L’altra faccia della Guerra Fredda. L’esercito silenzioso del doppio gioco (Quotidiano del Sud/L'altra voce dell'Italia)

di Domenico Vecchiarino, del 6 Novembre 2022

Fidel Castro è forse il leader mondiale che ha subito il più alto numero di tentativi di assassinio. Secondo l’ex capo dei servizi segreti cubano Fabio Escalante, che sul tema ha scritto il libro 638 ways to kill Castro, sarebbero stati appunto 638 i tentativi con i quali i servizi segreti americani avrebbero tentato di uccidere il Lìder Maximo. Dal sigaro esplosivo a quello avvelenato, dalla conchiglia riempita di esplosivo dipinta con colori luminosi per attirare la vittima alla muta da immersione infettata da un fungo velenoso, considerata la sua passione per le immersioni. E ancora altri tentativi con il veleno; poi batteri per il fazzoletto da naso, batteri da caffè e batteri da tè fino ad arrivare  all’organizzazione di una vera e propria sparatoria in pieno stile mafioso. Uno degli episodi più noti e discussi tra i tentativi di uccisione di Fidel Castro riguarda Marita Lorenz, una sua ex amante che fu reclutata dalla Cia nel 1960. La storia di Marita, come ogni storia di spie che si rispetti, è una storia molto intrigante. Lo spionaggio, era  un’attività radicata nella famiglia. La madre di Lorenz, Alice Lofland, era un’attrice e ballerina a Broadway […]. Durante la guerra […], dopo aver salvato un pilota inglese e un soldato francese, fu reclutata dall’intelligence britannica e vi prestò servizio fino alla cattura, che avvenne quando Marita aveva 5 anni. Entrambe, furono inviate al campo di concentramento di Bergen-Belsen in Germania Liberata dagli alleati, la famiglia Lorenz si trasferì in una città tedesca, Bremerhaven, e successivamente negli Stati Uniti, dove Alice andò a lavorare per l’intelligence dell’esercito americano e in seguito per l’Oss, il precursore della Cia, mentre suo marito, passato alla marina mercantile, divenne comandante del transatlantico di lusso MS Berlin. All’età di nove anni, la piccola Marita, convinse i suoi genitori a lasciarla lavorare sulle navi da crociera di suo padre e per diversi anni viaggiò con lui per le Americhe. Il 28 febbraio 1959, quando Marita aveva circa 20 anni, il Berlin arrivò a L’Avana e Fidel Castro, da poco al potere, la vide dalla terrazza dall’Habana Hilton, suo quartier generale, e decise di far visita alla nave. «Ero in piedi sul ponte», ricorda Lorenz in un’intervista, «e in
lontananza potevo vedere questa lancia che veniva verso di noi. Era pieno di circa 27 uomini, tutti con la stessa barba. Uno era più alto degli altri. Era in piedi a prua e aveva un fucile. Ho detto, “Oh, merda, cos’è questo? Siamo stati invasi”». Suo padre stava facendo il suo pisolino pomeridiano, quindi Marita prese il comando. «Ho gridato loro in tedesco. Quello alto gridò: “Voglio salire a bordo”. Ho chiesto chi  fosse, e ha iniziato a ridere e mostrare un sacco di denti. “Yo soy Cuba”, disse. “Comandante Fidel Castro”. Gli ho ricordato: “Questo è suolo tedesco”. Fidel disse: “Sì, ma tu sei nel mio porto”» . Un bell’uomo si fece avanti e si presentò come Che Guevara dicendo: «Voglio una birra tedesca». Nel giro di poche settimane lei divenne la  sua amante, andando ad abitare negli appartamenti del Lìder Maximo presso l’Habana Hilton, diventandone segretaria particolare. […] Quando la relazione terminò, Marita fece ritorno negli Stati Uniti […] dove si sistemò a Miami che in quegli anni era divenuta la «capitale» degli esuli cubani anticastristi. Qui, influenzata anche dalla frequentazione con questi ultimi, iniziò a ripensare agli ultimi giorni della sua relazione con Fidel che ebbero un epilogo drammatico. Marita infatti nel suo ultimo periodo a l’Avana era rimasta incinta del Lìder Maximo, e una sera, durante il settimo mese di gravidanza, fu rapita e drogata. Quando si risvegliò era in ospedale con un medico che le diceva che andava tutto bene. Successivamente le dissero che il bambino era stato portato via a causa dei nemici di Fidel. Una seconda versione della storia, invece, racconta che in ospedale le fu praticata un’interruzione di gravidanza. Sta di fatto che dopo questo drammatico evento crebbe tantissimo il suo risentimento e il suo odio contro Castro. Venne avvicinata dalla Cia, forse anche per via dei contatti di sua madre, e le propose di diventare un’agente. Ricevette un  addestramento paramilitare riservato agli agenti operativi grazie al quale divenne agente speciale e si guadagnò il nome di battaglia «tedeschina  insensibile» e prese parte alla celebre Operazione 40, cioè il programma di reclutamento di esuli cubani in funzione anticastrista che sarebbe  culminato con la disfatta di Baia dei porci. Ma Marita era una risorsa troppo importante e preziosa per essere utilizzata in una semplice invasione. Grazie al suo passato, la Cia ideò un piano secondo il quale lei sarebbe stata in grado di uccidere Castro. E così, con la scusa di dover sistemare alcune faccende personali la Lorenz ritornò nuovamente a Cuba, nascondendo in un barattolo di crema per il viso
Pond’s due pillole di tossina botulinica che sembravano fatte di gelatina bianca per avvelenare Castro. Il piano era semplice, organizzare una sorta di honey trap, una «trappola al miele», per eliminare il Lìder Maximo. L’incontro tra i due avvenne nella suite dell’Hilton. Quando finalmente Castro arrivò era diffidente. «Perché te ne sei andata così all’improvviso?» fu la sua prima domanda. «Stai andando in giro con quei controrivoluzionari a Miami?». Lei rispose: «Sì, e volevo vederti». Fu così che il Lìder Maximo tirò fuori la pistola e gliela porse. La donna non trovò il coraggio di sparare, i due fecero l’amore, poi Castro andò via dall’hotel per partecipare a un comizio; lei gli lasciò un biglietto in camera e se ne andò. Tornata negli Usa continuò a lavorare
sempre per la Cia all’Operazione 40, che in quel momento era nel pieno della fase addestrativa. Il gruppo di Lorenz, la Brigata internazionale anticomunista, era di stanza nelle Everglades e il ruolo di
Marita, tra i tanti affidatigli, fu quello di rubare yatch di lusso da adibire al trasporto clandestino delle armi destinate ai controrivoluzionari dell’America Centrale. Durante una campagna fondi per la causa  anticastrista conobbe Marcos Pérez Jiménez, deposto Presidente del Venezuela, che era in esilio dorato negli Stati Uniti, dopo che un’insurrezione aveva posto fine alla sua dittatura. Lei, nonostante l’ex Presidente non fosse affascinante come Castro, iniziò una relazione con lui. Un mese dopo essere diventata l’amante di Pérez Jiménez, Lorenz rimase incinta. Per più di due anni fu l’Evita di Miami,  beatamente protetta dalla ricchezza e dal potere di Pérez Jiménez negli Usa. Ma il 16 agosto 1963, sotto le pressioni di Robert Kennedy, Jiménez fu estradato e incarcerato in Venezuela e lei compì il grande gesto di seguirlo. Dopo un periodo di prigionia fu salvata da sua madre che le garantì il ritorno negli Stati Uniti. Dopo il periodo venezuelano tornò a lavorare per la Cia, e secondo quanto da lei riportato nel suo libro autobiografico Marita: One Woman’s Extraordinary Tale of Love and Spionage from Castro to Kennedy, pubblicato nel 1993 con la Warner Books, scrisse un resoconto dettagliato delle sue azioni alla vigilia dell’assassinio del presidente John F. Kennedy nel novembre 1963. Nel suo racconto riportò di essere stata destinata ad accompagnare in auto un gruppo operativo destinato a una missione altamente segreta e clandestina a Dallas e che con lei c’erano, Frank Sturgis, che fu poi coinvolto nello scandalo del Watergate, e Lee Harvey Oswald che uccise Kennedy il 22 novembre dello stesso anno[…]. Nel 1970 sposò il manager di un condominio a New York. I due lavoravano per l’Fbi spiando molti membri del consolato sovietico e diplomatici dell’Europa dell’est che vivevano nell’edificio. La storia di Lorenz è stata l’ispirazione per il film 1999 di Jack Bender My Little Assassin.