Narrazioni dei vinti (fascismo e irrealtà) (L'Immaginazione)

di Filippo La Porta, del 9 Marzo 2023

Alex Bardascino, Luciano Curreri

Non di sola destra

Sei "solisti" della Repubblica delle lettere (1953-1986)

Ma i “vinti”, i fascisti, come si raccontano? Prendiamo Non di sola  destra (Rubbettino), di Alex Bardascino e Luciano Curreri, ricognizione critica su alcune narrazioni dalla parte dei vinti, dal 1953 al 1986. Opere molto diverse tra loro, che testimoniano una adesione al fascismo (in qualche caso ritrattata), e al tempo stesso invocano una qualche comprensione da parte dei lettori. Giose Rimanelli nel Tíro al piccione (1953), Giuseppe Berto in Guerra in camicia nera (1955), il romanzo “nazista” apocalittico La distruzione, del misterioso Dante Virgili (già interprete delle SS a Salò) pubblicato nel 1970, avvolto da fantasie nichilistico-paranoiche, Il lungo viaggio attraverso il fascismo (1962) di Ruggero Zangrandi che dopo un primo fervore fascista ne prende le distanze, e dal regime verrà arrestato nel 1942, avvicinandosi infine all’azionismo. Un altro libro della rassegna che si smarca dall’iniziale adesione al fascismo è Autobiografia di un picchiatore fascista (1976) di Giulio Salierno. Quella di Salierno in carcere è una vera e propria conversione culturale, finendo in una adesione al “movimento rivoluzionario operaio”. Le narrazioni filofasciste rievocate hanno indubbi motivi di interesse. Però messe accanto alle opere di Fenoglio, Primo Levi, Bassani – su quegli stessi anni ed eventi – mostrano l’abisso che separa le due narrazioni (qui mi riferisco solo alle opere di narrativa, escludendo Zangrandi e Salierno): sul piano anzitutto stilistico, e poi di qualità intellettuale, di sensibilità e immaginazione morale. Da che dipende? Il punto è che gli scrittori che si muovono nell’area antifascista hanno un maggior rapporto con la realtà, mentre i  “solisti” di queste pagine tendono a muoversi, almeno finché restano fascisti, in una dimensione perlopiù irreale. Se la democrazia è una mezza bugia (fondata sulla finzione che ognuno sappia giudicare del proprio interesse) il fascismo è una bugia integrale sulla condizione umana perché pretende di rimuoverne la originaria infermità.  rivolgiamoci a un classico: in una lettera Manzoni dichiara la scelta di “star basso”, che significa entrare in contatto con la propria debolezza – che poi appartiene a tutti -, con la propria ontologica fragilità. Ecco, il fascismo – di destra e di “sinistra”, in doppio petto ed estremista, esplicito e dissimulato – nega questa fragilità, e perciò rischia sempre di sprofondare nell’irrealtà.