Antonella Bartolo, con il libro “Matite Sbriciolate” – Rubbettino Editore – di cui è autrice, ha voluto essere portavoce dell’inferno vissuto dai 650mila militari italiani, non prigionieri di guerra ma Internati Militari Italiani (IMI) nei lager nazisti del Terzo Reich, e sfruttati come facile manovalanza nelle fabbriche tedesche. Racconti inquietanti narrati da un testimone d’eccezione, suo suocero il Capitano Antonio Colaleo, affettuosamente chiamato in famiglia “nonno Antonio”, catturato dopo l’8 settembre ’43 e deportato nei campi di concentramento in Germania, per ben due anni, fino alla liberazione nel ‘45.
Una prima immagine dai colori pastello e la scoperta di altri 33 disegni sono l’indizio di una storia dolorosa da ripercorrere, e raccontare in nome della dignità di “Nonno Antonio” e di tanti altri come lui.
Piccole opere minuziose realizzate durante la reclusione e che, al suo ritorno, avrebbe cautamente chiuse nel silenzio di un cassetto per più di settant’anni, convinto che fosse giusto dimenticare quel periodo doloroso e perso nel disinteresse generale.
Un racconto tormentato, tenuto taciuto e risvegliato dalla sensibile curiosità di Antonella, tra indignazione e volontà di fare chiarezza per ricostruire la storia del Capitano Colaleo, partendo proprio da quei 34 disegni semplici, realizzati con matite furbescamente sbriciolate per sfuggire ai controlli.
E’ il sopruso alla “memoria soffocata” che fa scattare nell’autrice la rabbia e il senso di giustizia, sempre più determinata a portare alla luce fatti ignorati, semplicemente scivolati nell’oblio del tempo passato.
Antonella, “militante della memoria” come ama definirsi, avvia una ricerca storiografica e una meticolosa indagine a cui si intrecciano testimonianze di altri protagonisti di quella triste deportazione, racconti di grande coinvolgimento emotivo fatti di sofferenze e condizioni disumane, freddo, fame, malattie, soprusi ed ingiustizie, stenti ai quali circa 50mila militari non riuscirono a sopravvivere.
Il libro è un “inno alla memoria e alla personale resistenza” di un uomo che, attraverso l’amore per l’arte e il disegno, suoi punti di forza, è riuscito a dominare momenti bui e terribili per qualsiasi essere umano. Cattura il lettore la scrittura gentile e discreta dell’autrice, l’esposizione ordinata e temporale di avvenimenti umani e l’attenta descrizione dei luoghi, scenari dei tanti gravi soprusi.
E’ il diario di un viaggio, “il viaggio” che Antonella esorta Antonio a rivivere tra mente e cuore, che riporta ad eventi angoscianti non facili da rielaborare, e che è stato più semplice rimuovere per tanto tempo, per fare spazio alla pace interiore.
Ma se pur straziante, la testimonianza di “verità scomode” è giusto che vengano alla luce e facciano parte della storia per ripagare, con dignità e rispettabilità, quei tanti uomini abbandonati dalle istituzioni, militari e non, che lottarono con la propria vita nella speranza di un “paese libero”.
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