Abolire lo Stato e cambiare la costituzione. La ricetta di Nannipieri per salvare l’arte. (Affari Italiani.it)

del 11 Ottobre 2013

Da Affari Italiani.it del  9/10/2013

Per far rinascere la cultura e la ricerca in Italia occorre un cambiamento radicale che dia centralità alla persona e alle libere comunità che nascono nei territori. Nessun museo, biblioteca, archivio, festival o università deve essere preservato senza che siano gli individui e le comunità a volerlo. La cultura infatti non è un obbligo o un diritto, ma un desiderio. A pensarla così è Luca Nannipieri, giornalista, direttore e fondatore del Centro Studi umanistici dell’Abbazia di Sansavino, che da anni conduce una dura battaglia per preservare il patrimonio artistico italiano, ovvero tutti quei monumenti che rendono il nostro Paese uno dei più “ricchi” al mondo e che non si esauriscono nella cappella Sistina o nella cupola del Brunelleschi. Nel nuovo libro Libertà di cultura. Meno Stato e più comunità per arte e ricerca, lancia una provocazione: il peso dello Stato deve pian piano regredire e permettere che le comunità si riapproprino dei loro patrimoni e territori e trasformino le loro culture come meglio credono, senza che vi sia un supervisore superiore che ne orienti le scelte con divieti o appoggi.
Per far questo occorre un cambiamento della Costituzione e delle leggi, l’abolizione delle Soprintendenze e degli Istituti centrali, e una trasformazione profonda dei paradigmi che dominano l’asfittico sistema culturale italiano.

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Le sue parole: “Per rilanciare la cultura e l’arte in Italia, occorre cambiare la Costituzione, abolire Ministero dei Beni Culturali, Soprintendenze e Istituti Centrali per le Biblioteche e per il Restauro. Abolire l’UNESCO: chiamare un luogo patrimonio dell’umanità è quanto più storicamente sciocco possa passare per la mente di un uomo. Chi è l’Unesco per parlare a nome dell’Umanità? Le comunità, i cittadini, le associazioni e le aziende prendano loro in mano il patrimonio al posto di uno Stato incapace e ladro. Nessun museo, biblioteca, archivio, festival o università deve essere preservato senza che siano gli individui e le comunità a volerlo. La cultura infatti non è un obbligo o un diritto, ma un desiderio. Un museo come gli Uffizi può essere domani trasformato o chiuso, e le sue opere disperse, se così vorranno gli individui e le comunità”.

Da Libertà di cultura di Luca Nannipieri:

Per paura dei barbari, i cinesi alzarono la Grande Muraglia. Per paura degli spacciatori a Padova, il sindaco alzò un muro di 3 metri, lungo 80. Per paura delle mie idee, molti storici dell’arte e funzionari del Ministero dei Beni culturali hanno alzato una corazza e si sono rifiutati di partecipare a dibattiti comuni. Ormai è un gesto noto nella Storia: quando non ti vuoi confrontare con il diverso, alzi il muro, così l’infetto, l’indegno rimane dall’altra parte, lontano dagli occhi.
Prendiamo ad esempio i principi in carrozza della storia dell’arte: Salvatore Settis, in un suo articolo di Repubblica, pur di non nominare il mio nome, avendo però citato ciò che avevo scritto, si esibisce in un’acrobazia da contorsionista; Tomaso Montanari non si confronta con me in un dibattito pubblico o sul Fatto quotidiano, ma se la sbriga in un suo libro per Skira dicendo di me che sono il nulla e che profetizzo il nulla; l’ex ministro e direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, il presidente del FAI Andrea Carandini, la supersoprintendente Cristina Acidini, che intervengono su ogni cosa del patrimonio, con me-barbaro dimostrano il silenzio più totale, nonostante le mie proposte uscite sul Giornale, su Libero e su altri quotidiani nazionali, oltre che sul sito della Fondazione Magna Carta, la fondazione di riferimento dello schieramento politico più grande d’Italia.E Vittorio Sgarbi che fa? E’ l’ultimo di loro e non risponde oppure batte un colpo? Qualche volta sul Giornale ha reagito alla discussione che ho lanciato, ma sembrava più interessato a dibattere sulla sessualità di Oliviero Toscani che mettersi attorno ad un tavolo per rilanciare assieme il patrimonio. E Philippe Daverio? Figuriamoci, quello pensa solo alla Tv. Discutere con il diverso è difficile. Ma che cosa dico di tanto scandaloso? Come scrivo nel libro “Libertà di cultura” (Rubbettino editore), dico che nessun museo, nessuna pinacoteca, nessuna biblioteca può essere tenuta aperta senza che siano gli individui e le comunità a volerlo. Un museo come gli Uffizi può essere domani chiuso e le sue opere disperse se così vorranno le persone. Affinché le comunità siano lasciate libere di decidere il patrimonio che loro sentono caro, occorre decostruire tutto il sistema attuale della tutela e della valorizzazione dell’arte. Occorre cambiare la Costituzione italiana (nei suoi articoli 9 e 117), occorre cambiare il Trattato europeo di Lisbona (nel suo articolo 167), mettere in pensione il Codice dei Beni Culturali, così come occorre abolire il Ministero, le Soprintendenze e gli Istituti centrali: lo Stato deve ritirarsi per lasciare alle comunità, alle amministrazioni locali, il potere di decidere cosa sia il loro patrimonio. Non deve essere l’Unesco, le Nazioni Unite, l’Europa, lo Stato italiano, non devono essere queste strutture verticistiche, questi dei artificiali, a comandare sul presente e sul futuro di una piccola pieve a Parma, delle chiese rupestri di Matera, di un Antonello da Messina a Cefalù, di un castello in Lunigiana. Devono essere le comunità, di concerto con le amministrazioni locali, a decidere sul futuro del loro patrimonio. Patrimonio è ciò che i padri lasciano ai figli. Ma sono i figli a decidere poi cosa conservare in soffitta o nel cuore e cosa buttare alle ortiche. Né lo Stato né l’Unesco possono arrogarsi il diritto di decidere per noi che cosa vogliamo conservare dei padri. Apriti cielo. Arriva il barbaro. Il metodo di moltissimi storici dell’arte per allontanare il “diverso” che io incarno ha i guanti bianchi: chiudono ogni discorso, emarginano l’infetto dicendo che non è competente, che non è titolato, e che le sue sono sciocchezze, e così finisce tutto. Nessun dibattito comune, nessun confronto pubblico. Il risultato è raggiunto: il muro è alzato, il barbaro è dall’altra parte. Se volete conoscere la paura del nuovo, la paura del futuro, prima di andare in Cina sulla Grande Muraglia, bussate ad uno storico dell’arte.

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