La Puglia come cardine strategico della politica balcanica italiana durante la Grande Guerra (lanostrastoria.corriere.it)

di Luciano Monzali, del 1 Gennaio 2020

Federico Imperato

La «chiave dell’Adriatico»

Antonio Salandra, Gaetano Salvemini, la Puglia e la politica balcanica dell'Italia liberale durante la Grande Guerra (1914-1918)

Federico Imperato, studioso e docente pugliese, è emerso come uno dei più interessanti e solidi esponenti della nuova generazione di storici delle relazioni internazionali italiani grazie ai suoi studi sulla politica estera dell’Italia repubblicana negli anni Sessanta e Settanta del Novecento e sul ruolo di Aldo Moro in essa. Come autore di monografie come “Aldo Moro e la pace nella sicurezza: la politica estera del Centro-sinistra, 1963-1968” (Bari, Progedit, 2011) e “Aldo Moro, l’Italia e la diplomazia multilaterale : momenti e problemi” (Nardò, Besa, 2013) e come uno degli ispiratori e curatori di volumi collettanei quali “Aldo Moro, l’Italia repubblicana e i popoli del Mediterraneo” (insieme a Luciano Monzali e Italo Garzia, Nardò, Besa, 2013), “Europa e Medio Oriente” (1973-1993) (insieme a Gianvito Galasso, Rosario Milano e Luciano Monzali, Bari, Cacucci, 2017) e “Fra diplomazia e petrolio: Aldo Moro e la politica italiana in Medio Oriente (1963-1978)” (insieme a Rosario Milano e Luciano Monzali, Bari, Cacucci, 2018), Imperato ha fornito un contributo importante e innovativo alla conoscenza documentata e seria, lontano da tanta propaganda negativa e pubblicistica e storiografia semplicistica, di quell’importante fase della storia e del ruolo dell’Italia nell’età della distensione, mettendone in rilievo l’originalità e il realismo. 

Lo studioso pugliese torna ora a dedicarsi a quello che era stato il primo suo argomento di studio, la questione adriatica nella prima guerra mondiale, al quale aveva dedicato la sua prima ricerca storica, “Roberto Forges Davanzati, il nazionalismo italiano e la politica estera italiana (1911-1918)” (Alessano, MFC, 2006), pubblicando l’opera “La «chiave dell’Adriatico». Antonio Salandra, Gaetano Salvemini, la Puglia e la politica balcanica dell’Italia liberale durante la Grande Guerra (1914-1918)”,  (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2019). Il libro esce sotto il patrocinio della Fondazione Giuseppe Di Vagno, una dinamica Fondazione d’ispirazione socialista, che sotto la guida di un intelligente ed esperto politico intellettuale come Gianvito Mastroleo, è divenuta una delle più attive istituzioni culturali del Mezzogiorno.

Con questa opera lo storico pugliese affronta un tema, la questione adriatica e i rapporti fra Italia liberale e i Balcani durante la prima guerra mondiale, che è un argomento classico della scuola storiografica di Mario Toscano, alla quale Imperato appartiene: su questo tema ricordiamo “Il Patto di Londra” (Pavia, Treves, 1931) e “La Serbia e l’intervento in guerra dell’Italia” (Milano, Giuffrè, 1939) di Mario Toscano, “L’Albania nella politica estera italiana 1914-1920” (Napoli, Jovene, 1970) di Pietro Pastorelli e “Italiani di Dalmazia 1914-1924” (Firenze, Le Lettere, 2007) di Luciano Monzali. Obiettivo del volume di Imperato è di analizzare un aspetto della questione adriatica trascurato dalla storiografia, ovvero ricostruire il ruolo della Puglia e della sua classe dirigente nella condotta politica, diplomatica e militare dell’Italia nei Balcani durante la Grande guerra. Questa ricostruzione segue due linee direttive analitiche. Da una parte, uno sforzo di analisi dell’impatto delle direttive della politica estera dell’Italia liberale sullo sviluppo economico e politico della società pugliese, dall’altra, la ricostruzione dello sforzo delle élite pugliesi di influenzare e partecipare al processo politico e decisionale alla base dell’azione internazionale italiana. Emerge qui la peculiarità del lavoro di Imperato rispetto a un classico lavoro di storia delle relazioni internazionali. Infatti l’autore si pone l’obiettivo di ricostruire questo ruolo della Puglia e dei pugliesi attraverso una ricerca di stampo multidisciplinare, che cerca di conciliare storia delle relazioni internazionali, storia militare, storia regionale e storia politica nazionale: egli dedica largo spazio alla dimensione diplomatica, ma cerca anche di ricostruire il dibattito politico italiano sull’alternativa tra interventismo e neutralismo, delinea con ampiezza di particolari l’azione militare in fronti di guerra ritenuti secondari, quali quelli in Albania e in Macedonia. Molto efficaci sono poi i brani nei quali delinea alcuni aspetti della vita economica e sociale delle Puglie nell’epoca liberale. 

Di fatto in questo volume Imperato, intellettuale e storico d’ispirazione marxista,riesce con successo e in maniera originale a fare incontrare e fondere risultati e approcci storiografici differenti: quello sopraccitato della storia delle relazioni internazionali della scuola di Toscano e Pastorelli, con la sua attenzione alla storia della politica estera italiana, con la tradizione della storiografia contemporaneistica meridionale di matrice marxista, ben rappresentata in Puglia dagli studi e  ricerche di Franco De Felice e Luigi Masella. Ne risulta un libro interessante e complesso nella sua struttura.

Molti sono i punti d’interesse nel volume. Imperato mostra con eloquenza come tanti stereotipi esistenti sulla storia del Mezzogiorno e della Puglia nell’età liberale (dal presunto impoverimento del Meridione ad opera dei rapaci settentrionali dopo il 1861 all’idea di una società meridionale sempre statica e passiva, inevitabilmente arretrata e passiva) siano falsi o semplificazioni e generalizzazioni spesso fuorvianti, In realtà con la fine del Regno delle Due Sicilie e la costruzione della ferrovia adriatica, la regione pugliese perse la propria marginalità rispetto a Napoli e conobbe un lento ma progressivo sviluppo economico nel settore agricolo e nei commerci, ben espresso dalla crescita di un centro urbano come Bari. Le élite politiche, economiche e intellettuali pugliesi mostrarono vivacità e dinamismo, nonché capacità di cercare di collegare lo sviluppo della regione con le dinamiche della politica estera italiana, a partire dalla fine dell’Ottocento sempre più orientata verso l’espansione mediterranea. La Puglia divenne sempre più per l’Italia liberale un ponte verso l’Est e una frontiera di difesa da un rivale inquietante come l’Austria-Ungheria. Come nota Imperato, le classi dirigenti pugliesi tentarono in vari modi di sfruttare a proprio vantaggio questo dinamismo dello Stato nazionale italiano, ad esempio con il recupero o, in alcuni casi, con la «costruzione» di una vocazione adriatica, mediterranea e mediorientale della regione: dalla valorizzazione dell’importanza strategico-militare delle coste e dei porti pugliesi, in primis Taranto,  Bari e Brindisi, alla costituzione della società di navigazione «Puglia» a Bariespressione della volontà di espansione commerciale nei Balcani. Ci fu poi la volontà di connettersi alla politica di presenza e di espansione verso l’Impero ottomano perseguita dall’Italia liberale: le classi dirigenti pugliesi furono attente ai progetti di costruzione di linee ferroviarie balcaniche e anatoliche, nonchéai tentativi di penetrazione italiana nella regione di Adalia. 

Questa vivacità e dinamismo della società pugliese si manifestò anche nella sua capacità di esprimere personalità politiche e intellettuali protagoniste della vita nazionale italiana proprio nei primi decenni del Novecento, da Antonio Salandra, presidente del Consiglio dal 1914 al 1916, a Gaetano Salvemini, animatore infaticabile dei dibattiti politici e culturali italiani negli anni fra la guerra di Libia e il primo dopoguerra.

Per Imperato, Salandra e Salvemini incarnarono due visioni diverse della Puglia e dell’Italia, il primo sostenitore di un liberalismo conservatore che faceva propria la visione di politica internazionale predominante nella borghesia dell’epoca e fondata sull’esaltazione dell’imperialismo, il secondo teorico di un socialismo democratico-liberale che in maniera antesignana cercava di conciliare sviluppo dell’Italia e del suo Mezzogiorno con la diffusione internazionale dei valori di democrazia e nazionalità.

Particolarmente riuscite sono proprio le pagine che Imperato ha dedicato all’analisi delle posizioni di politica estera di Salvemini negli anni della prima guerra mondiale, che mostrano la complessità del pensiero salveminiano, fortemente consapevole delle interconnessioni fra politica internazionale e politica interna e perciò sempre attentissimo agli sviluppi della politica europea e mondiale. Negli anni della guerra mondiale fu quello di Salvemini e dei suoi amici politici che si riunirono intorno alla rivista “L’Unità”, da Pietro Silva e Antonio Anzilotti a Gennaro Mondaini e Giuseppe Prezzolini, un sofisticato tentativo di delineare un moderno programma di politica estera italiana, che cercava di conciliare la realizzazione concreta degli interessi nazionali italiani con la costruzione di un nuovo ordine politico europeo fondato sui valori liberaldemocratici e nazionali. Era quello salveminiano un programma che non mancava di limiti, ad esempio una visione talvolta astratta delle realtà dell’Europa centrale e orientale, ma che sul lungo termine ebbe un sicuro impatto su determinate decisioni di politica estera italiana, come la scelta, sancita dai trattati di Tirana e Rapallo del 1920, della rinuncia a gran parte della Dalmazia e all’Albania per garantirsi il controllo diretto o indiretto dell’Istria e di Fiume.

Altre parti interessanti del libro di Imperato sono la ricostruzione delle relazioni italo-greche, il racconto del contributo italiano al salvataggio dell’esercito serbo nel 1916 e la riflessione sull’azione politica internazionale del politico lucano Francesco Saverio Nitti, di cui lo storico dell’Università di Bari mostra bene limiti e punti forza.

Tesi finale dell’opera di Imperato è che gli insuccessi, reali o meno, del liberalismo nazionale italiano nel concretizzare le aspettative create e sorte dallo sforzo bellico del Paese anche in Puglia ebbero come conseguenza il facilitare del sorgere di consenso verso l’esperimento politico del regime autoritario mussoliniano, che nel Mezzogiorno si presentava come realizzatore di tutte quelle promesse di modernizzazione e prosperità che l’Italia liberale non era stata in grado di realizzare. Per molti aspetti il fascismo in Puglia si limitò a fare proprio il programma politico ed economico della vecchia classe dirigente liberale pugliese mostrando un inedito vigore realizzativo.

In conclusione il nuovo libro di Federico Imperato è una lettura stimolante e utile per capire alcuni momenti decisivi della storia italiana e adriatica e dimostra la vitalità e la capacità di mutamento di una tradizione storiografica, quella degli studi di storia delle relazioni internazionali fondata daMario Toscano negli anni Trenta del Novecento, che continua, a quasi un secolo dalla sua nascita, a essere e rimanere fra le protagoniste della ricerca storica in Italia.

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