Fumo e fisco. Come abbattere il livello di evasione fiscale? (Il Foglio)

di Enrico Cisnetto, del 20 Luglio 2012

Da Il Foglio – 20 luglio 2012
Per alleggerire le tasse in Italia non basta recuperare l’evaso: bisogna controllare le sigarette
La Confcommercio sostiene che l’economia sommersa sia pari a 280 miliardi, cioè il 17,5 per cento del pil, e che, di conseguenza, l’evasione fiscale ammonti a circa 154 miliardi di euro, il 55 per cento dell’imponibile evaso. Ora, se come probabile queste stime sono giuste, significa che il recupero di una dozzina di miliardi derivante dalla lotta contro gli evasori – cioè il target che si è dato il governo dopo aver intensificato le azioni di deterrenza – porta nelle casse dello stato neppure un decimo dell’intero ammontare di tasse non pagate. Questo vuol dire che agli sforzi fatti fin qui dall’ Agenzia delle entrate occorre aggiungere altro, se l’Italia vuole perdere il non invidiabile primato mondiale di pressione fiscale effettiva rispetto al pil emerso (54,8 per cento). La letteratura economica è ricca di suggerimenti, e sono stimolanti quelli contenuti in un libro appena uscito (“Lotta di tasse”, Rubbettino) che ho già citato in questa rubrica perché ritengo sia destinato a far discutere. L’autore, Francesco Delzio, propone di abbattere il livello di evasione fiscale attraverso un “patto di giustizia fiscale” basato su quattro regole: a. bonus per la delazione; b. sanzioni non monetarie per chi evade, cioè la chiusura dell’attività; c. trasparenza sui comportamenti fiscali dei commercianti, per esempio usando il “bollino blu” o la “black list”; d. sospensione dell’erogazione di servizi pubblici per chi evade. Delazione a parte, mi sembra che si tratti di idee ragionevoli, che meritano una discussione di merito.
lo mi permetto qui di dare un altro tipo di suggerimento: agire sui macronumeri, cioè sulle grandi voci del bilancio delle “entrate mancate”. Una, in particolare, mi deriva dall’osservazione dei dati più recenti relativi al tabacco (ma si potrebbe allargare anche agli alcolici e ai farmaci).

Sulla base dei controlli effettuati congiuntamente da dogane e Guardia di Finanza, è stimato in circa 2,8 miliardi di sigarette la dimensione del mercato illegale in Italia di tali prodotti (di cui 413 milioni anche contraffatte). Ora, se così fosse, la perdita per l’erario, risulterebbe di 485 milioni di euro. Cifra non certo risibile e che viene accreditata anche nel XV Rapporto Nomisma sulla filiera del tabacco (stilato nell’aprile 2012 e realizzato con il contributo delle major delle sigarette), ma che pare davvero lontana dalla realtà. Prima di tutto perché per calcolarla si è ricorsi a un moltiplicatore “10” rispetto ai dati del materiale sequestrato, che è sì applicato in Europa, ma a paesi che non hanno certo i chilometri di costa che ha l’Italia. E poi perché in base a queste stime le sigarette consumate in Italia che non hanno pagato l’accisa si aggirerebbero intorno al 3,7 per cento del totale, a fronte del 14 per cento della Francia, del 12 per cento della Germania e persino dell’8 per cento della Svizzera. E’ possibile che il paese con un sommerso smisurato e uno dei più alti livelli di evasione fiscale poi sia 34 volte più virtuoso degli altri proprio sulle sigarette? In realtà, rimesso in media con i paesi europei, il dato italiano passerebbe da 500 milioni a 2 miliardi di euro. Una cifra che, se recuperata, rappresenterebbe da sola quasi il 20 per cento dell’attuale rivenienza dalla lotta all’evasione fiscale complessiva. E siccome le tecnologie per “tracciare” i pacchetti di sigarette, da usare in aggiunta all’attuale etichettatura, esistono e in molti paesi del mondo i governi e le amministrazioni preposte se ne sono dotati ottenendo straordinari risultati, non si capisce perché una scelta di questo genere non dovrebbe farla anche l’Italia. Naturalmente stando attenti a non cadere nella trappola di “comprare”, magari attratti dal buon prezzo, i sistemi di controllo che gli stessi produttori di sigarette stanno cercando di piazzare, visto che in quel modo i controllati diventerebbero controllanti (tra l’altro c’è una risoluzione europea che l’Italia ha firmato che lo impedisce). Non voglio qui lanciare accuse prive di prove inoppugnabili, ma è del tutto evidente che mentre le sigarette contraffatte (il grosso pare arrivi dalla Cina) sono un danno per le multinazionali del tabacco – ma l dati forniti dalla Guardia di Finanza ci dicono che sono solo il 15 per cento del sequestrato – mentre quelle “originali” su cui è stato omesso di pagare le tasse (perché non hanno l’etichetta del Poligrafico o ce l’hanno falsificata) sono invece un problema solo per l’erario. Dunque, vogliamo prendere il toro per le corna e, modernizzando il sistema di monitoraggio dei pacchetti di sigarette, recuperare una bella fetta di quei 2 miliardi che “vanno in fumo”?

Di Enrico Cisnetto

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