«Agenda Monti per vincere il declino» (Il Messaggero)

del 7 Novembre 2012

12e0121c_tra_buttiglione_150Da Il Messaggero – 7 novembre 2012

La road map per il dopo 2013 nell’ultimo saggio di Buttiglione
«Solo proseguendo l’esperienza del governo Monti l’Italia può farcela, può vincere la sfida contro il declino. E’ ora di capire che non ci può essere più una politica affetta dal morbo della ricerca spasmodica e malata del consenso».

Rocco Buttiglione nel suo nuovo libro «La Sfida, far politica al tempo della crisi» lancia il manifesto del montismo. Centosettanta pagine in cui il presidente dell’Udc indica la ricetta per rendere comprensibile agli italiani la necessità di tenere Mario Monti a palazzo Chigi anche dopo le elezioni. «Il libro è nato da una serie di conversazioni con le mie figlie ed i miei generi, a cui cercavo di spiegare, in modo per quanto possibile semplice e chiaro, quello che andava succedendo», racconta il politico-filosofo. «Mi sono accorto parlando con loro, che molte persone anche di cultura medio-alta non hanno consapevolezza della portata della crisi davanti alla quale si trova non solo l’Italia ma anche l’Europa e l’Occidente tutto. Molte critiche al governo Monti nascono da questa mancanza di consapevolezza. Ci si lamenta dei tagli, delle riduzioni di prestazioni, dei disagi, e non si vede la minaccia drammatica di perdita del benessere e della sicurezza di vita davanti alla quale ci troviamo. E per resistere a questa minaccia che è necessario fare sacrifici e cambiare anche abitudini consolidate di vita». Da qui la mission de «La sfida»: «Va spiegata la drammaticità della crisi, l’Italia rischia veramente di diventare un Paese povero. Solo comprendendo questo riusciremo a fare i sacrifici necessari per rilanciarci». Secondo Buttiglione,.«per vincere la sfida serve l’unità d’azione di tutte le persone responsabili. La politica ieri funzionava distribuendo denari, oggi non può più farlo. Non si aggrega più consenso promettendo alle varie categorie di fare qualcosa per loro, devi chiedere a loro di fare qualcosa per la collettività, per il Paese». Dunque, a giudizio del presidente Udc, ci vuole un’altra politica in grado di che spiegare la gravità della situazione. «Rischiamo di finire tra i Paesi della fame. La fame vera», insiste Buttiglione. «E bisogna individuare un percorso che ci permetta di crescere di nuovo. Va ridotto il carico fiscale, vanno tagliati i costi della democrazia. Serve uno Stato sociale che lavori direttamente con le famiglie, invece di disperdere le sue energie in grandi organizzazioni burocratiche». Il messaggio che lancia Buttiglione non è complesso. Va dritto al cuore della crisi: «Abbiamo tanti problemi. La colpa è di Berlusconi è dei politici, ma la verità è che siamo davanti anche ad altre due grandi sfide. La prima è riportare sotto controllo una finanza pubblica. La seconda è la sfida della competitività con i Paesi emergenti. In Italia costruire le macchine costa troppo e allora si costruiscono fuori, in Italia fare il tessile è troppo costoso e allora il tessile si fa fuori. Dunque, o noi impariamo a fare cose che i cinesi e i Paesi emergenti non sanno fare, e quindi facciamo un grande investimento in conoscenza. Oppure non ci salviamo. Ma per avere le risorse per un investimento di questa portata dobbiamo lavorare duro, stringere la cinghia».
Un riscatto che l’Italia non può fare da sola. «Abbiamo bisogno di più Europa», scrive Buttiglione. «Un’Europa che creda in se stessa e investa su se stessa. Ci vuole un grande piano europeo per migliorare la competitività del Vecchio Continente. E questo è possibile solo attraverso un’unione politica che porti alla nascita degli Stati Uniti d’Europa. Da sola l’Italia è un granellino perciò deve fare blocco con gli altri Paesi europei. La sfida è con l’India, la Cina, il Brasile. Possiamo crescere tutti assieme. Ma se noi non facciamo un salto in avanti e non impariamo a fare nuove fonti di energia, nuovi materiali, biotecnologie e nano-tecnologie, se non saremo noi a completare la rivoluzione informatica che è lungi dall’avere esaurito le proprie potenzialità, saremo spacciati (…). Se pensiamo di vivere facendo le magliette in competizione con i cinesi siamo morti. Serve la riforma dell’economia e della conoscenza».

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