Romani racconta la decadenza del pallone (Il Giornale di Vicenza)

del 14 Settembre 2012

Da Il Giornale di Vicenza – 13 settembre 2012
Dalla schedina, un tempo innocuo passatempo per ragazzini, alle scommesse illecite su 40 possibili esiti di una stessa partita: chi segna entro i primi dieci minuti, quale squadra avrà più calci d’angolo o più ammoniti. La parabola discendente del calcio italiano, che sta vivendo un grandissimo scandalo, fra partite truccate e giocatori corrotti, sta tutta qua.

Ad Arzignano l’ha raccontata Pierpaolo Romani, giornalista e soprattutto coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 con l’intento di collegare enti e amministrazioni impegnate in buone pratiche e azioni concrete per promuovere una cultura della legalità. Romani, insomma, di mafia e malaffare se ne intende e a villa Brusarosco, ospite dell’associazione Arzignano Futura, ha presentato il suo libro “Calcio criminale” e raccontato il lato oscuro del mondo del pallone. «È stato Damiano Tommasi, presidente del sindacato dei calciatori – ha spiegato Romani ad un pubblico a dire il vero poco numeroso – a chiedermi di andare a Coverciano per parlare ad una sessantina di suoi colleghi, dei legami fra il calcio e la mafia. Mi sono trovato davanti Baggio e Rivera, Toldo e Juliano. Ho spiegato che la malavita vuole gestire il calcio perché significa manovrare una delle più grandi passioni degli italiani ed entrare nella quotidianità delle persone». È nato così il volume, in parte poi “tradotto” anche in un video, mostrato negli spogliatoi di tutte le squadre di serie A e B con lo scopo di togliere ai giocatori l’alibi del “non sapevo” e «denunciare i rischi del calcio scommesse, sia in termini di perdita di credibilità e quindi sponsor, che di pericolosi contatti con le associazioni criminali». «La malavita si intrufola nei campionati minori, nella Lega Pro e in serie D – ha raccontato il giornalista – dove i giocatori sono pagati poco e non sempre. Perché? Per riciclare soldi e perché il calcio è un formidabile veicolo di consenso sociale: dà riconoscibilità e prestigio. A Casal di Principe – ha proseguito – quando Francesco Schiavone, il boss di cui parla Roberto Saviano in Gomorra, acquistò la locale squadra di calcio, fu presentato come “un noto imprenditore”. Calcio per rifarsi un immagine, quindi: business e marketing e tribuna dello stadio come tribuna elettorale. «I ragazzini nei diari appiccicano le foto dei calciatori – ha concluso Romani – loro, gli sportivi, devono denunciare le proposte di combine, devono assumersi le responsabilità del proprio ruolo».

Se il calcio può essere la porta di ingresso delle mafie nella società, tocca ai giocatori tenerla chiusa. Il libro “Calcio criminale”, con la prefazione di Damiano Tommasi, è già disponibile in libreria, edito da Rubbettino.

 

Di Silvia Castagna

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