Donne e valori, c’è da ricostruire (Avvenire)

di Domenico Delle Foglie, del 29 Giugno 2012

Armando Matteo

La fuga delle quarantenni

Il difficile rapporto delle donne con la chiesa

Da Avvenire– 28 giugno 2012
Avvicinarsi all’universo femminile senza incorrere nei rischi della banalizzazione e dell’incomprensione è oggettivamente difficile. Ma vale la pena provarci, anche partendo dalla consapevolezza che le mutazioni antropologiche in atto sono così profonde, da pretendere un tentativo di decodificazione. Prendiamo il caso delle quarantenni italiane, oggetto di un recente libro del teologo Armando Matteo La fuga delle quarantenni (Rubbettino). Se il teologo è preoccupato per !’interruzione della «trasmissione della fede» che nel nostro Paese è (meglio era) assolutamente “matrilineare”, qui vogliamo piuttosto interrogarci sulla «trasmissione dei valori».Se nel mondo “perfetto” la fede era l’orizzonte di senso entro il quale valori come la famiglia, la vita e la libertà di pensare-credere-educare, vivevano di vita unitaria dentro una cornice di larga condivisione; nel nostro mondo “imperfetto” è tutto uno stiracchiare di qua e di là, senza un asse ordinativo e una spazio contenitivo. È il nuovo mondo libero, si dirà. Giusto, ma… Proprio in questo mondo “imperfetto”, in cui i maschi (maschi credenti compresi) hanno creduto che le loro donne (mogli e figlie) perpetuassero quasi automaticamente e per destino genetico l’amore per la famiglia, la vita e l’educazione, si è determinato un divorzio silenzioso dalla “vecchia” antropologia di riferimento. I processi di secolarizzazione hanno fatto il loro cammino sostanzialmente senza trovare ostacoli, così che le donne italiane sembrano oggi privilegiare comportamenti maschili, con la rinuncia non solo ai vincoli morali ma anche ai valori di riferimento.

Basti ricordare che nel mondo del nuovo femminismo si contesta con forza la vocazione di cura delle donne, architrave dell’antropologia cristiana. Per comprendere ancor meglio le mutazioni antropologiche messe in moto silenziosamente e senza tanti proclami dalle generazioni femminili nate dopo gli anni Settanta, possiamo ragionevolmente ipotizzare che il nostro tempo è quello dell’interruzione della “trasmissione dei valori” di matrice “matrilineare”.

Con l’aggravante che i coetanei maschi non sembrano aver nulla da eccepire.

Niente matrimonio? Benissimo. Solo convivenze? Meno doveri. Niente figli? Meno responsabilità. Gravidanze in tarda età e con metodiche spericolate? Una giusta rivendicazione. Divorzio breve? Un fastidio in meno. Fecondazione eterologa? Un nuovo diritto. Staccare la spina? Un atto di pietà. E potremmo continuare. Nella scala discendente del meno tutto. Sino al fondo, di una vita meno vita. Qualcuno potrebbe osservare che c’è un nesso inscindibile tra interruzione della trasmissione della fede e dei valori. Difficile negarlo. Ma è altrettanto probabile che la risposta sia più complessa, perché c’è stato un tempo in cui quei valori (vita, famiglia, cura) erano largamente condivisi, a prescindere dal credo religioso. Sino agli anni Settanta erano oggettivamente trasversali ai ceti sociali, alle classi, alle militanze politiche, alle elaborazioni culturali di mondi fra loro lontani. Ora la realtà sembra restituirci un mondo in cui i vecchi valori faticano a stare nel gioco sociale, mentre non se vedono di nuovi, se non filtrati dentro la scala di giudizio degli interessi e dei poteri.

Difficile vivere e muoversi in un mondo in cui è complicato difendere il valore della famiglia formata da un uomo e una donna disponibili ad accogliere i figli. Un filo di speranza viene da una forte sacca di resistenza presente proprio all’interno del mondo cattolico. Basti pensare ai genitori che hanno accompagnato a Milano i propri figli cresimati all’incontro con il Papa a San Siro. Oppure alle migliaia di catechiste che non mollano l’impresa. Ma l’interruzione della trasmissione dei valori è una questione che non può e non deve riguardare solo i credenti e in particolare le giovani donne credenti. Urgono creatività sociale e fantasia intellettuale per riprendere un dialogo su questi temi con tutte le donne, credenti e non credenti. Così da rimetterci in linea antropologica di galleggiamento.

Di Domenico Delle Foglie

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