La mafia che uccide i bambini (Leggo)

di Lorena Loiacono, del 20 Aprile 2016

Bruno Palermo

Al posto sbagliato

Storie di bambini vittime di mafia

Da Leggo del 19 aprile

Vittime di mafia, in una scia di sangue che investe anche i bambini. Perché, contrariamente a quanto si creda, la mafia non si ferma neanche di fronte a quelle giovani vite. E Bruno Palermo, giornalista ed autore del libro “Al posto sbagliato” (ed. Rubbettino), ha scelto di raccontare queste storie di dolore e famiglie lacerate. Un libro eccezionale, che riporta nomi, fatti, date e circostanze. In una cronologia che non lascia scampo: dall’800 ad oggi.
Come nasce l’idea del libro?
«Parte dall’incontro con i genitori di Domenico Gabriele, il bimbo di 11 anni morto per un colpo in testa, ricevuto mentre giocava su un campo di calcio, a Crotone».
Fu ucciso per errore?
«In questi casi si dice che la vittima era nel posto sbagliato ma non è così. Dodò non era nel posto sbagliato: lui stava giocando. Gli assassini erano nel posto sbagliato».
Quante storie hai raccolto?
«In Italia sono 108 i bambini uccisi per mafia o almeno sono quelli di cui siamo venuti a conoscenza. La prima vittima fu Emanuela Sansone, 17 anni, di Palermo. Poi ci sono Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido e Nicholas Green, i cui genitori hanno deciso di donarne gli organi lasciandoci un insegnamento indelebile. E tante altre ancora sconosciute fino al caso di Ida Castelluccio morta nel 1989 nel grembo materno».
Come farle conoscere da tutti, allora?
«Al fianco dei genitori di Dodò, tramite Libera, ho incontrato i ragazzi nelle scuole. I giovani vogliono capire e dobbiamo partire da loro per cambiare davvero qwualcosa».
Che idea hanno i giovani della mafia?
«Purtroppo esiste un divario enorme tra NOrd e Sud nella percezione della mafia. I giovani meridionali sanno bene con cosa hanno a che fare, ma al Nord non è così. I Ragazzi non riconoscono i segnali di un comportamento mafioso eppure i casi non mancano: penso ad esempio al rapimento del 17enne Emanuele Riboli. Lui era di Varese e i suoi rapitori calabresi. La mafia è più diffusa di quanto si pensi e abbiamo il dovere di insegnare ai giovani a difendersi».

di Lorena Loiacono

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