Il destino della politica secondo Galli della Loggia (Corriere della Sera)

del 4 Novembre 2013

Da Corriere della Sera del 2 novembre

Stato, patria, religione. Il profilo di Ernesto Galli della Loggia tracciato da Roberto Esposito, Giovanni Belardelli e Roberto Pertici, in un dossier della «Rivista di Politica» edita da Rubbettino, indica questi temi come oggetto prioritario della sua ricerca. I testi pubblicati dal periodico diretto da Alessandro Campi, rielaborazioni degli interventi pronunciati a un convegno tenuto a Napoli per i settant’anni di Galli della Loggia, sono raccolti sotto il titolo Pensare l’Italia, poiché è alla nostra sorte come nazione che sono dedicati i suoi scritti più importanti. Si pensi al libro La morte della patria (Laterza, 1996), le cui riflessioni sull’8 settembre, osserva Belardelli, sono diventate non solo un bersaglio costante della storiografia antifascista più convenzionale, ma anche un punto di riferimento polemico per alcune iniziative istituzionali. Assai significativo, sottolinea Pertici, è poi il dialogo avviato da Galli della Loggia con il mondo cattolico, a partire da presupposti ben diversi da quel giudizio negativo sul ruolo della Chiesa nella storia d’Italia che caratterizza la maggioranza degli studiosi non credenti. Galli della Loggia, nota Pertici, ha «cercato di reintrodurre nel dibattito pubblico italiano alcuni temi del paradigma conservatore», tra i quali l’esigenza di salvaguardare i valori della tradizione cristiana occupa un posto di primo piano. Anche Esposito riconnette l’editorialista del «Corriere» al filone del pensiero conservatore europeo, ad autori come Augusto Del Noce, però dissente dalla ricetta indicata da Galli della Loggia come unica speranza per l’Italia nella bufera della globalizzazione e della crisi finanziaria, cioè «una ripresa di quell’agire politico capace di una decisione di fondo sul nostro destino», anche attraverso la modifica della Costituzione.
Una riscoperta dell’idea di Stato, mentre infuria «il processo di destatalizzazione», pare ad Esposito anacronistica: si tratta piuttosto di rivisitare, aggiunge, la «stessa categoria di sovranità». Ma si può davvero utilizzare la «differenza italiana», cioè il nostro debole senso dello Stato, come una risorsa da giocare nella grande partita aperta in Europa? Sarebbe un piccolo miracolo, su cui Esposito scommette, ma al quale Galli della Loggia non pare disposto a credere.

Antonio Carioti

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