“Senza i compromessi stipulati dagli uomini delle istituzioni, la mafia non sarebbe mai sopravvissuta”

del 7 Febbraio 2012

“Nelle situazioni di emergenza gli apparati dello Stato, sfruttando le spaccature all’interno dei clan, sono disposti a ricorrere ai servizi della criminalità per superare la crisi. Nel caso di specie l’alleato sarebbe stato Provenzano, sempre con l’intermediazione di Vito Ciancimino. E questo fatto spiegherebbe vicende come la mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso il 31 ottobre del 1955 (…). Della presunta trattaviva va ricordato un ulteriore risvolto. Ha a che fare con il movente della strage di via D’Amelio dove morì Paolo Borsellino. (…) Non si può escludere che Paolo Borsellino fosse venuto a conoscenza di manovre poco chiare, iniziate dopo la strage di Capaci. In quel momento aveva idealmente raccolto il testimone di Giovanni Falcone. E chiunque poteva immaginare che non avrebbe mai potuto accettarle. Si sarebbe opposto con tutta la sua forza a qualsiasi tipo di accordo con i corleonesi. E questa circostanza potrebbe essere tra quelle che hanno armato la mano dei suoi assassini”.

Questa appena riportata è solo una delle inquietanti ricostruzioni delle trattative intercorse tra Stato e Mafia e minuziosamente descritte nell’ultimo libro del giudice Piergiorgio Morosini “Attentato alla giustizia. Magistrati, mafie e impunità” e recentemente edito da Rubbettino.


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