Narrativa ottocentesca di potere e matrimonio (Retroguardia.net)

di Francesco Sasso, del 3 Gennaio 2023

Su Giuseppe Traina, Sguardi del potere e sguardi sul potere nell’Ottocento italiano. Studi su Bini, Collodi, De Amicis, Valera, Cena, Soveria Mannelli, Rubbettino («Filologia e critica letteraria»), 2021, 136 pp., e Fabio Danelon, Il nodo, il nido. Il romanzo matrimoniale dopo l’Unità d’Italia, Venezia, Marsilio («Saggi»), 2022, 202 pp.

DUE RECENSIONI IN UNA, ET POUR CAUSE.

di Luciano Curreri (ULiège, Traverses, Cipa)

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Due bei libri di critica letteraria, uno sul potere, l’altro sul matrimonio. Entrambi dedicati all’Ottocento italiano. Il primo raccoglie studi su Bini, Collodi, De Amicis, Valera, Cena, il secondo su Imbriani e Fogazzaro. Entrambi fanno tappa su Foucault e l’Histoire de la sexualité, vol. 1, La volonté de savoir (1976). Giuseppe Traina in maniera leggermente più distesa e poi pure ‘debitrice’ del vicino Surveiller et punir. Naissance de la prison (1975), Fabio Danelon solo un paio di volte ma in modo davvero significativo. Due risultati utili: (1) un Ottocento che ancora parla (e non poco) tra engagement e divertissement, in Traina con input da Sebastiano Timpanaro, Carlo Alberto Madrignani e Folco Portinari (richiamato anche da Danelon e sempre per i suoi ancora utili e simpatici affondi raccolti in Le parabole del reale, del 1976), in Danelon soprattutto a partire da Baldacci – ma c’è anche Giorgio Bárberi Squarotti, presente pure in Traina insieme ad altri nomi della nostrana e migliore critica secondo-novecentesca, che giunge fino ai giorni nostri in e anche grazie a questi due nuovi libri (Alberto Asor Rosa, Giancarlo Mazzacurati, Franco Moretti, Rinaldo Rinaldi, Vittorio Spinazzola…); (2) quel Foucault – che più o meno di recente è stato spesso criticato – viene richiamato e usato in entrambi i contributi.

Perché? Perché il segreto del potere assomiglia a quello della vita privata sancita (e murée) dal matrimonio. E sul segreto come componente «indispensabile al funzionamento» del potere, Traina rinvia chiaramente a Foucault. Mentre Danelon suggerisce: «Il nucleo coniugale intimo ottocentesco si differenzia da quello d’antico regime, connotandosi per caratteristiche, dispositivi, disciplinamenti collegati alla volontà di sapere e di potere, sui quali Foucault ha diffusamente indugiato nella sua Storia della sessualità. L’Ottocento, inoltre, conosce l’apogeo del privato, zona opaca e sfuggente alla conoscenza degli stessi contemporanei».

Tutto facile? Neanche per sogno! Fabio Danelon avverte subito: «Il principale oggetto d’indagine, il romanzo matrimoniale, appunto (cioè quello gravitante intorno a uno o più matrimoni per varie ragioni narrativamente rilevanti), risulta troppo eterogeneo, sfuggente, camaleontico nelle sue forme e declinazioni narrative, per poter essere costretto in modo soddisfacente in una qualsiasi delle griglie, delle gabbie, che mi sono provato a costruire». E Giuseppe Traina, in una bella e densa nota dell’Introduzione, è onesto e onestamente divertente e provocatorio: «Gli esperti di Michel Foucault mi perdonino se dovessero trovare che, in questo libro, io abbia fatto un uso troppo disinvolto delle sue idee […] e altro qui non aggiungerò se non una precisazione, che pur sempre col metodo (di scrittura) ha a che fare: queste pagine e le successive sono spesso gremite di note, non solo per rinviare alle fonti di concetti e citazioni, ma, spesso, per ampliare quanto detto nel testo o per discutere certe acquisizioni, anche illustri, della bibliografia secondaria o, ancora, per lumeggiare altri risvolti di quel che è scritto nel testo. So bene che le note, e soprattutto le note lunghe, possono appesantire la lettura del testo (che già di per sé potrebbe essere non esattamente lieve, proprio come il suo autore…) e che, forse per questo (o forse per altri motivi), sono diventate quasi obsolete; tuttavia non ho voluto rinunciare a questa pratica, che ritengo ancora valida come esempio di dialogo con gli studiosi precedenti, e anche di ridiscussione delle proprie convinzioni. Dal dialogo, infatti, ritengo che possano emergere un avanzamento delle conoscenze e un arricchimento del proprio grado di umanità; i monologhi, invece, credo vadano lasciati agli attori sul palcoscenico, che sanno farne uso benefico. Nient’affatto benefico, invece, è l’uso che ne fa chi è abituato a monologare in altri contesti, diversi dal teatro».

Ecco, questa è critica: critica letteraria e non solo. Il dialogo e il discorso che ne discende sono sì letterari, cioè, se volete, immaginari, ma non soltanto: lo scambio di vedute (esplicitato peraltro tematicamente, oltre che metodologicamente, nei ‘giochi di parole’ dei due titoli di Traina e Danelon) è finanche materiale, e comporta una trattazione anche economica, socio-antropologica, politica. Perché gli «sguardi del potere» che sono anche «sguardi sul potere», di resistenza ma interna allo stesso, sono anche gli sguardi su quel «nodo» e «nido» a un tempo che è quel metamorfico intrigo di complesse spinte storico-culturali che è – per l’appunto – il matrimonio nella società moderna. In tal senso si passa da Gaston Bachelard e Jean Starobinski a Alain Corbin, da Michail Bachtin a Michelle Perrot, da Karl Marx a Cesare Lombroso.

Facile, infine, sarebbe dire che il matrimonio (di convenienza, di segreta convenienza e/o di plateale interesse o riparazione et j’en passe) è stato ed è l’espressione di un potere, di quella macchina normativa che all’interno degli Stati ne ha fatto un’istituzione e una prigione. Oggi, solo a sfogliare (anche on line) le pagine di cronaca, circa le derive più volgari e violente del matrimonio e del potere, sarebbe facile mettere insieme un’antologia di fatti, di articoli che ne danno conto in maniera più o meno sommaria e spesso, ahinoi, monologante.

Bref, posso darVi, care Lettrici e cari Lettori, un buon consiglio? Leggete i saggi di Giuseppe Traina e Fabio Danelon e poi magari correte a comprare i volumi ottocenteschi di cui scrivono così bene. Vi aiuteranno a capire e a sopportare le derive di cui sopra.

Buona Lettura!

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