Educazione civica a scuola, l’intuizione di Aldo Moro nel libro di Caligiuri (ecostiera.it)

del 7 Ottobre 2020

L’educazione civica è diventata di nuovo materia obbligatoria dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria. I curricoli dovranno essere elaborati dai docenti con lo scopo di preparare gli alunni-cittadini a un percorso formativo generale in grado di capire la società e i suoi percorsi. E’ stato Aldo Moro a volere per primo l’educazione civica nelle scuole, come racconta Mario Caligiuri, docente di pedagogia della comunicazione presso l’Università della Calabria, nell’interessante libro “Aldo Moro e l’educazione civica”, edito da Rubbettino.

Caligiuri ha inquadrato la proposta legislativa di Moro del 1958 per istituire l’educazione civica nell’ambito politico, culturale ed educativo del tempo. Secondo l’autore, i contenuti dell’educazione civica, piuttosto che essere dispersi in mille rivoli, andrebbero concentrati su un unico tema: la disinformazione è la principale emergenza educativa e democratica di questo inizio secolo. Il libro (83 pagine, escluso tutti gli elementi bibliografici e le fonti) spazia dal contesto politico a quello educativo, approfondendo il clima della ricostruzione morale ed economica del Paese. L’autore invita a chiarire gli “scopi politici” dell’istruzione, precisando che l’autentica scuola democratica è quella che premia il merito, riducendo le distanze sociali. Esattamente l’opposto di quanto è accaduto dal Sessantotto in poi, dando vita a una società dettata dall’analfabetismo di massa che popola una democrazia dove tutto sembra possibile. 

“La scelta di proporre l’educazione civica – si legge nel libro – matura nello scenario politico degli anni ’50 del Novecento, segnati da un’aspra contrapposizione tra le sinistre e la Democrazia cristiana, a cominciare dall’adesione dell’Italia alla Comunità economica europea e all’Euratom”. E questi anni furono anche determinanti per la ricostruzione e il boom economico, mostrando sempre più il divario tra un nord ricco e un sud arretrato. L’istituzione poi della Cassa del Mezzogiorno cercò di attenuare questo dualismo. Interessante il capitolo “Il contesto culturale” dove l’autore inquadra l’epoca e i suoi eventi più significativi con il ruolo della televisione che cominciò a svolgere un ruolo determinante nella formazione e informazione dei cittadini. 

A differenza del Partito comunista, la Dc ad esempio aveva capito l’importanza della televisione “soprattutto dal punto di vista educativo”. Mario Caligiuri ricorda la frase profetica attribuita al giornalista e scrittore Ennio Flaiano: “Tra 30 anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione”. Come non dargli ragione anche quasi dopo cinquant’anni?

Caligiuri ricorda poi anche il ruolo avuto nel 1945 da Carleton Wolsey Washburne, un pedagogista statunitense nel ridisegnare appena nacque la Repubblica italiana, la mappa educativa dell’Italia  (definendo i compiti della scuola pubblica e privata) che ereditava la legge Gentile del 1923, fatta in pieno fascismo, in un’epoca in cui il 70% della popolazione era analfabeta. 

Era il 1958 e il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi su proposta del ministro Aldo Moro emanò così il decreto che stabiliva l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole. Così i programmi di insegnamento della storia si integrarono con quelli di educazione civica, rappresentando una materia “che ignora differenze di classi, di censi, di carriere di studi”.  L’educazione civica può aiutare a riportare la persona al centro del processo educativo. Perché, come si sottolinea nel libro: “Il fondamento dell’educazione civica è di fornire la consapevolezza che la dignità, la libertà, la sicurezza non sono beni gratuiti come l’aria, ma conquistati”. E quindi idee come “Libertà, Giustizia, Legge, Dovere, Diritto” vanno interiorizzate e difese.

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