Craxi aveva pensato alla riforma presidenziale più di trent’anni fa (Libero)

di Caterina Maniaci, del 5 Giugno 2013

da Libero del 5 giugno 2013

Il dibattito sul presidenzialismo, sulla sua necessità o meno per far uscire dallo stallo i meccanismi farraginosi della politica italiana, lo aveva «anticipato» Bettino Craxi trent’anni fa. Uno fra i molti motivi per considerare il suo pensiero drammaticamente attuale, nonostante la damnatio memoriae a cui soprattutto la sinistra ha condannato la sua figura e la sua azione politica. Per questo è stato doppiamente significativo che alla presentazione del saggio di Andrea Spiri, dal titolo La svolta socialista. Il Psi e la leadership di Craxi dal Midas a Palermo (1976-1981) (edizioni Rubbettino) ci fosse anche Massimo D’Alema. Perlaverità, come lo stesso leader del Pd ha ricordato, non è la prima volta che affronta un «chiaro e aperto dialogo» su Craxi, da sinistra. Ma certo la discussione avviata durante quest’incontro potrebbe aprire nuove prospettive, o quantomeno nuovi spunti, per l’attuale dibattito interno alla sinistra e per quello, più generale e pressante, sulle riforme della politica e dello Stato.
Il libro è stato presentato ieri a Roma, presso l’Associazione Civita, insieme all’autore, Giuliano Amato, Stefania Craxi, D’Alema, Marco Gervasoni, Paolo Mieli, Marcello Sorgi, su iniziativa della Fondazione Craxi. Fra i presenti, Fabrizio Cicchitto e Franco Carraro. La maggior parte delle analisi della storia di Craxi si concentra soprattutto sul suo tragico declino e sulla sua vicenda personale, fino alla scelta dell’esilio in Tunisia. In realtà, come hanno sottolineato tutti i partecipanti all’incontro di ieri, lo studio accurato, attraverso fonti privilegiate fornite dall’archivio della Fondazione Craxi, dei cinque anni che portarono al consolidamento della leadership craxiana del Psi è forse quello più interessante e ricco di spunti di discussione oggi più che mai attuali. Perché era un Partito socialista, quello che nel luglio 1976 riuniva al Midas di Roma il suo Comitato centrale e che segnò la caduta di Francesco De Martino e l’ascesa di Bettino Craxi, che sembrava arrivato al punto più basso della propria storia, che Norberto Bobbio descrive come «senza bussola», frazionato in correnti che tentavano di sopraffarsi. E in tutto questo è facile ravvisare qualche precisa analogia con la situazione che vive oggi il Partito democratico, hanno rilevato Sorgi e Stefania Craxi. Secondo la quale è stata proprio «la storia vincente» del modello craxiano del partito del leader a trasformare il destino della sinistra riformista, negli anni Ottanta, da eterna perdente a protagonista dellavita politica, portando, tra le altre cose, l’Italia a comparire trai Paesi più industrializzati del mondo. «Bettino Craxi fu l’unico a parlare di presidenzialismo già negli anni Ottanta», ha ricordato sua figlia, e oggi l’Italia ha la necessità di una «terapia d’urto possibile solo attraverso il percorso presidenzialista», per affrontare e risolvere «i tanti problemi del Paese, gli antichi mali e i nuovi vizi, utile a rigenerare un tessuto democratico profondamente minato». Riformare la Costituzione, dunque, «per riformare i partiti», per creare un sistema in grado «di rivitalizzare e dare nuova funzione al ruolo dei partiti».
D’Alema non ha condiviso l’analisi di Stefania Craxi secondo la quale Psi e Pd presentano molte analogie, mentre ha concordato sulla cortina di silenzio che la sinistra italiana ha fatto scendere su Craxi. «L’accostamento non mi pare convincente se non per il caos correntizio», ha scherzato l’ex premier, «il Psi era una forza del 9% mentre il Pd, che pure ha mille problemi, ha una collocazione diversa». Certo il Partito democratico dovrebbe essere la grande forza riformista europea che finora è mancata all’Italia, ha spiegato, senza dimenticare come il difficile rapporto tra comunisti e socialisti abbia impedito al nostro Paese di avere un grande partito socialdemocratico come negli altri paesi europei. «L’assenza di una grande forza riformista europea è il problema che ereditiamo dalla lunga e travagliata storia dei rapporti tra socialisti e comunisti», ha ricordato il presidente della Fondazione Italiani Europei, «abbiamo dovuto sostituirlo con delle protesi inventando l’Ulivo e poi l’Unione, soluzioni determinate dalla storia, pure gloriosa, ma irrisolta della sinistra italiana». «Io del resto», ha ironizzato, «faccio parte della presidenza del Pse ma non faccio parte dei dirigenti del Pd e questo dà l’idea della complessità della nostra vicenda».
Sul tema caldo del momento, il presidenzialismo, appunto, D’Alema ha un altro punto di vista: «L’elezione diretta del presidente della Repubblica significa un sistema dove non c’è più l’arbitro. L’Italia non è la Francia. In Italia un arbitro super partes è essenziale per l’equilibrio democratico». E Amato ha avvertito: «La riforma istituzionale non può dare quello che non sa dare la politica. Una politica che non sa interpretare la società non diventa migliore se messa in una forma istituzionale più robusta. Si tratta solo di una protesi».

Di Caterina Maniaci

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