma, Giovanni De Lorenzo, di avere organizzato un colpo di Stato durante la crisi di governo del luglio 1964. Il golpe (presunto) venne raccontato nei particolari, con l’indicazione di nomi, luoghi e fatti nei quali la manovra si sarebbe articolata. A quel piano eversivo, che metteva in pericolo la democrazia italiana, era stato dato il nome di “Piano Solo”. Seguirono sentenze di Tribunale, testimonianze coeve e altre tardive, ma quel golpe, rimasto impresso nell’opinione pubblica come vero, è rimasto una questione aperta; con risvolti, specialmente nel campo politico, che hanno alimentato il sospetto che in Italia esistono, da sempre, storie parallele: quelle ufficiali, e quelle avvolte nel mistero; mistero che congiunge, spesso, a interferenze di potenze straniere. Nonostante i pronunciamenti contrari del Tribunale di Roma e della Commissione d’inchiesta parlamentare, gran parte della storiografia, e della pubblicistica, ha sposato la tesi del golpe, nonostante le prove, fin dall’inizio, si siano rivelate deboli. A distanza di cinquantasette anni, il figlio del presidente della Repubblica dell’epoca Antonio Segni, che fu accusato di aver complottato, col generale dei carabinieri, sostiene, dopo aver analizzato la questione, punto per punto, che lo scoop del settimanale non fu altro che una gigantesca fake news: la prima, nella storia repubblicana. Nel libro “Il colpo di Stato del 1964” (Rubbettino, pagine, 178, euro 13) Mario Segni, politico sulla cresta dell’onda negli anni Novanta, con le sue battaglie referendarie elettorali, racconta una sua versione dei fatti, avvalendosi di un’esclusiva documentazione inedita. L’intento è fare chiarezza, soprattutto per tutelare la memoria del padre, e rendergli ciò che gli spetta – come dice nell’introduzione al libro Agostino Giovagnoli, storico dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Mario Segni, smonta i racconti della storia di quegli anni che mirava a dipingere come golpista un partito, la Democrazia Cristiana, che commetteva sicuramente errori, ma garantiva la stabilità democratica dell’Italia, in tempi difficili, di Guerra Fredda. Ci sono elementi che fanno pensare ad un input sovietico, nella costruzione caso, ma non è stato possibile tuttavia accertarne la fondatezza. Segni, riscrive nel dettaglio, con documenti e testimonianze, la storia di quegli anni: lo scoop, le prove che non ci furono, il processo, la nascita del centro sinistra, la questione comunista, con i finanziamenti sovietici, la strategia della tensione, e arriva alla conclusione che la “storia” è da riscrivere. Perché sono stati inventati fatti non veri; perché il clamore mediatico dell’inchiesta ha spinto l’opinione pubblica a credere che fosse stata messa in atto, dal partito di maggioranza relativa (la DC), una strategia di eversione mai esistita. La vicenda del Piano Solo – dice Segni – è stata scritta ad honorem nella lunga catena dei fenomeni che – nella visione della sinistra, del Pci in particolare – hanno destabilizzato il Paese. E ancora oggi il Pci (il post Pci) non ha avuto la forza di rivedere gli errori e le tragedie della sua storia. E’ questo che spiega, conclude Segni, perchè il grande castello mediatico, costruito dall’Espresso, si è conservato con grande successo sino ai nostri giorni.

Sono Paola Militano e sono il direttore del Corriere della Calabria, fondato dall’indimenticabile Paolo Pollichieni. Se condividi la nostra informazione, ti chiedo di sostenere il giornalismo abituato a dire la verità. La tua donazione, anche piccola, è un aiuto concreto per sostenere le battaglie dei calabresi.

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