Nazione pop, da Mazzini a Giorgio Gaber (Gianniscipionerossi.it)

di Gianni Scipione Rossi, del 27 Febbraio 2023

Leonardo Varasano

Nazione pop

L'idea di patria attraverso la musica

Non vincemmo i Mondiali, in quel 1990. Si giocava in casa, negli stadi vestiti di nuovo. Eppure non bastarono i gol di Schillaci. Come non bastò Maradona all’Argentina. Solo terzi. Una grande delusione. Veramente grande, a ripensarci. Ci si sperava. L’Italia era in crisi, e quando si è in crisi ci si attacca a tutto, anche al pallone. Era bello il nuovo Olimpico. Brutto, invece, quel Ciao eletto a mascotte. Forse ci avevano illuso le Notti magiche cantate da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. Quelle notti magiche inseguendo un goal sotto il cielo di un’estate italiana… Un paio d’estati dopo, in Turchia, un ragazzino, scoperto che eravamo italiani, cantò quelle strofe, come per darci il benvenuto. E fu subito orgoglio.

Potenza di una canzone. Capita. Quando la canzone funziona, ecco che riscopri un’identità, una idea di Patria, la consapevolezza di essere parte di una Nazione.

È una reazione istintiva, non necessariamente superficiale. Dimostra, piuttosto, che “l’idea di nazione vive e prospera, investe di sé i nostri sensi, si insedia negli anfratti della nostra memoria più profonda”, come rileva Leonardo Varasano in questo suo pregevole saggio Nazione pop. L’idea di patria attraverso la musica. Prospera ma, avverte Varasano, “spetta a noi riconoscerla nelle tante forme in cui si manifesta e interpretarla nel modo e nel tono adeguato, perché sia una risorsa, simbolica e concreta, senza recare nocumento ad alcuno”.  Perché, interpretandola male, l’idea di nazione banalizzata può diventare pericolosa.

Capace di evocare suggestioni e utilizzare riferimenti storici, con grande rigore scientifico, Varasano non può tuttavia nascondere quale delle tante versioni di “nazione” preferisce, appellandosi a Giuseppe Mazzini. Al Mazzini che, nel 1836, scrive l’ormai negletto Filosofia della musica, che “pare quasi un tratto distintivo dell’italianità”. Non è in queste righe che si può sunteggiare un ragionamento complesso, che merita di essere letto con attenzione, per coglierne per intero il messaggio. L’importanza che la musica assume per l’affermazione di un’identità nazionale – peraltro non solo italiana, ma qui di Italia si parla – si fa in realtà sempre più rilevante dalla prima metà dell’Ottocento, fino ai nostri giorni.

Cambiano le forme,  non la sostanza. È ipernoto il ruolo del Nabucco di Giuseppe Verdi nel Risorgimento. Maggiore persino del Canto degli Italiani di Goffredo Mameli, che peraltro solo nel 2017 è riuscito a diventare inno ufficiale della Repubblica, dopo settant’anni di provvisorietà. Il fascismo l’aveva messo da parte, affiancando Giovinezza alla Marcia Reale. D’altra parte, nella Grande Guerra, era stata la forza della Leggenda del Piave a sostenere lo spirito dei fanti in trincea.

Non sono però le vicende degli inni nazionali il cuore di questo libro. Piuttosto le tracce della patria italiana che invadono e attraversano la musica leggera dal secondo dopoguerra in avanti, fino al “pop”. Talvolta le tracce sono evidenti. Basti ripensare a una canzone strettamente politica come Vola colomba, cantata da Nilla Pizzi a Sanremo nel 1952: un inno al ritorno di Trieste all’Italia, che avverrà solo due anni dopo. Più spesso le tracce patriottiche – se vogliamo così chiamarle – sono subliminali. In ogni caso, contribuiscono a creare una cultura popolare non esente da amor patrio, sia quando i testi sono critici del presente, sia quando sfiorano la retorica. Vogliamo ricordare il Toto Cutugno del “Lasciatemi cantare / perché ne sono fiero / sono un italiano / un italiano vero”? Guarda caso è del 1983. Nel 1982 fummo campioni del mondo. Oppure il “grazie al mio Paese…” di Mino Reitano? (1988) O il Francesco De Gregori di “Viva l’Italia, l’Italia liberata, l’Italia del valzer, l’Italia del caffè“? Oppure ancora il Giorgio Gaber di “Mi scusi Presidente / ma forse noi italiani / per gli altri siamo solo spaghetti e mandolino. / Allora qui mi incazzo / son fiero e me ne vanto / gli sbatto sulla faccia / cos’è il Rinascimento”?

Banalità? Non esattamente, rileva Varasano. Anche grazie al pop l’idea di Patria si consolida nella percezione collettiva. Il pop fa parte della cultura diffusa forse in modo persino più pregnante di tanta letteratura e saggistica “alte”. Non mancano studi sul tema. Ma questo Nazione pop giunge a proposito in una fase storica che vede patriottismo e nazionalismo riemergere nel discorso collettivo, anche con declinazioni francamente lontane dagli ideali del Risorgimento. Sottolineare e spiegare il ruolo della musica, e delle “canzonette”, può aiutare a comprendere il significato profondo dell’amor di Patria positivo. Alla Mazzini. Per intenderci.

Leonardo Varasano, Nazione pop. L’Idea di patria attraverso la musica, prefazione di Luigi Cimmino, Rubbettino, Soveria Mannelli 2023